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LAST HOUSE ON DEAD END STREET (1973) di Victor Janos (Roger Watkins)

Creato il 19 agosto 2011 da Close2me

last_house_on_dead_end_streetCi sono horror invecchiati bene (Non aprite quella porta, 1974), film tutto sommato invecchiati decentemente (L’ultima casa a sinistra, 1972) e pellicole che, con l’inarrestabile passare degli anni, non sono riuscite a nascondere i mille difetti che le caratterizzavano, per la scarsità di mezzi o più presumibilmente per un’immeritata sovrastima artistica. L’opera di Watkins è sicuramente annoverabile in quest’ultima categoria, nonostante la dubbia aura di film di culto conquistatasi nel tempo.
“Terry Hawkins (Roger Watkins) esce di prigione dopo essere stato rinchiuso per traffico di droga e decide di realizzare un horror film sadico e violento da vendere sul mercato nero per fare soldi facili. Con l’aiuto di alcuni complici rapisce alcune persone e le uccide selvaggiamente riprendendo le scene per realizzare il film, un vero snuff movie.”
La storia, in pratica, non c’è. L’intero progetto – costato, a detta dello stesso regista, 800 dollari – sfrutta malamente il pretesto snuff movie (di facile presa sul pubblico giovanile) per costruire 175 minuti di torture in successione, complici una serie di pessimi attori ed effetti speciali artigianali che fanno rimpiangere i film meno riusciti di Herschell Gordon Lewis. Originariamente intitolato The Cuckoo Clocks of Hell, il film non trova distribuzione nonostante la successiva riduzione a 115′ operata dallo stesso Watkins. Solo tre anni dopo uscirà nei drive-in americani in una versione massacrata di 77′.
Nonostante queste traversie, Last house… resta un’opera lenta, amatoriale, sciatta nella realizzazione ed imbarazzante a livello attoriale, che spegne qualche intuizione visiva (la maschera greca, l’uso di fondali scuri indefiniti) nella totale insufficienza tecnica. E’ credibile che Watkins abbia girato sotto anfetamenine – come ha sostenuto in un’intevista – ma a conti fatti si assiste ad un anonimo lavoro amatoriale privo di autoironia. Le famose violenze, per le quali si evoca spesso la pellicola, sono più suggerite che mostrate e non turbano affatto come si potrebbe immaginare. Il regista passerà quasi subito al cinema hard, girando una serie di titoli sotto lo pseudonimo di Richard Mahler.
Interessante resta invece il trailer del film, che ripete meccanicamente il mantra It’s only a movie


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