Il tema politico più rilevante della settimana in corso si potrebbe sintetizzare variando un famoso titolo dell’opera di Nietzsche: sull’utilità e il danno della storia per la vita. Ovviamente alla parola “storia” bisogna qui sostituire “referendum”, visto che a tenere banco sono proprio le due consultazioni popolari in programma a Bressanone e in Scozia e delle quali, certo non per gli stessi motivi, molto si sta parlando.
Il referendum scozzese, in programma domani, ha senza dubbio una portata ben più vasta del secondo, giacché interessa gli equilibri geopolitici continentali. In Sudtirolo è seguito con particolare attenzione soprattutto dai nostri separatisti, non a caso schieratisi apertamente per il “sì”, dunque a favore della dissoluzione della Gran Bretagna. La speranza è che ciò possa dare il via a un processo di progressivo smembramento degli Stati nazionali, anche se in fin dei conti l’unico Stato nazionale al quale essi augurano una sorte del genere è l’Italia.
Non è il caso di rimarcare che qualsiasi comparazione tra la situazione scozzese e quella sudtirolese porterebbe a rilevare più differenze che similitudini. Ciò che ai nostri indipendentisti interessa, però, è in fin dei conti solo la natura di esperimento che l’eventuale distacco della Scozia dall’Inghilterra comporterebbe a livello europeo. Stando alle fin troppo disinvolte profezie diffuse dagli ottimisti, la Scozia andrebbe incontro a un futuro di prosperità giudicato impossibile nella cornice istituzionale presente e questo potrebbe fornire un formidabile stimolo a ripetere l’esperimento anche altrove. Rimane il problema di capire se la Comunità europea sia disposta a incoraggiare una simile evoluzione. Anche se, allo stadio attuale, sembra piuttosto vero il contrario, per chi gode della privilegiata condizione di semplice spettatore (mi riferisco ovviamente sempre ai nostri indipendentisti) basta farsi fotografare con una bandiera scozzese in mano e lasciare che a scottarsi le mani siano gli altri.
A Bressanone, domenica prossima, verrà invece deciso finalmente se concretizzare o meno l’ardito progetto della funivia di collegamento tra la stazione ferroviaria e la Plose, la montagna posta esattamente dall’altro lato della valle. In questo caso il processo che ha portato alla formulazione dei tre quesiti referendari è stato pasticciato, contraddittorio e, ritengo, insoddisfacente per tutti. Non è dunque escluso che, senza considerare i risultati del voto e le scelte che poi verranno effettuate, il malumore continui ad albergare nella città vescovile.
Se ne può trarre una lezione valida in generale: prima di chiamare il popolo a decidere su una determinata questione, sarebbe utile verificare attentamente se esistono soluzioni alternative e possibilmente prive del carattere perentorio che questi ed altri referendum rischiano sempre un po’ di avere.
Corriere dell’Alto Adige, 17 settembre 2014