Lampi radio per mappare l’universo

Creato il 21 settembre 2015 da Media Inaf

Rappresentazione artistica di un Fast Radio Burst (FRB) il cui segnale polarizzato viene captato dal radiotelescopio di Parkes in Australia Crediti: Swinburne Astronomy Productions

Gli astronomi non conoscono ancora bene la loro natura, ma di sicuro sanno già come utilizzarli per misurare la distanza delle galassie più remote e ricostruire così la mappa della loro distribuzione nell’universo. Due ricercatori della University of British Columbia in Canada hanno infatti proposto in un articolo pubblicato sulla rivista Physical Review Letters di utilizzare i lampi radio veloci (Fast Radio Burst o FRB, enigmatici segnali radio della durata di appena qualche millesimo di secondo) per calcolare le distanze cosmologiche delle remote sorgenti che li hanno prodotti. «Riteniamo che potremo utilizzare questi lampi per aiutarci a capire la distribuzione della galassie nell’universo» dice Kiyoshi Masui, post-doc della University of British Columbia in Canada, primo autore dell’articolo. Il metodo che propongono i ricercatori per misurare la distanza dei Fast Radio Burst è quello di sfruttare il fenomeno per cui i tempi di arrivo dei segnali legati a ciascun evento sono leggermente diversi al variare della lunghezza d’onda a cui vengono osservati.

Il problema però è quello di avere a disposizione un numero significativo di eventi individuati. Dalla loro scoperta, nel 2007, sono stati confermati poco più di una decina di questi lampi, di cui il primo ad essere osservato “in diretta”, è stato solo lo scorso anno. Nonostante la lista sia indubbiamente ancora esigua, gli astronomi ritengono che ogni giorno si verifichino migliaia di FRB. Difficilissimo è però scovarli, data sia la loro brevità che il fatto di presentarsi senza preavviso praticamente in qualunque punto della volta celeste. Tra i programmi di ricerca per individuare in maniera più efficiente i Fast Radio Burst c’è il radiotelescopio canadese CHIME (Canadian Hydrogen Intensity Mapping Experiment), frutto di una collaborazione tra le università canadesi UBC, McGill, e Toronto, attualmente in costruzione presso il Dominion Radio Astrophysical Observatory a Penticton, nella British Columbia.

«Quella proposta, di mappare cioè la distribuzione delle galassie nell’universo fino a miliardi di anni luce di distanza da noi, è una ulteriore applicazione che si potrà concretizzare con l’osservazione di una grande quantità, migliaia e più, di FRB. Ciò richiederà una serie di nuovi esperimenti che partiranno in 1 o 2 anni e che al momento sono in fase di progettazione, in Europa, in Sud Africa, in Australia, oltre al citato l’esperimento Canadese CHIME. Il meglio potrà però darlo il radiotelescopio SKA fra poco più di un lustro» commenta Andrea Possenti, già direttore dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Cagliari, ora parte, insieme all’IRA, del nuovo Osservatorio di Radioastronomia (ORA) dell’INAF. «Per ora dobbiamo accontentarci di analizzare una dozzina di eventi, in maggioranza osservati dagli esperimenti HTRU e SUPERB presso il radio-telescopio di Parkes (programma quest’ultimo a cui partecipa l’INAF con i ricercatori della sede di Cagliari n.d.r.). Questi esperimenti hanno l’obiettivo di capire meglio la natura dei lampi radio e quindi validare il loro potenzialmente promettentissimo utilizzo come strumenti di indagine cosmologica. Per rispondere invece alla domanda-base ‘cosa sono gli FRB?’, la via da seguire è di associare ad almeno alcuni di essi l’osservazione di una sorgente celeste in qualche altra banda dello spettro elettromagnetico. Per questo a Parkes abbiamo messo in campo un sistema di allerta in tempo reale, capace in meno di 10 secondi di rivelare un FRB e di avviare così il processo di investigazione ad altre lunghezze d’onda, dall’ottico ai raggi-X, in alcuni casi usando telescopi che puntano simultaneamente alla stessa regione di cielo osservata da Parkes».

Per saperne di più:

  • l’articolo Dispersion Distance and the Matter Distribution of the Universe in Dispersion Space di Kiyoshi Wesley Masui e Kris Sigurdson pubblicato on line sul sito web della rivista Physical Review Letters

Fonte: Media INAF | Scritto da Marco Galliani