Il piglio con cui Luca Serianni affronta di volta in volta tematiche concrete sotto l'etichetta del titolo fa de L'ora d'italiano un pamphlet rispettoso, ma combattivo su alcuni vezzi della scuola italiana, come il doppione della grammatica - privo di benefici o anche solo di risultati accettabili - tra medie e superiori o la ridicola pretesa di tuttologia che alunni e genitori (e spesso i docenti stessi) attribuiscono al professore d'italiano. A mo' di esempio, l'autore affronta anche problemi morfologici, sintattici e lessicali con una perizia da par suo.
Tuttavia, proprio l'esemplificazione rischia di inaridire il lettore o costringerlo nelle secche di un ragionamento che esula in parte dai confini del libro stesso, come se Serianni seguisse parallelamente un pubblico diverso dall'occasionale avventore di un suo libro. La stessa bibliografia, ricca, stimolante e ben selezionata (nei limiti di un volumetto di 120 agili pagine) rimanda senza troppi complimenti a testi, interessanti quanto si vuole, ma che sembrano chiudere nei confini cartacei de L'ora d'italiano il dibattito in merito ai temi proposti.
L'effetto, imprevedibile e per me disarmante, è quello di una chiusura, anche di un certo schematismo, di una conversazione cólta che non prevede una vera risposta. Forse, una soluzione per far emergere la ricchezza degli argomenti di Serianni è quella di una lettura collegiale, di un confronto sui temi tra colleghi: non me ne voglia, dunque, il prof. Serianni se io, preso dallo sconforto di tutto ciò che ancora non so e non so fare, porterò il libro a scuola e lascerò alle nostre riunioni tra colleghi l'approfondimento critico e l'attualizzazione al nostro contesto dei problemi da lui posti.