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Le 4 parole chiave dei Laureati Artigiani (a cui ispirarsi per il 2016)

Creato il 03 gennaio 2016 da Elisadibattista @laureartigiani

successi 2016
Intraprendenza, coraggio, a volte persino un filo di incoscienza: è questo che spinge i giovani Laureati Artigiani a darsi da fare, una volta terminato il percorso universitario, iniziando un lavoro che mescola competenze teoriche ma soprattutto manuali, imparate sul campo da maestri artigiani o in maniera autodidatta. E ci sono quattro cose, tra atteggiamenti e modi di pensare, che accomunano i LaureatiArtigiani, i loro percorsi e le loro decisioni, e che – crediamo – si possono sintetizzare in 4 parole chiave utili anche per chi sta avviando una propria attività, per chi è indeciso sul da farsi, per chi cerca gli stimoli giusti per il nuovo anno.

Osare
Lasciano la ‘strada vecchia’ per una completamente nuova, che conoscono poco o non conoscono affatto. Lo fanno per inseguire un sogno, per dare forma a passione, ma con criterio. Come ha fatto Francesca de Lucchi, che a 36 anni ha lasciato un ruolo manageriale e una carriera commerciale in una grande azienda per avviare una piadineria a Milano, per avere più tempo da dedicare alla famiglia.

O come ha fatto Alessandro Ripepi, 36enne messinese che ha lasciato il suo lavoro di avvocato penalista per dedicarsi alla realizzazione degli origami. Oggi, a tre anni dall’avvio, Alessandro sta proseguendo, con un impegno ancora maggiore a livello di formazione per lanciare ulteriormente la sua attività.

Innovare
A volte, quella di lavorare nella bottega di famiglia, è una vocazione. Una scelta così forte e trascinante che, pur di fronte allo scetticismo dei genitori (“Ma ti sei laureata per lavorare qui dentro?”), l’entusiasmo è la molla che spinge al cambiamento. E ciò è stato per Valentina Manta, 30enne pugliese che dopo la laurea in Economia del Turismo ha iniziato a lavorare nel pastificio di famiglia (anzi, vi passava i pomeriggi mentre ancora studiava), cogliendone le opportunità e le potenzialità da sviluppare. E così, dopo un paio d’anni, non solo ha informatizzato la contabilità e studiato un nuovo packaging, ma grazie al web ha trovato nuovi clienti tra cui anche brand molto noti che oggi rivendono la sua pasta salentina.
“Entrando in azienda”, racconta oggi Valentina, “mi trovai catapultata in un mondo molto differente da quello universitario: dovetti cambiare totalmente le mie abitudini, il mio stile di vita, lavorando duramente da subito, ma non mi arrendevo, perché notavo degli errori di gestione e sentivo che potevamo fare molto di più e che non mancavano le potenzialità per raggiungere obiettivi ambiziosi. Così iniziò il cambiamento. Dai grossi problemi economici che schiacciavano il futuro dell’azienda siamo passati ad una produzione più che triplicata offrendo ai nostri clienti una gamma di prodotti ricercata e particolare, di alto livello artigianale. Oggi la mia pasta è presente non solo nel Salento, ma a Milano, Torino, Venezia, Firenze, Amburgo, Londra, New York, Sidney”.

A livello di produzione, Valentina ha deciso di diversificare attraverso soluzioni alternative: “Tutti facevano le orecchiette di semola e noi abbiamo fatto quelle con le farine locali: Orecchiette di grano, Orecchiette di orzo e le Orecchiette di grano arso. Tutti si fermavano alle Orecchiette tricolori: pasta di semola, pomodoro e spinaci. Noi abbiamo fatto le orecchiette Arlecchino (5 colori), le Orecchiette al peperoncino, le Orecchiette al vino negroamaro, o alla Ricotta forte. Tutti utilizzano la busta classica, mentre noi abbiamo creato i tubotti. Ci è capitato spesso che al momento dell’acquisto ci veniva chiesto: “Signora, come le preparo, col sugo classico vanno bene?”. E allora abbiamo creato una confezione regalo con le orecchiette in una teglia in legno abbinando la ricetta tipica”.

Non arrendersi
Nonostante le difficoltà e gli esordi fatti di sacrifici, spese, tentativi falliti e ricerca di nuove strade, il motto è “Mai arrendersi”. E così, perseverando, i LaureatiArtigiani trovano la risposta giusta per la propria attività, le strategie ad hoc per intercettare il proprio target e quindi per crescere. Come ha fatto Ela Siromascenko, 31 anni, che arrivata in Italia dalla Romania per amore, ha iniziato a lavorare come sarta in casa per due anni e mezzo, fino a inaugurare, poche settimane fa, un atelier nel cuore di Milano. “Quando ho avviato l’attività, l’idea di aprire un atelier in città era un sogno ma non mi ero prefissata un arco di tempo preciso in cui farlo. Mi ero concentrata di più sui piccoli passi, sullo sviluppo delle mie capacità tecniche, sulla soddisfazione di ogni singolo cliente e sul far crescere la notorietà del mio brand. Tutto questo ha portato ad un aumento della clientela locale e solo in estate, quando l’attività (per la mancanza di spazio ed il numero sempre più elevato di clienti che venivano nel laboratorio in casa) non era più gestibile da casa, ho deciso che era il momento di fare il passo. Le alternative erano due: o aprivo l’atelier o chiudevo l’attività. E ho deciso di scegliere la prima. La difficoltà principale non è stata tanto non ottenere i fondi, ma superare la paura di non farcela a sostenere i costi. L’ho affrontata costruendo un business plan molto dettagliato che cerco di seguire alla lettera. I miei prossimi progetti sono lo sviluppo della linea sposa e l’assunzione di una sarta tra un anno”.

Pensare in grande
Matteo Zini, quando poco più di due anni fa, appena 27enne e fresco di laurea in Economia, aprì la sua gelateria a Bologna, aveva già iniziato a pensare in grande. Oggi infatti sta avendo successo in Australia, a Brisbane, dove ha portato il gelato Made in Italy con la qualità che lo contraddistingue e soluzioni originali di marketing, distribuzione e packaging.

Così, anche Simone Acciai, 30enne fiorentino, ha avviato la propria gelateria a Los Angeles, con gusti innovativi, materie prime che arrivano anche dalla Toscana (come i cantuccini e il vinsanto del Chianti), e che oggi sta cercando nuovo personale. Facile? Non esattamente, come racconta nell’intervista: “Per diventare gelatiere sono dovuto prima diventare agente immobiliare, architetto, avvocato e muratore. (…) Una buona location per una gelateria è dove c’è passeggio. A Los Angeles nessuno passeggia. Per questi motivi ci ho messo 9 mesi a trovare il negozio”. Oggi, progetta di avviare altri punti vendita, pensando in grande, appunto.


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