Oskar è un ragazzino vittima di bullismo che vive con la madre divorziata: presto conosce Eli, una misteriosa vicina di casa, da cui rimane subito intrigato: nel frattempo qualcuno commette degli efferati omicidi nella zona, un isolatissimo quartiere svedese…In breve. Riduttivo, in questo caso, parlare semplicemente di horror, perchè Alfredson tira fuori un film davvero unico nel suo genere, che mette in ballo relazioni sociali, bullismo e problematiche familiari utilizzando, come fece in modo embrionale King nelle sue “Notti di Salem“, il vampirismo come linguaggio per raccontarlo. “Lasciami entrare” non è mai troppo appesantito nella narrazione, vive un’atmosfera quasi surreale e merito appieno la visione.
Lasciami entrare, dunque, tanto per ricollegarsi alla tradizione secondo cui i vampiri possono fare ingresso in casa solo se invitati da qualcuno: il resto c’è anche, dalla fobia per la luce alla necessità di procurarsi sangue fresco periodicamente, ma la storia è ambientata nella Svezia proletaria e leggermente claustrofobica dei primi anni 80. Ma c’è anche la storia romantica, mai smielata, di due ragazzini che vivono il benessere del proprio rapporto, entrambi respinti dalla società per motivi differenti, e basato sulla reciproca comprensione: Eli non può uscire di giorno, non va a scuola ed ha dimenticato la propria età, ma sa dispensare consigli sensati al giovane amico. Oskar è vessato da feroci bulli verso i quali non mostra alcun segno di reazione, e questo diverrà la scusa per comprendere l’importanza delle buone (!) frequentazioni nella vita di un ragazzino. Il rapporto tra i due servirà a rinforzare entrambi i personaggi, finchè la situazione arriverà ad un’evoluzione piuttosto imprevedibile, con un finale anche piuttosto sopra le righe. Mai un eccesso gore, mai un’esagerazione, davvero intelligente il modo di affrontare il candore romantico di due ragazzini – contrapposto alla eventuale ferocia di cui sapranno mostrarsi capaci. Non c’è traccia di sensualità in “Lasciami entrare” proprio perchè si tratta di due giovanissimi, ed anche le eventuali critiche sull’opportunità di mostrare certi dettagli, in effetti, appaiono del tutto fuoriluogo proprio perchè Alfredson ha le idee chiare – come ha spiegato a Nocturno – e ci sa fare con la macchina da presa: del resto ha lavorato a stretto contatto con l’autore della storia, cercando di non forzare la mano in nessun caso e lasciare il film aperto a varie interpretazioni. Una pellicola da vedere senza dubbio, diversa nei ritmi e nelle modalità espositive dal solito horror, senza scomodare astrusità visionarie bensì mantenendo sempre lucidamente il lento, ed inesorabile, filo del discorso. Di questa gelida, coinvolgente e surreale pellicola esiste anche un remake“americanizzato” che è stato descritto nel dettaglio qui.