E la situazione, rivela lo studio, non è migliorata nei primi mesi del 2014: 4 assunzioni su 5 sono precarie. Sono stati stipulati almeno 1.583.808 contratti a termine, il 67% del totale. Ad una cifra di tale peso corrispondono poi soltanto 418mila contratti a tempo indeterminato.
Il segretario confederale della Uil, Guglielmo Loy, ha dichiarato: “In sostanza aumentano gli avviamenti a termine ma calano le persone interessate”, commentando il mutamento del dato che registra la media di contratti attivati per lo stesso lavoratore, passato da 1,64 attivazioni (dato del 2009) a 1,78 (2013).
Lo scorso anno, inoltre, si sono chiusi 9,8 milioni di rapporti di lavoro con un saldo negativo rispetto alle attivazioni di oltre 157.000.
Nel 2013 vi sono stati 927.175 licenziamenti, il 15% in più rispetto al 2009: “Alla faccia di chi sostiene che in Italia è difficile licenziare”, chiosa ancora Loy.
Oltre il 65% dei rapporti contrattutali sono stati sciolti per “cessazione del termine”.
Secondo tale report inoltre la regione in cui si registrano il maggior numero di attivazioni è il Lazio, che con 1,4 milioni di nuove assunzioni supera di poco la Lombardia, ferma a 1,3 milioni. Segue subito dopo la Puglia. Ma numero più alto di contratti sottoscritti non vuol dire certo stabilità del lavoro. Non a caso è proprio nel Lazio che si registra il maggior numero di contratti a termine: si calcola che ogni lavoratore sottoscriva in media due contratti l’anno.
Conclude laconicamente la Uil ricordando che la temporaneità del lavoro “rischierà di espandersi ulteriormente con l’ennesima innovazione normativa del Dl Poletti”