E’ mezzogiorno. Mi guardo intorno. La scrivania è ancora vuota. Ripenso alle piccole confidenze condivise, quelle private, che andavano oltre la corteccia dell’essere colleghi di lavoro, e ai nostri caratteri diametralmente opposti: lei riservata, di poche parole; io chiassoso e chiacchierone. E’ ora di pranzo. Mi invitano a mangiare ed io rispondo alla sua maniera: “Oggi, salto”. Dopo quaranta minuti cambio idea e scendo giù a mangiare un boccone. In fila al self-service, mi vengono in mente le volte che mi aiutava a scegliere i piatti giusti per la dieta. Tutta fatica inutile. Il weekend successivo sarei finito in bici nelle cempagne piacentine e non avrei resistito alle ghiottonerie della cucina emiliana.
Sono le tre passate. Mi frego di proposito tutte le penne dalla sua scrivania con la speranza che lei, al ritorno da una riunione, se ne accorga ed esclami: “Vorrei sapere perché in questo ufficio le mie biro fiiniscono sempre su un’altra scrivania!”. Tutto tace invece. Ripenso a quando mi regalò per i 40 anni una guida turistica sul Po. Sosteneva che era atipico per un napoletano amare il fiume che accarezzava la sua Piacenza, il territorio dove spesso fuggo alla ricerca di vecchie memorie legate alla pittura naif di Ligabue e ai castelli musicali di Verdi.
Sono quasi le sei. La scrivania è ancora vuota. Tiro fuori l’iPod, lascio scivolare via “Born to Run” che lei adorava. La voce di Bruce Springsteen, avendo tolto gli auricolari, affoga nel silenzio.
Sorrido al pensiero dei guru delle università di business e dei loro sermoni per il bene di ogni grande azienda che si rispetti: sul posto di lavoro vince la competizione sfrenata, contano i numeri, niente sentimentalismi e umanisti o filosofi dietro le scrivanie.
Io piuttosto resto dall’altra parte della barricata. Preferisco il volo degli aquiloni, che sanno muoversi anche a bassa quota, senza perdere di vista i dettagli. E’ l’unica scorciatoia per avvistare il valore di un legame vissuto su un posto di lavoro, per tornare ad essere più umani e autentici, liberandoci da quella prigionia del business che ci vorrebbe tutti omologati.
Manca un quarto alle sette. La scrivania è vuota. Rimetto le penne al suo posto. Spengo il mio pc e la luce. Per il resto lascio fare a Guccini con una canzone: Laura e l’Emilia-Romagna restano un pezzetto della mia vita.
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