LE 13 COSE - di Alessandro Turati

Creato il 27 marzo 2012 da Ilibri

Titolo: Le 13 cose
Autore: Alessandro Turati
Editore: Neo
Anno: 2012

“La prima cosa che mi viene in mente è di battere le mani e di provare a scomparire, ma anche questo potrebbe rivelarsi controproducente, soprattutto se non dovessi diventare invisibile. Ad ogni modo, non me ne faccio un cruccio: ci sono miliardi di persone che non riescono a scomparire, e quelle scomparse chi le ha più viste?”

Alessio è il trentenne protagonista di questo romanzo. Alessio aveva un grande amore, una ragazza, Emilie; ora non ha più nulla. O meglio, ha un foglietto, ripiegato e gelosamente custodito, un vademecum con le “istruzioni per la vita” che la giovane donna gli ha lasciato prima di morire. Il contenuto di queste “regole” è dato da conoscere al lettore solo alla fine del romanzo quando, assieme al protagonista, assisterà ad un paradossale bilancio esistenziale.

Non è la storia di un inizio, ma nemmeno di una fine. Il giovane affronta la vita “post-Emilie” tra bevute e incuria, a volte lasciandosi andare, altre cercando di ricominciare ad immettersi nella società, altre volte ancora, invece, assistiamo a deliri, sogni, incubi, tristi riflessioni, ricordi e/o pensieri che si spacciano per realtà.

Alessio si rende conto di essere rimasto solo: “La solitudine mi ha spezzato l’osso sacro. Da solo non puoi giocare a biliardo; da solo non puoi farti reggere l’asciugamano quando ti cambi in spiaggia; da solo, se non hai il dentifricio, non puoi chiederlo a qualcun altro; da solo, se hai paura, ma anche se non hai paura, sono cazzi tuoi; da solo in un attimo, ti sei già detto tutto…”

Ma, nonostante la sua “pigrizia sociale”, si circonda, quasi involontariamente, di personaggi che sono assolutamente improbabili e fuori dal comune come la piccola Aida, il vecchio Burano, Adriano Nero e, perché no, anche i due cani Agon e Tanaquilla.

La trama è così surreale, inverosimile e onirica che ogni piccola informazione in più potrebbe guastarne la fruizione; il racconto è un continuo alternarsi di angoscia, paradossi e humor. Un mix in apparenza fine a se stesso che diviene il punto di forza del romanzo.

Il linguaggio è forte, spesso volgare e amaramente ironico e ad altro non serve che a rende vivo sotto gli occhi del lettore il malessere del personaggio che barcolla tra solitudine e dolore.

“Nella bocca non sento amaro alcolico, sento malinconia. La malinconia in bocca si può descrivere così: molta saliva, come prima o durante un pianto, molta sporcizia, come prima o durante un pasto”.

È un romanzo che è una confusione tra sogno e realtà ma, alla fine, ciò che conta non è distinguere le due dimensioni, non è ottenere una conclusione.

Abbiamo tutti ben presente quell’altra storia, ben più famosa, quella storia che comincia con dieci comandamenti, o qualcuno di più, e poi c’è questa di storia, da conoscere, che inizia/finisce (secondo il proprio gusto), con tredici cose, all’incirca.

“E infatti, per sdrammatizzare, mi ha prescritto tredici cose da fare per sopportare la sua assenza perché il dolore, si sa, col tempo diminuisce, ma la mancanza, invece, col tempo distrugge e schiaccia”.

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