No Escape - Colpo di stato
di John Erick Dowdle
con Owen Wilson, Pierce Brosnan, John Erick Dowdle
Usa, 2015
genere, azione thriller, drammatico
durata, 103'
In che modo si misura la tragedia di un popolo e in quale maniera il
trauma di un evento nefasto si manifesta nella mentalità e nel modo di
agire di chi è sopravvissuto. Se per esempio si volesse tenere conto dei
film prodotti all'indomani dell'undici settembre per valutare le
conseguenze che ha prodotto il crollo delle torri gemelle sulla vita dei
cittadini americani, non sarebbe difficile individuare due linee di
tendenza: la prima, verrebbe fornita da film come ""La 25 ora" e "Molto forte, incredibilmente vicino"
in cui la voglia di ricominciare dei protagonisti non può prescindere
da un'elaborazione del lutto prima personale e poi collettiva; la
seconda, invece, quella preferita dal cinema di genere e tra gli altri,
da autori del calibro di Kathryn Bigelow ("The Hurt Looker", "Zero Dark Thirty")
e Ridley Scott (Nessuna Verità) mostrerebbe una diversa versione dei
fatti, dimostrando come il desiderio di esorcizzare il male subito sia
la causa di una visione conflittuale dell'esistenza. Tenendo conto dei
più recenti sviluppi geopolitici - tra i quali non si può non menzionare
la nascita dell'Isis - e degli attentati che si sono verificati in
luoghi turistici e di cultura, possiamo dire che "No Escape - colpo di
stato" rappresenta allo stato dei fatti l'evoluzione di queste due
rappresentazioni, capace di contenerle in un rapporto di reciproco
scambio, mediante la corrispondenza tra la precarietà del contesto
nazionale americano, qui rappresentato dalle incertezze - affettive e di
lavoro - che rischiano di sgretolare l'unità della famiglia
protagonista della storia, e il senso di accerchiamento e di minaccia
derivato dallo scenario bellico nel quale la stessa è chiamata a
sopravvivere. Nel film di John Erick Dowdle si racconta infatti di una
rivolta armata che mira a rovesciare il governo di una non meglio
precisata nazione del sud est asiatico, e dell'imprenditore Jack Dwyer,
arrivato sul posto con moglie e figli al seguito, costretto ad
escogitare il modo per sfuggire alla caccia all'uomo dei rivoltosi,
determinati a uccidere i cittadini stranieri presenti nel paese. Nel
passaggio dalla fase iniziale, scandita dall'incredulità e dalla
sorpresa di ritrovarsi in una situazione non prevista a quella
successiva, in cui l'istinto di sopravvivenza predispone le azioni
necessarie al superamento del pericolo, "No Escape" riesce a dare il
meglio di sé, coniugando la natura spettacolare del film, continuamente
rilanciata da una struttura narrativa organizzata su livelli sempre più
alti di difficoltà e di pericolo, con una drammaturgia che, soprattutto
nel caso di Jack (un ottimo Owen Wilson), il protagonista della storia,
riesce a fornire una progressione psicologica credibilmente adeguata
agli sviluppi della vicenda.
Dowdle, da par suo, gira tre quarti
del film tutto d'un fiato, filmando il percorso salvifico dei
protagonisti in una maniera che pur non essendolo, assomiglia, per
fluidità e consapevolezza dello spazio, a un interminabile piano
sequenza, in grado di rendere come meglio non si potrebbe le
caratteristiche di mobilità e di dinamismo derivate dalle sollecitazioni
a cui è sottoposta la trama, ogni volta costretta per esigenze di
copione a riformulare la collocazione geografica dei personaggi. Così,
pur con qualche esagerazione (per esempio quella in cui marito moglie e
le due figliolette sono costretti a lanciarsi nel vuoto nella speranza
di raggiungere il tetto dell'edificio antistante) "No Escape" sarebbe
destinato all'optimum cinematografico, se non fosse che,
nell'ultimo tratto di strada, invece di limitarsi a gestire i bonus
accumulati durante un'ora di buon cinema, il film senta il bisogno di
nobilitare i contenuti del suo pensiero, riflettendo sulle cause
dell'apocalisse che mette in scena. In questo modo, a farsi strada è la
banalità delle spiegazioni messe in bocca al personaggio di Pierce
Brosnan, riapparso dal nulla dopo la comparsata iniziale, giusto in
tempo per fare mea culpa di quel colonialismo occidentale di cui egli
stesso e' complice e in cui, a suo dire, trova legittimazione la
sommossa che sta mettendo a ferro e fuoco la città.
Un pentimento più
che lecito, se si tiene conto delle politiche di sfruttamento economico
organizzate a discapito dei paesi più poveri, che però, non trova
riscontro nella gestione delle immagini, perchè la rabbiosa violenza con
cui viene documentata la reazione dei due genitori, pronti a uccidere
chiunque minacci l'incolumità degli altri famigliari, si manifesta con
sospetta precisione, arrivando sullo schermo solo nel momento in cui la
visione delle barbarie commesse dai ribelli hanno messo al sicuro la
coscienza dello spettatore, incattivito da tanta efferatezza e, a quel
punto, privo di remore e quasi sollevato nel farsi partecipe della
punizione che i coniugi impartiscono ai loro persecutori. Ad avvalorare
questa tesi ci pensa il tenore della sequenza conclusiva, con
l'abbraccio tra genitori e figli, fotografato con un candore e una
luminosità che cancella ogni colpa, non lasciando dubbi su quale sia la
parte per cui il film si schiera. A conferma della doppia morale di cui
si fa portatore.
(pubblicato su ondacinema.it)