A Taranto i pescatori sono diventati dei becchini: sono costretti a gettare via tutte le cozze che una volta allevavano. Anche il mare, come l'aria, è stato inquinato. E le polveri di ferro che si sono depositate sui fondali hanno avvelenato il frutto del loro lavoro.
A Taranto gli allevatori di pecore vedono i loro capi abbattuti: perché hanno mangiato e respirato cibo e aria inquinate. In un'aria che si estende per 20 km attorno alla città, non si può fare allevamento. E le persone si chiedono, le bestie le abbiamo ammazzate. E noi uomini?
A Taranto chi lavora nell'Ilva vorrebbe andarsene via: ma siccome non c'è alternativa, all'Ilva, che inquina aria, mare e terreno, sono costretti a rimanere in quell'inferno. Perché l'alternativa è restare senza lavoro. Meglio ammalarsi domani, e condannare anche i propri familiari alla malattia, o essere condannati oggi alla miseria?
Di Taranto e dell'Ilva si è occupata ieri Presa diretta, col servizio di Vincenzo Guerizio
A Taranto, ad uccidere, inquinare, distruggere un ecosistema è stata un'azienda privata, l'ilva, che ha potuto quello che ha fatto anche grazie alla complicità di politici locali e nazionali, giornalisti, avvocati.
L'Ilva che in questi anni, come ha scritto nella sua ordinanza il gip Todisco, non ha mai rispettato gli impegni su bonifiche e messe in sicurezza degli impianti. L'Ilva che si preoccupava, tramite il suo uomo addetto alle relazioni esterne, di mantenere integra la sua immagine. A suon di donazioni, finanziamenti, articoli di giornali, perizie di esperti ambientali che non esistono (come quell'Angelo Battista inventato di sana pianta).
Che considevava come un reato di lesa maestà il fatto che funzionari della regione si permettessero di consigliare (non imporre) delle modifiche al ciclo di produzione.
Che ha minacciato di chiudere gli impianti e mandare tutti a casa se la magistratura non avesse sbloccato la produzione e l'acciaio sequestrato a novembre. Il profitto inanzitutto.
Si è pure scritto che la magistratura è colpevole, non l'azienda, perché con le sue azioni vuole bloccare l'impresa. Vuole bloccare l'industria italiana che ha bisogno di quell'acciaio.
Lo scontro tra magistratura e Ilva.
Come se fosse normale, in una democrazia, mettere su due diversi piani, in contrapposizione, salute e lavoro. Salute e profitto per le imprese.
E pensare che, come han mostrato le prime immagini in bianco e nero del servizio di Presa diretta, l'acciaieria a Taranto portava le premesse della rivoluzione industriale al sud. Che avrebbe dovuto portare benessere.
Taranto, assieme alle altre crisi industriali, sociali e ambientali, sarà la più grande sfida del prossimo governo.
Che oltre a salvare l'Ilva, dovranno anche preoccuparsi del resto del paese.
Potete rivedere l'intervista di Riccardo Iacona al ministro Clini, qui.
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