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Lana Del Rey, “Ultraviolence”, malinconico e retro, leakato una settimana prima

Creato il 12 giugno 2014 da Marianocervone @marianocervone
Lana Del Rey, “Ultraviolence”, malinconico e retro, leakato una settimana prima A quasi tre anni dal suo album di debutto, Born to Die, Lana Del Rey ritorna con Ultraviolence, disco che, sin dal suo primo singolo, West Coast, conferma le atmosfere retro e malinconiche che tanto hanno reso celebre l’artista in tutto il mondo. L’influenza, sin dalla copertina in un bianco e nero bruciato, è puramente anni ’60, con un sound che, in alcuni pezzi, strizza quasi l’occhio al country. Undici brani che, nella Deluxe Edition, diventano quattordici e ben sedici nell’iTunes Japanese Store, arricchendosi di Is This Happiness e Flipside. Ultraviolence suona lento, ipnotico, ma non per questo noioso. Composto per lo più da ballad che oscillano tra i tre e i cinque minuti, che sin dall’apertura, con la cupa Cruel World, mostrano la visione, musicale e non solo, della Del Rey. L’ispirazione è quella della scena Newyorkese, Brooklyn, come si evince dal brano Broklyn Baby, uno dei pre-order del disco, e la West Coast, che nel singolo omonimo trova l’essenza dell’intero lavoro discografico. Leakato on-line ieri, 11 Giugno, con una settimana d’anticipo rispetto al lancio ufficiale previsto per il 17, all’album ha preso parte anche Dan Auerbach, chitarrista e voce dei The Black Keys, aggiuntosi quasi all’ultimo minuto, e il cantante James O’Neill, fidanzato di Lana, con la quale aveva già duettato in passato nel classico country Summer Wine. Ascoltando questo disco si ha la sensazione di un lavoro nudo, duro, scevro di brani epici ed orchestrali come il singolo Born to die, o delle produzioni della cantante per le colonne sonore di Maleficent e Il Grande Gatsby per i quali ha cantato rispettivamente Once upon a dream (cover dell’originale del 1959) e Young and beautiful.   Tra i pezzi migliori di quest’album, i pre-orders, pubblicati tra maggio e giugno, giocano senza dubbio un ruolo fondamentale: bellissima la rarefatta Shades of Cool, in cui Lana canta come in uno jodel delle ande, e l’ammaliante titletrack, mentre in Sad Girl la voce di Lana echeggia eterea. In chiusura Black Beauty restituisce quell’atmosfera molle di un pomeriggio estivo. Un lavoro coerente, che non cede il passo alle mode del momento e, come uno stargate, ci riporta indietro nel tempo, in un’epoca in cui nei Jukebox c’erano i 45giri e chiudere gli occhi per vivere la magia della costa occidentale. La curiosità: non poteva mancare l’edizione pubblicata su vinile.

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