Lavorare l'argilla con i bambini delle tendopoli. Virginia, io, Save the children

Creato il 01 agosto 2012 da Patriziacaffiero

Domenica 27 luglio 2012.
Una delle tendopoli di Finale Emilia.
A., di circa 8 anni, regala a me e a Virginia due piccoli cuori d'argilla fatti da lui, dipinti di rosa. Appoggio sul bordo di un biliardino il cuore destinato a me; ma chissà per quale motivo, cade e si rompe.

A. se ne accorge e me lo porta, posato con delicatezza sul palmo della sua mano; mi spiega che l'ha aggiustato con il vinavil.

Adoro questo piccolo cuore rotto e riparato con amore.
Mi fa pensare che i bambini hanno familiarità con le crepe.
Che non buttano via qualcosa di rotto, ma ci riprovano e incollano i brani delle loro esistenze fatte a pezzi, limitate, martoriate, negate.

Mi fa pensare a certe ricuciture irriducibili del mio stesso cuore.
E' un segreto, lo so: i bambini sanno tutto e non riescono quasi mai a insegnarlo ai grandi.
Il loro muscolo cardiaco non scende a compromessi, batte senza mezzi termini.

Finale Emilia, San Possidonio, Concordia, Novi, e poi di nuovo Finale Emilia, per chiudere una spirale di emozioni con questi angeli scoperti per caso da me e da Virginia (vedi Nunù) i ragazzi di Save the Children.

Ci sembra impossibile che tutti questi ragazzi siano amorevoli e competenti allo stesso modo, in tutti i campi conosciuti.

O sono tutti così splendidi per una casualita' impossibile oppure deduciamo, Virginia ed io, che Save the Children sia un'ottima organizzazione, che la formazione dei loro operatori è rigorosa e la selezione delle persone funziona fino in fondo.

Per alcuni ragazzini delle tendopoli questo terremoto ha offerto in cambio dell'orrore, almeno un grosso regalo: la presenza dei ragazzi di Save the children mattina e sera, ogni giorno della settimana, per mesi (che continua e continuerà), che non svolgono il puro livello 'animazione', 'intrattenimento' ma lavorano come educatori con continuità anche sul profondo, sul trauma provocato dal terremoto, dallo sradicamento, dalla perdita di coordinate di questi piccoli.

Uno dei lavori simbolo dei Save the children nelle tendopoli consiste nell' incoraggiare i bambini a (ri)costruire la loro casa o la loro stanza in miniatura (la città persino) con diversi materiali; un modo efficace per permettere loro di fronteggiare e gestire il dramma vissuto.

Ringraziamo particolarmente Lorenzo (campo di Finale Emilia) che viene da Roma, che non si è mosso dalla tendopoli dove opera praticamente dalla prima scossa, il primo Save che ho conosciuto.

E Luisa che ha comprato chili e chili di argilla per i nostri laboratori; e ci ha inviato in campi diversi, facendoci fare esperienza.

Il bambino (un campo di Concordia) che ha martellato l'argilla con energia smisurata con i pugni delle sue piccole mani; e che poi si è alzato in piedi, ha sistemato il blocco grigio sotto il fondo della cassetta della frutta che serviva da base per modellarlo e l'ha calpestato con tutta la sua forza: come se schiacciasse uva per farne un mosto.

La bambina (campo di Finale Emilia) che ha onorato la memoria del suo cagnolino morto, modellando l'iniziale del suo nome con la creta, che appenderà la lettera ad un albero, affidandola al vento e alla pioggia in suo ricordo
(ma poi si rovinerà? Poi si romperà?)

Virginia che invita i bambini a toccare l'argilla con le punte delle dita; a schiacciarla ai bordi; a creare buchi con i polpastrelli; a pizzicarla per percepire la creta in molti modi.

La bambina di Novi il cui nome tradotto in italiano significa 'angelo', che riflette, assorta, con il blocco di materiale fra le dita, incapace di iniziare, ma che dopo un piccolo aiuto modella una farfalla che ride, dalle enormi ali e dalle antenne che sembrano vive.

Un'elegante signora indiana con il vestito tradizionale che crea con perizia un vaso perfetto, anche se è la prima volta che maneggia l'argilla.

R. che per dipingere la creta mischia i colori con molta attenzione e crea un bellissimo turchese.

A. che crea un azzurro profondo come l'oceano.

L'elefante espressionista della bambina di Finale.

La chiesa devastata e il campanile diroccato della piazzetta di San Possidonio incontrati all'improvviso mentre cercavamo un caffè in ghiaccio, per spezzare per un attimo l'afa che non dà tregua, mai.

Il fiume di Finale Emilia, un serpente sinuoso con gibbosità verdi e dorate, sotto il ponte, alle porte della città.

I campi della bassa e le luci che cambiano alle diverse ore del giorno, il mistero delle stoppie bruciate, dei prati verdi, la bellezza silenziosa- e ora spesso tragica- dei casali.

(le immagini sono di Virginia Farina)

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