Il paragone con Radiofreccia e I cento passi si impone. Guido Chiesa descrive con esattezza filologica gli anni ’70: i colori sono quelli (la fotografia li richiama bene), quelli sono i suoni (a parte il fatto che furoreggiavano Clash e Sex Pistols), quelle le facce, le barbe, i capelli lunghi, i volti emaciati, l’abbigliamento, i discorsi. E così la pubblicità dello Jägermeister, la 131 Millesei (l’ammiraglia della Fiat), i palazzoni fatiscenti delle periferie, i murales, i cubetti di porfido divelti.
Vero: Lavorare con lentezza pare a tratti un bugiardino storico-politico. Nel 1976 Chiesa era studente in un liceo di Chieri (cittadina sulla collina torinese) e per realizzare il film ha attinto in larga misura da documentazioni e testimonianze altrui. Manca perciò quel senso di “vissuto” necessario quando si operano ricostruzioni del passato, tuttavia non si sente l’odore fastidioso della retorica. I personaggi non sono dipinti come macchiette ma rappresentano i “tipi” che frequentavano le piazze e i bar di quegli anni. I due protagonisti, interpretati da Marco Luisi e Tommaso Ramenghi, sono davvero bravi. Qualche appunto si può fare su Claudia Pandolfi, che come avvocato appare scarsamente credibile. Appare verosimile invece la figura dell’appuntato calabrese (Max Mazzotta), il quale rappresenta il dissenso che stava emergendo nelle forze dell’ordine. A lui tocca l'emblematica frase finale: << Qui Radio Alice, sono Antonio e vi volevo dire che anche i carabinieri devono lavorare di meno… >>.
(Pubblicato su Blu Agorà Caffè il 12 ottobre 2004)
Lavorare con lentezza, di Guido Chiesa, con Marco Luisi, Tommaso Ramenghi, Valerio Mastandrea, Claudia Pandolfi (Italia, 2004, 111'). Martedì 30 giugno, ore 15,10, Iris.