Ho avuto la fortuna di fare un viaggio a Lampedusa e di vedere le sue spiagge, il suo interno selvaggio, il suo mare.
L’Isola dei Conigli (nella foto in alto), la spiaggia più bella del mondo secondo Tripadvisor: qui veniva a sedersi Domenico Modugno quando passava l’estate sull’isola (dove morì il 6 agosto 1994) e qui depongono le uova le tartarughe Caretta Caretta. E poi Cala Pulcino, Cala Pisana, Cala Galera, il faro, i dammusi.
Lampedusa è molto più delle immagini che circolano in questi giorni e ogni volta che c’è uno sbarco: è un piccolo mondo selvaggio e coraggioso, circondato dal blu.
E’ un’isola piccola: 20 km di terreno arido, affacciati su un mare brillante. Dalle sue coste, dista meno la Tunisia della Sicilia: è più a sud di Tunisi, più meridionale di Malta, un puntino in quella parte di Mediterraneo che lambisce le coste del nord Africa.
E’ stata la geografia a segnare il destino di Lampedusa, facendola nascere approdo naturale per tutti coloro che nel corso nei millenni hanno tentato la fortuna andando per mare: migranti, eserciti, marinai, avventurieri. Prima delle carrette del mare cariche di occhi disperati, sono passati di qui Fenici, Romani, Greci e Arabi.
A Lampedusa c’è il Centro di soccorso e cura delle tartarughe marine gestito dal Wwf: ci sono le spugne di mare naturale e poi c’è il pesce. Freschissimo, potete andare ad acquistarlo al porto ogni mattina direttamente dalle barche dei pescatori.
Oppure riempirvi la valigia di acciughe sotto sale, con aglio e prezzemolo, al peperoncino, tonno in olio extravergine d’oliva.
I pescatori…se pensate che Lampedusa sia siciliana, commettete un errore: lo è solo in parte. Il dialetto è simile e trovate ottime caponate, granite e parmigiane: ma, forse come tutte le isole, Lampedusa è il frutto della sua storia, il risultato di una serie di incroci e percorsi.
Il modo migliore per girarla è affittare uno scooter oppure sfidare il sole e andare in bici (molti hotel e b&b li forniscono agli ospiti): dedicate una giornata a una gita in barca nei dintorni, vedrete un mare scintillante e avrete modo di visitare alcune grotte non raggiungibili con altri mezzi.
Non trascurate l’interno: è piatto e selvaggio, con un fascino da fine del mondo molto particolare e scorci a picco sul mare.
Soprattutto parlate con la gente, chiedete ai Lampedusani come vivono, il legame che hanno con l’isola: troverete persone di poche parole ma dal cuore grande.
Scriveva il poeta greco Kavafis: ‘Devi augurarti che la strada sia lunga. Che i mattini d’estate siano tanti quando nei porti – finalmente e con che gioia - toccherai terra tu per la prima volta‘ (Itaca).
Vi lascio con una ricetta: l’ho chiesta a uno dei pescatori lampedusani incontrati durante il viaggio. E’ la ricetta di un uomo semplice, che conosce il mare e il pesce meglio della terraferma e soprattutto lo ama.
Ragù di triglia
- 500 gr di triglie rosse pulite
- 1/2 cipolla di Tropea
- 1/2 kg di pomodori pachino
- 1 cucchiaio di estratto di pomodoro
- 1 manciata di pinoli
- prezzemolo
- 10 chicchi di uva passa ammollata in acqua
Fate rosolare la cipolla con 4 cucchiai di olio evo: aggiungete le triglie, i pinoli, l’uva passa e un bicchiere di vino bianco.
Lasciate sfumare, quindi aggiungete i pomodori tagliate a metà e alzate la fiamma.
Quando il sugo inizia a rapprendersi, aggiungete un bicchiere d’acqua, un pizzico di zucchero e un cucchiaio di concentrato di pomodoro.
Fate cuocere per altri 15 minuti finché lo vedete rappreso, quindi spegnete e aggiungete il prezzemolo fresco.
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