LAURA KINSALE
IL RITORNO DI UNA LEGGENDA
Laura Kinsale è una delle più famose e rispettate autrici di romance, al punto che le sue stesse colleghe la chiamano leggenda. A metà degli anni ottanta lasciò il suo lavoro come geologa per dedicarsi alla scrittura, producendo undici libri in undici anni che sono già diventati dei classici per la forza dei suoi personaggi, le trame inusuali e la bellezza della loro prosa. Ora dopo quasi sei anni di pausa, è ritornata con un nuovo romanzo, Lessons in French. Laura, che vive nei dintorni di Santa Fe con la famiglia, i suoi amati cavalli e i suoi cani, è una persona molto riservata, quindi la ringraziamo tantissimo per aver accettato di essere intervistata.
Il suo sito: http://www.laurakinsale.com/
Laura Kinsale risponderà alle vostre domande e darà in regalo una copia autografata di Lessons in French ad una fortunata lettrice sorteggiata tra tutte coloro che interverranno. Quindi non dimenticate di firmarvi, con un nome o uno pseudonimo, per farvi riconoscere!
INTERVISTA
Ciao Laura e benvenuta, siamo onorate di averti come ospite. Possiamo affermare che l’Italia ha un posticino nel tuo cuore, dato che appare in due tuoi libri My Lady’s Heart e Shadowheart?
Io amo davvero l’Italia! La prima volta che vidi Venezia avevo tredici anni e non lo dimenticherò mai. Durante un’altra visita, qualche anno fa, intravidi il Lago di Garda. Sentii che il confine settentrionale del lago era esattamente il tipo di paesaggio ossessionante che sarebbe andato bene per Allegretto. Quindi ritornai qualche mese più tardi per fare delle ricerche per Shadowheart. E naturalmente amo Venezia e le città toscane come Siena. Da voi c’è così tanta storia e romanticismo e fascino, che non potrei nemmeno scalfirne la superficie.
Mi sento un po’ agitata ad essere di nuovo nel mondo editoriale. Io sono ancora principalmente un’autrice. Essendo piuttosto timida non mi viene bene il ruolo della “celebrità”. Quindi sono i miei libri a dover parlare per me. Mi auguro che parlino bene!
Sei mai giunta al punto in cui in effetti vivevi per scrivere, nel senso di essere immersa nel tuo mondo immaginifico, e non il contrario come sarebbe stato più sicuro? Scrivere può diventare una droga …
Ci sono stati degli anni in cui non facevo altro che scrivere. Ma questo ha un costo non solo per l’immaginazione ma anche per uno stile di vita sano. Adesso mi piace trascorrere il tempo nel “mondo reale”. I miei cani e i mie cavalli (e naturalmente la mia famiglia) mi hanno sempre mantenuta ancorata alla realtà.
La tua scrittura è estremamente lirica e talmente bella da superare i confini del romance, qualcuno direbbe che scrivi anche troppo bene per limitarti a questo genere o a qualsiasi genere, quindi come e perché lo hai scelto?
Prima che iniziassi a scrivere nelle mie letture ero interessata alla relazione tra uomini e donne. Qualsiasi fosse il genere, quello era l’elemento che mi faceva davvero apprezzare un libro, posto che avesse un lieto fine, naturalmente! All’epoca leggevo principalmente fantascienza e fantasy, ma il mio primo tentativo di scrittura fu un romance. Si trattava di Solo una promessa (The Hidden Heart) e da quel momento in poi sembrò avessi trovato la mia nicchia.
Ottima domanda. Allegretto è uno dei personaggi più misteriosi che io abbia mai creato, anche per me. E’ apparso più o meno dal nulla in My Lady’s Heart, dove mi serviva un giovane servo per Melanthe, ma Allegretto insistette a divenire un personaggio a tutto tondo, più complesso e sottile. Si è praticamente scritto da solo. Quando ho iniziato il suo romanzo Shadowheart, mi ci è voluto parecchio tempo per capire cosa sarebbe diventato, con molte false partenze e strade senza uscita. Ma poi mi sono in qualche modo resa conto di come temesse di andare in chiesa a confessarsi, e così mi si è rivelato. Ritengo sia la combinazione di estremo pericolo e desiderio di amare ed essere amato che lo rendono così attraente.
Parlando di ombre, una parola che ricorre nella tua produzione, possiamo dire che questo è esattamente ciò che fai nelle tue storie, esplorare le ombre dell’animo umano, quei luoghi dove può esserci la vergogna, le passioni nascoste od il dolore, e che sono lontani dai nobili sentimenti?
Penso sia vero. Il tema che vedo ricorrere nei miei libri è il coraggio, ma in molte forme differenti, non sempre in quella più ovvia del coraggio fisico.
In Italia è stato recentemente pubblicato Sarà magia (Uncertain Magic), un romanzo molto amato ma il cui finale ha deluso parecchi. Se avessi la possibilità di cambiarlo, lo faresti o lo manterresti uguale?
Ho scritto Sarà magia così tanto tempo fa che non so se lo cambierei o meno. Era un paranormale prima che i paranormali divenissero di moda. Credo che quando i lettori capiscono cosa aspettarsi, l’aspetto legato alle fate funzionerà meglio per loro, ma se si aspettano un tipico romance storico rimarranno sconcertati.
Imparai molti anni fa che i miei libri suscitavano nei lettori reazioni forti, sia positive che negative. Di base, io devo solo ignorare le reazioni, perché i lettori hanno dei sentimenti che si oppongono violentemente gli uni agli altri. Inoltre quando la gente usa parole come “amo” e “odio” rispetto a libri o musica, non le intendono letteralmente. E’ solo un’opinione. Sono felice che La figlia del matematico mantenga un posto duraturo nei cuori dei lettori e nel genere romance, ma per me si tratta di una delle molte storie e dei molti personaggi che ho scritto.
Molti dei tuoi personaggi maschili sono decisamente tormentati e compiono azioni spiacevoli prima della redenzione finale, se vogliamo chiamarla così, ma noi siamo pronte a perdonarli comunque. Questo è un tratto distintivo delle lettrici, che al contrario non perdonano mai le colpe delle eroine. Che mi dici di te? Anche tu hai un debole per i tuoi eroi?
Naturalmente!
So che è una domanda difficile, ma tra tutti i tuoi eroi quale ti ha rapito il cuore? E chi ti ha incantato i sensi …?
E’ una scelta troppo difficile!
Lessons in French è più leggero e decisamente solare se paragonato ad alcuni dei tuoi libri precedenti. Cosa ci puoi raccontare su questo romanzo? Già so che questa volta, accanto a cani e cavalli, una presenza costante nelle tue storie, c’è un toro …
Ti piacciono le storie dove la ragazza timida e comune alla fine si becca il ragazzo più desiderato? Callie è una zitella che è stata abbandonata all’altare per tre volte. Ha rinunciato ad ogni speranza di matrimonio e si accontenta dei suoi bovini da concorso e delle sue fantasie. Ma quando il suo primo amore ritorna dopo misteriosi anni di assenza, la vita di Callie ne viene sconvolta. Trev è ancora il giovane selvaggio che aveva condiviso con lei le avventure adolescenziali ed è ancora più imprevedibile e seducente.
Sì, c’è un toro. Un toro molto grosso. E Callie e Trev devono capire come farlo uscire di nascosto dalla cucina …
C’è qualcos’altro che vorresti aggiungere?
Grazie per avermi ospitata. Apprezzo moltissimo le mie lettrici italiane!
ESTRATTO
da LESSONS IN FRENCH
Lady Callista Taillefaire aveva un talento per fare da tappezzeria.
A ventisette anni di età, aveva perfezionato a tal punto l'arte di fondersi col legno e la carta da parati che non era mai costretta a ballare, e solo i suoi amici più intimi la salutavano. Poteva sedersi contro il damasco rosa nella sala da ballo o sedersi contro la seta verde nella sala del rinfresco. Non aveva nemmeno bisogno di essere vestita in tinta per essere ignorata.
"Avete sentito che è venuta una carrozza da Madame de Monceauxs!". Il pennacchio scarlatto del turbante della signora Adam ondeggiò in modo allarmante quando si piegò verso l'orecchio di Callie. "Credo che sia…" Ma improvvisamente interruppe la confidenza e prese la mano di Callie. "Oh, guardate in basso! Sta di nuovo venendo in questa direzione.
Callie obbedì, sviluppando immediatamente un profondo interesse per il gancio del suo braccialetto. Non era ancora riuscita a diventare del tutto invisibile a questi eventi. C'erano sempre dei gentiluomini di una precisa categoria che chiedevano la sua mano, giusto in caso, supponeva Callie, lei potesse tenerci dentro le sue ottantamila sterline, il che avrebbe risparmiato loro la fatica di una sosta in banca mentre la portavano via.
"Ecco, adesso siete al sicuro!", disse la signora Adam in tono burrascoso, come se Callie avesse appena rischiato la vita. "Lasciate che ricopra la signorina Harper di lusinghe, se la ragazza è così stupida da prestargli ascolto ".
Callie lasciò andare il braccialetto. Aveva constatato che guardare verso il basso e scoprire che una gala le si era staccata dall’orlo, o un sassolino le si era insinuato nella scarpetta, era una distrazione sufficiente a scoraggiare i rapitori speranzosi. Nemmeno per ottantamila sterline erano molto insistenti. In fondo, lei era Lady Callista Taillefaire, abbandonata già tre volte.
Anche un gentiluomo con progetti disonesti avrebbe dovuto chiedersi che cosa, precisamente, avesse di sbagliato. Lei stessa aveva lottato con questo interrogativo. In effetti, lei e suo padre e sua sorella e i loro conoscenti e tutte le pettegole locali e, probabilmente, anche due o tre delle capre più intelligenti del villaggio, avevano speso un bel po’ di tempo a sviscerare il problema. Non si era trovata nessuna risposta soddisfacente. Suo padre l'aveva attribuito al generale decadimento della virilità britannica nella sfrenatezza e nella scelleratezza. Sua sorella, Hermione, aveva ritenuto che Callie avesse a chiare lettere mostrato una deplorevole mancanza di rispetto per la moda. Le comari avevano in larga parte biasimato Napoleone. Durante le guerre con i Francesi avevano accusato Napoleone di qualsiasi cosa e, anche a cinque anni da Waterloo, questi serviva tuttora allo scopo. Le capre, in quanto plebee, avevano molto opportunamente conservato le loro opinioni per sé stesse.
La conclusione di Callie era che aveva un aspetto piuttosto banale e i capelli rossi, che era molto rigida e timida con gli uomini, anche dopo essersi fidanzata con loro. Forse addirittura di più dopo essersi fidanzata con loro. I suoi occhi non erano né castani né blu, ma alcuni di un colore indefinito tra il verde e il grigio, il suo naso, volendo essere educati, poteva essere descritto come greco, dopo aver scampato per poco il pericolo di essere descritto come romano, e la sua pelle chiara si infiammava di disdicevoli macchie rosa al minimo alito di vento.
Era pur vero che aveva l'abitudine di trascinare in cucina i vitelli appena nati di volta in volta, il che poteva essere considerato eccentrico per la figlia di un conte. Ma dal momento che la sua famiglia si era premurata che nessuna voce di questa peculiarità sfuggisse al di là di Shelford, Callie sentiva di non essere considerata effettivamente pericolosa.
La signora Adam sollevò agilmente la sua ampia figura dalla sedia, stringendo la mano di Callie e dandole un buffetto. "Santo Cielo il signor Hartman sta andando a prendere il tè. Debbo parlare con lui del copri altare, ma ritornerò subito da voi. Starete abbastanza bene adesso che le coppie si stanno formando. "
Callie annuì. Dopo essere sfuggita dalla minaccia incombente di essere trascinata via per i capelli e rapita, o perlomeno di essere obbligata a ballare, osò gettare un’occhiata alla signorina Harper mentre la giovane prendeva posto. La ragazza sembrava godere di tutte quelle lusinghe. Callie osservava la coppia, immaginando se stessa ─ opportunamente abbellita da capelli dorati e occhi blu fiordaliso e ciglia che fossero il vanto d’Inghilterra ─ danzare graziosamente eseguendo tutte le figure. La sua conversazione sarebbe stata leggera e spiritosa. Il suo sorriso avrebbe trafitto al cuore il cacciatore di dote. Che sarebbe stato così preso da lei da dimenticare completamente la sua fortuna e innamorarsi perdutamente per la prima volta nella sua vita cinica e dissoluta. Le avrebbe promesso di abbandonare il gioco e il bere in nome suo, e avrebbe combattuto diversi duelli, in difesa del suo onore, cotro uomini dal comportamento vago ma cattivo.
Infine, quando lei lo avrebbe rifiutato, dopo aver scelto tra il suo ampio seguito un gentiluomo dalla natura più stabile, lui si sarebbe gettato in mare da una scogliera, lasciando un poema sull’ amore non corrisposto in cui Callie fosse malamente celata sotto l’identità di un'eroina mitologica dal nome lungo almeno otto sillabe, che lei avrebbe controllato più avanti. La poesia sarebbe stata pubblicata su tutti i giornali avrebbe fatto piangere le signore nei loro salottini privati.
Sbattè le palpebre, rendendosi conto che la musica si era fermata. Il gentiluomo che si sarebbe dovuto gettare dalla scogliera disperato, stava conversando con la signorina Harper su quante giornate di sole la città di Shelford avesse goduto finora in quell’autunno.
Callie non avrebbe mai potuto pensare a cosa dire agli uomini. Sentiva le guance chiazzarsi al solo tentare. Ce ne era stato uno, una volta, con cui era stato così facile parlare da aver completamente perso la testa per lui, ma le cose non erano andate a buon fine. L’aveva accettato, ormai. Era nata per essere una zitella. I gentiluomini avrebbero dovuto dichiarare la loro devozione eterna ad altre donne. Callie sarebbe stata troppo occupata a elaborare un ingrediente delicato e una ricetta affidabile per la gelatina di tapioca.
Il padre, ovviamente, non aveva capito niente di tutto questo, perché l'amava. Credeva lei fosse carina e si rifiutava ostinatamente di essere convinto altrimenti dall'abbondanza di prove. Finché era vissuto aveva perseverato nello scortare Callie ad ogni stagione londinese, organizzando fidanzamenti, firmando i documenti con gli accordi nuziali, e infuriandosi fin quasi alle lacrime ogni volta che i promessi sposi li avevano rescissi. La terza volta, Callie era veramente stata più angosciata per suo padre che sé stessa.
Non era una persona violenta di natura, ma aveva preso seriamente in considerazione di cucire un cardo negli innominabili del suo ex fidanzato, o addirittura di assumere un scarafaggio nero vivo per questa missione, ma alla fine aveva deciso che sarebbe stato un pessimo servizio per l’insetto.
In ogni caso, non aveva trovato nessuna occasione per manomettere la sua biancheria intima, anche se gli avvocati avevano avuto il piacere di alleggerirgli il conto in banca di diecimila sterline per evitare una causa per rottura di promessa. Era partito su una nave per l'Italia con la sua bella e nuova moglie senza un soldo, mentre Callie sedeva nello studio col padre avvilito, tenendogli la mano.
Il pensiero le fece arricciare il naso, mentre respingeva la fitta di dolore. Il padre le mancava incredibilmente, ma non le avrebbe giovato lasciare che i suoi occhi si riempissero di lacrime nel bel mezzo di un ballo di paese. Abbassò il viso, sfiorandosi il naso con le piume del ventaglio, concentrandosi sul fruscio e sul tonfo dei piedi dei ballerini sul pavimento di legno e sulla nota stonata del pianoforte, aspettando che il momento passasse.
Era solo una riunione locale, nulla di così scintillante come quelle di Londra, tuttavia Callie non intendeva fare una scena. Per un anno, dopo la morte di Conte di Shelford, le era stata almeno risparmiata la sofferenza di partecipare a tutte le occasioni sociali, ma ora che avevano terminato il lutto era suo dovere accompagnare Hermione.
Callie sorvegliava attentamente i compagni di danza della sorella. Toccava a lei assicurarsi che nessun cacciatore di dote le rubasse Hermey. Il loro cugino Jasper non era esattamente quello che si definiva una cima, e dalla sua elevazione al contado la sua signora moglie era molto ansiosa di vedere Callista e Hermione fare i bagagli e partire da Shelford Hall. Un matrimonio al più presto per Hermey, era proprio quello sarebbe piaciuto a Lady Shelford e non le sarebbe importato chi fosse lo sposo. Chiunque sarebbe andato bene purché indossasse i pantaloni e promettesse di prendere con sé anche Callie insieme alla sorella.
Così Callie aveva indossato i suoi guanti grigi, nascosto i suoi capelli rossi come meglio poteva sotto un turbante color lavanda, e si era seduta al suo posto di guardia sulla fila di sedie in raso lungo la parete, guardando la sorella danzare con un baronetto decisamente adeguato. Aveva preso un congedo dalla sua promettente posizione come sottosegretario al ministero degli Interni e viaggiato da Londra espressamente per complimentare Lady Hermione. Anche per farle una proposta, c’era da sperare, benché questo non fosse ancora emerso.
Il suo posto preferito nel salone delle feste di Shelford sovrastava la sala da ballo e l’ingresso. Doveva solo sollevare le ciglia per vedere ogni nuovo arrivato, senza girare la testa in modo percettibile. Era tardi, ormai. La gente che aveva affollato l’ingresso ad arco si era diradata da un bel po’, e così lei si limitava a guardare distrattamente, quando vi apparve una figura solitaria.
Per un istante lei lo fissò di nuovo con calma, e vide solo un altro gentiluomo elegantemente vestito che si fermava a guardare i ballerini. Lo shock nel riconoscerlo le colpì il cuore un attimo dopo—un’improvvisa ondata di calore al viso, una stretta alla gola. Si accorse che non riusciva a prendere fiato.
Era lui.
Callie gettò un’occhiata piena di panico verso di lui, lo riconobbe con certezza, e poi non ci fu nessun altro posto dove guardare o dove fuggire. Era sola contro il muro di sedie. La signora Adam era sparita nella sala dei rinfreschi, e tutti gli altri ballavano. Si fissò le punte dei piedi con disperata concentrazione, sperando, sperando, sperando che lui non l’avesse riconosciuta.
Era possibile che non la riconoscesse. Lei non l’aveva riconosciuto immediatamente. Era più vecchio, ora. Ovvio che fosse più vecchio—non si poteva certo immaginare che lei avesse raggiunto la veneranda età di ventisette anni senza che lui facesse lo stesso. Al primo colpo d’occhio, aveva visto un gentiluomo attraente dai capelli scuri; era stato solo alla sua seconda occhiata in preda al panico che aveva riconosciuto il suo viso, abbronzato dal sole e più duro: tutte le sorridenti promesse della gioventù erano maturate in un uomo dal fascino sorprendente.
Lui se ne stava lì con una tranquilla sicurezza, come se il fatto di arrivare tardi e solo, o che non ci fosse nessuno a dargli il benvenuto, non lo preoccupasse. Diverse persone qui lo conoscevano, ma nessuno l’aveva ancora visto, tranne Callie—nessuno che l’avesse riconosciuto, almeno. Se n’era andato dalla regione da nove anni.
Callie si fece aria col ventaglio, fissandosi il grembo. Era questa la novità della signora Adam, naturalmente. Arrivò la carrozza per Madame de Monceaux. Il suo figliol prodigo era tornato a casa.
Era una lieta notizia. Callie era felice per sua madre. La povera duchessa l’aveva desiderato così tanto, quando l’anno prima la sua salute era progressivamente peggiorata. Si aggrappava quelle sporadiche lettere dalla Francia, le leggeva e le rileggeva a Callie ad alta voce, e faceva ridere entrambe finché Madame aveva un attacco di tosse e Callie prendeva congedo.
Da parte sua, Callie era terrorizzata. Poteva anche scoppiare a ridere di fronte alle sue lettere —ma a stento riusciva a respirare per la strana sensazione di malessere che provava alla vista di lui.
Avrebbe potuto non ricordarsi di lei. Non l’aveva mai menzionata nelle lettere a sua madre. Non aveva mai chiesto sue notizie, benché chiedesse di sapere come stava ogni altro abitante di Shelford, in una lunga lista di nomi e di ricordi che dimostrava che non si era dimenticato delle loro dimesse vite di campagna mentre frequentava re e grandi personaggi a Parigi.
Un paio di scarpe nere da sera apparve nella sua visuale limitata. Callie abbassò il viso nascondendolo nel ventaglio di piume, e si mise ad armeggiare freneticamente con la chiusura del suo braccialetto, ma le scarpe nere non recepirono il messaggio e si avvicinarono. Pantaloni bianchi attillati, la coda di un bel cappotto blu—la testa le girava al punto che temette di essere sul punto di svenire.
“Lady Callista?” chiese lui, a bassa voce, in tono sorpreso .
Disperata, lei fu tentata di fingere di non averlo sentito per via della musica. Ma ricordava la sua voce. Era lo stesso timbro pieno di calore. Evidentemente aveva ancora lo stesso tremendo effetto sui suoi sensi.
“Andiamo, so che siete voi,” disse lui con gentilezza. Si sedette al suo fianco. “Posso vedere una ciocca ribelle che sbuca fuori da quel grazioso turbante.”
Callie tirò un profondo respiro. “No, sul serio? E io che speravo di farmi passare per una Saracena.” Si toccò la nuca, alla base del collo, senza guardarlo.
“Avete dimenticato dove avete lasciato il vostro cammello, a quanto pare. Come state, Callie? Devo dire che non m aspettavo di trovarvi qui a Shelford, voi tra tutti.”
Lei trovò coraggio sufficiente da alzare la testa. “Siete venuto a trovare vostra madre,” disse. “Ne sono così felice.”
L’espressione di lui tornò ad essere quella di un uomo serio, di uno straniero, non più il ragazzo ribelle che aveva mostrato incuranza per qualsiasi fardello. I suoi occhi scuri non le sorridevano. In una breve occhiata, Callie vide che aveva una cicatrice sullo zigomo sinistro, ed una piccola sporgenza un po’ storta sul naso che lei non ricordava. I segni servivano solo a farlo sembrare più che mai uno zingaro indomabile, nonostante la rigida severità della sua tenuta formale.
“Sono venuto da lei, sì,” disse lui. Fece una pausa, inclinando leggermente la testa di lato. “Ma voi…pensavo che aveste lasciato Shelford molto tempo fa.”
“Oh no, sono rimasta abbarbicata qui come un’ostrica.” Callie aprì il ventaglio, poi lo chiuse nuovamente.
Ci fu un breve silenzio tra loro, colmato dai violini e dal rumore e dalle chiacchiere dei ballerini.
“Non vi siete sposata?” le chiese lui, in tono calmo.
In qualche modo, Callie aveva supposto che la notizia che era stata piantata tre volte avesse raggiunto gli angoli più remoti del pianeta. Di certo, era un fatto ben noto ovunque lei avesse mai messo piede. Ma sembrava che alla Francia l’informazione fosse stata risparmiata.
“A dir la verità, no,” disse, alzando gli occhi e guardandolo direttamente per la prima volta. “Non intendo sposarmi.”
Lui avrebbe scoperto la verità abbastanza in fretta. Callie non riusciva a trovare la forza per parlarne. Ma quando a quel punto lui sollevò di scatto le sopracciglia, improvvisamente temette che potesse pensare che la causa fosse il fatto che lei provava ancora dei forti sentimenti nei suoi confronti—e ciò era di gran lunga peggio.
“Sono diventata piuttosto famosa, capite,” disse agitando il ventaglio. “Ho fatto scappare dall’altare niente di meno che tre gentiluomini terrorizzati, senza contare voi. Non vi ho annoverato nel mio elenco, ma se vi andasse di farmi l’onore di accettare di sposarmi e poi rompeste il fidanzamento, la mia fama aumenterebbe in modo incommensurabile. Quattro sarebbe un bel numero, tondo tondo.”
Lui sembrava non riuscire a seguirla. “Quattro?” chiese in tono piatto.
“E’ il risultato della somma di uno più tre,” disse Callie, battendo il ventaglio con velocità nervosa. “A meno che non ci sia stato qualche nuovo evento, ultimamente, a modificare la situazione.”
“State dicendo che siete stata fidanzata tre volte da quando me ne sono andato?”
“E’ un risultato grandioso, vero?”
“E tutti quanti…”
“Sì.” Lei chiuse il ventaglio di scatto. “E’ così che mi sono tenuta occupata, vedete—fidanzandomi e facendomi piantare in asso. E voi che cosa avete fatto del vostro tempo in questi ultimi anni, mylord? Avete davvero recuperato le vostre proprietà e le vostre fortune ancestrali? Lo spero sinceramente; darebbe una tale felicità a vostra madre.”
Lui la fissò oer un istante, come se non riuscisse a capire in che lingua stava parlando. Poi si riprese. “Ho avuto successo, sì,” disse. Non elaborò ulteriormente il concetto. “Penso che ciò le abbia dato forza.”
“E ritornerete con lei in Francia?” chiese Callie.
“Sarebbe impossibile. Non sta abbastanza bene.”
“Spero che non la lascerete di nuovo presto.”
“No. Non ho in programma di partire finchè…” Esitò. “Non ho intenzione di partire.”
“Sarà al settimo cielo quando lo saprà. Per favore, rassicuratela voi direttamente. Sarà in ansia.”
“Lo farò. L’ho già fatto. Glielo ripeterò, per maggior sicurezza”
Callie osò gettargli un’altra occhiata. Era girato verso di lei, la guardava direttamente. Le lanciò un sorriso sghembo, così famigliare che a stento lei si ricordò di respirare.
“Non mi avete ancora strapazzato a sufficienza?” chiese lui. “Io non sono tra quelli che vi ha piantato in asso, Callie.”
Lei capì che aveva le guance chiazzate di rosso fuoco. “Vi chiedo scusa! Non ho idea del perché ho parlato così!” Era l’unico gentiluomo al di fuori della sua famiglia con cui lei fosse mai stata capace di parlare
“La punta de naso vi sta diventando rosa.”
Callie la nascose velocemente col ventaglio.
“Un affascinante ritratto di ostrica,” disse lui, “ma ho paura che stiate soffocando, in quelle piume. Faremmo meglio a ballare, così che invece possiate usare il ventaglio per colpirmi sulla testa.”
Callie si accorse agitata che la musica si era fermata e che i gruppi di persone si stavano dividendo in coppie. “Oh no, è un valzer…”
Ma lui si stava alzando, tendendole la mano guantata. Callie si trovò sollevata dalla forte presa delle dita di lui, malgrado le sue intenzioni, irresistibilmente attirata - come sempre - in qualsiasi avventura che Trevelyan Davis d’Augustin, duc de Monceaux, comte de Montjoie, e signore di un numero imprecisato di città dal nome esotico collocate chissà dove in Francia, potesse proporle.
This excerpt is copyrighted by Laura Kinsale and has been translated and published with her expressed authorization.
Questo estratto è di proprietà di Laura Kinsale ed è stato tradotto e pubblicato con l'espressa autorizzazione dell'autrice.