Latin Lover
di Cristina Comencini
con Virna Lisi, Valeria Bruni Tedeschi, Angela Finocchiaro
Italia, 2014
genere, commedia
durara, 114'
A dieci anni dalla scomparsa di Saverio Crispo, divo del cinema italiano, —un genio per la critica, un dongiovanni incallito dentro e fuori lo schermo—, le sue due moglie e le molte figlie si ritrovano nella grande casa del paesino pugliese che gli diede i natali per onorarne la memoria.
Il copione era già stato scritto da ciascuna delle donne ma, come in ogni commedia all'italiana che si rispetti, anche in questa l'imprevisto l'avrà da padrone, e, in un guazzabuglio di equivoci, segreti di pulcinella e ricordi polverosi, quella che doveva essere una boriosa cerimonia formale diverrà teatro di profondi sconvolgimenti e nuove prese di consapevolezza.
Le figlie —il cui numero non si capirà mai con certezza— non potrebbero essere più diverse: la primogenita (Angela Finocchiaro) ha una relazione col vecchio montatore del padre (Neri Marcoré), la "parentesi" francese (una sempre più convincente Valeria Bruni Tedeschi), attrice con tre figli da tre diversi padri, la figlia spagnola (Candela Pena),l'unica sposata ma con uno sciupafemmine fedifrago, la piccola svedese (Pihla Viitala),che a malapena il padre lo conobbe ed infine l'americana, l'avvenente "figlia del test del DNA" (Nedeah Miranda, ex voce dei Nouvelle Vague).
A fomentare i battibecchi rosa pensano le due madri: l'italiana (Virna Lisi), amore di gioventù che accudì l'ex marito sul letto di morte e la spagnola (Marisa Paredes), che conobbe l'attore ai tempi del western all'italiana.
Riccardo Tozzi ha forse attinto alla sua personale esperienza nel mondo del cinema per tessere le fila di quest'opera corale così complessa e articolata.
A dispetto di quello che fin dal titolo potremmo supporre, il vero protagonista del film non è il Latin Lover di professione e non, bensì la messinscena dei "fuori scena": la Comencini punta le luci e da la parola ai personaggi minori, ai non detti, alle piccole cose della vita quotidiana del grande Saverio, così amato, mitizzato e desiderato ma forse mai davvero conosciuto dalle figlie e dalle mogli, abbagliate dalla sua fama più che dalla sua umanità.
Se da un lato infatti omaggia il nostro glorioso passato —lo spettatore si può divertire a riconoscere citazioni di grandi classici della nostra cultura— senza nostalgia, dall'altro vuole scrollarsi di dosso tutte quelle costrizioni che un passato così ingombrante inevitabilmente poggia sul nostro presente.
In questo senso il discorso meta-cinematografico si fa metafora dell'emancipazione femminile, tema tanto caro alla Comencini, personaggio pubblico socialmente attivo su questo fronte.
Così come la donna deve uscire da uno stato di subalternità e passività che la vede, prima di ogni altra cosa, moglie e figlia "di", allo stesso modo il nostro cinema deve staccarsi dalle proprie origini e avere il coraggio di prendere il volo.
Grande plauso deve essere riconosciuto al direttore della fotografia, Italo Petriccione, che ha pazientemente ricreato l'immagine e il colore propria dei film degli anni sessanta e ottanta —in cui si immagina che Saverio abbia preso parte—, ottenendo un risultato davvero straordinario.
Cristina Comencini, figlia di Luigi Comencini e moglie del produttore
Erica Belluzzi