Il ritorno di Romero alla saga che lo ha reso famoso avviene a un ventennio di distanza dal terzo capitolo, quel Day of The Dead in cui veniva finalmente abbandonata qualsiasi metafora, e i morti viventi assumevano una valenza politica e sociale smaccata e priva di coperture.
Land of The Dead è il film di Romero col budget più alto, nonché quello su cui vennero riversate le più elevate aspettative. Dopo un'attesa così lunga, e dopo che il cinema dell'orrore era mutato radicalmente, nella forma e nei contenuti, Romero si riappropria del genere, senza aver all'apparenza assimilato quasi nulla delle sue evoluzioni, e proseguendo nel solco dei film precedenti, come se dal 1986 al 2005 fossero trascorsi appena dieci minuti. All'apparenza, dicevamo, perché anche il cinema di Romero è mutato nel corso degli anni, e se a una visione poco attenta Land of The Dead può sembrare un film che ripete con poca convinzione scarse e sorpassate dinamiche, andando in profondità si può notare lo sforzo, da parte di un autore alle prese con la sua personale ossessione (quella sì, rimasta invariata), di contestualizzare e aggiornare questa ossessione a problematiche contemporanee. Non negli scontati riferimenti al terrorismo, o alle politiche di Bush, o meglio non solo. La vera metamorfosi sta nelle correzioni apportate alla figura stessa dello zombi, rinnovata totalmente e non a partire dal personaggio di Bub in Day of the Dead, ma seguendo una diversa linea evolutiva, non più individuale, ma di massa, che è quasi l'acquisizione di una coscienza di classe, con Big Daddy capo popolo e rivoluzionario di professione.
Nel 2005 Romero non dirigeva un film da cinque anni, e in particolare dal pessimo Bruiser. L'ultimo prodotto di un certo rilievo firmato dal regista risaliva al 1993, con l'adattamento del kinghiano La Metà Oscura, che si era però rivelato un disastro produttivo ed era stato sottoposto a numerosi tagli e rimaneggiamenti vari. Sembra quasi un miracolo che la Universal abbia fornito a Romero la quantità di denaro sufficiente per realizzare un'idea che risale a prima ancora che Day of The Dead venisse girato e che anzi, costituiva lo scheletro della prima sceneggiatura dello stesso Day of The Dead, poi accantonata perché troppo costosa. Una città, Pittsburgh, che diventa una roccaforte feudale governata da un ricco signore, divisa tra un grande e lussuoso grattacielo, dove vivono i ricchi e un ghetto sprofondato nella miseria, dove risiede il resto dei sopravvissuti. Un gruppo di paramilitari, a bordo di un mezzo corazzato, il Dead Reckoning (che doveva essere il titolo iniziale del film), si occupa di uscire dalla città e inoltrarsi nelle zone infestate da zombi per portare viveri e altri generi di prima necessità, al Fiddler's Green, il grattacielo dotato di ogni comodità e dove soltanto una selezionatissima clientela può permettersi di andare ad abitare. Questo equilibrio precario è destinato a infrangersi con l'entrata in gioco dell'elemento imprevedibile: la graduale acquisizione, da parte degli zombi, di una rudimentale intelligenza e di una capacità di apprendimento che li porta a unirsi e a scardinare l'illusorio senso di sicurezza dei vivi.
La regia di Romero, mai come in questo caso, sembra privilegiare il lato action rispetto a quello prettamente horror. Abbondano sparatorie, esplosioni e scene di massa. A differenza degli altri film dedicati ai morti viventi, in questo si registra per la prima volta una varietà di ambienti e una preponderanza di scene all'aperto rispetto a quelle girate in interni. Sembra quasi che Romero, dopo aver combattuto per anni con budget ridicoli ed essere obbligato a far svolgere i suoi film in un pugno di location ristrette, si sia voluto scatenare col suo giocattolo nuovo, dimostrando una freschezza e una capacità di gestione di scene complesse ed elaborate, impossibili da ravvisare nei suoi lavori precedenti. Se sul lato tecnico tutto gira dal verso giusto, il vero grande problema del film è rappresentato da alcune scelte di cast a dir poco discutibili: Asia Argento e Simon Baker non hanno il carisma da eroi positivi che il loro ruolo pretenderebbe. A loro parziale discolpa, va ammesso che i due personaggi sono scritti in maniera svogliata e con un manicheismo fino a quel momento del tutto assente nella filmografia di Romero. Entrambi duri dal cuore d'oro (e Asia Argento con l'insopportabile atteggiamento da Bad Girl di quarta categoria), non possiedono nessuna delle caratteristiche di umana disperazione che invece erano alla base di personaggi come Peter di Dawn of The Dead, o la splendida Sarah di Day of the Dead.
Se il reparto buoni lascia a desiderare, quello cattivi compensa alla grande con un Dennis Hopper e un John Leguizamo in forma smagliante. Il primo mefistofelica caricatura dell'uomo di potere privo di scrupoli, il secondo, carattere tipicamente romeriano, col suo "marchio speciale di speciale disperazione", in grado di attirare le simpatie del pubblico ben più dei due imbalsamati protagonisti.
Land of The Dead è un film altalenante, che alterna ottimi spunti (ogni volta che appare sullo schermo l'esercito di straccioni guidati da Big Daddy), a momenti francamente evitabili (il dialogo in carcere, la presenza abbastanza inutile del gruppo di ribelli), quasi che la volontà di Romero di fare della critica sociale e politica avesse preso il sopravvento su altre esigenze narrative. E tuttavia è l'idea dello zombi intelligente e in grado di apprendere a colpire nel segno. A differenza di Bub, questi morti non sono stati addestrati o istruiti da un vivo, ma si sono evoluti da soli, in un processo che viene dato come inevitabile e che apre a scenari completamente nuovi, o di coesistenza pacifica, o di guerra totale. Gli zombi non accettano più il loro ruolo di reietti e si accaniscono contro i vivi senza fare distinzioni tra coloro che vivono nel ghetto e i ricchi asserragliati nel grattacielo.
Come in ogni rivoluzione, lo spargimento di sangue è brutale e coinvolge innocenti e colpevoli, non lasciando speranza di salvezza a nessuno. Le differenze tra morti e vivi si assottigliano fino a scomparire quasi del tutto nel bellissimo finale, dove la ricerca di un luogo in cui ricominciare accomuna zombi e superstiti, entrambi in viaggio verso un posto che gli appartenga in un mondo di macerie.
Lucia