Suburra
di Stefano Sollima
con Pierfrancesco Favino, Elio Germano, Claudio Amendola
Italia, 2015
genere, noir
durata, 130'
Una
dietro l’altra le sequenze iniziali che ci introducono negli inferni di
“Suburra” non servono unicamente a stabilire - nella loro voluta
successione - la gerarchia di poteri e di dipendenze vigenti all’interno
della storia ma anche a definire dal punto di vista visivo e quindi
cinematografico, la contiguità tra i mondi diversi eppure complementari,
che si appartengono come pezzi di un tutto del quale costituiscono
parte integrante. Dal silenzio delle stanze papali al clamore di quelle
parlamentari fino ad arrivare alle vertigini scoscese delle paludi
delinquenziali, “Suburra” si immerge anima e corpo nel ventre molle
della città capitolina, raccontandola come si faceva ai tempi degli
antichi imperatori. Al di là dei simboli e delle allegorie, il film di
Stefano Sollima conserva la medesima vocazione universale, aspirando non
solo a incarnare le viscere della città contemporanea ma addirittura a
diventare metafora di qualcosa di più grande; senza esagerare, o forse
si, “Suburra” aspira infatti ad essere una sorta di Genesi criminale,
con il peccato originale rappresentato dall’avidità degli uomini (Il
politico, il ras del quartiere, il capo dei capi, e così via),
utilizzato per innescare le manifestazioni del male.
Esplorando
le conseguenze della violenza e del delitto, Sollima conferma un
percorso da cineasta che fluttuando dal grande (A.C.A.B.) alla piccolo
schermo (“Romanzo Criminale” e “Gomorra”) accetta la sfida proposta
dalle contaminazioni dei nuovi formati (il film sarà distribuito sul
mercato americano sulla piattaforma di Netflix) attraverso un cinema di genere e nella fattispecie di quello legato alle crime story che mette insieme il b-moviei taliano e il mainstream hollywoodiano,
cercando un compromesso tra costi di produzione (sette milioni di euro è
il costo di “Suburra”) e grandiosità dell’affresco. Per quanto ci
riguarda è proprio la valutazione del dispositivo messo a punto da
Sollima, capace di comprendere arte e mercato, a stimolarci
maggiormente; poichè non c’è dubbio che il buon esito di un prodotto
come “Suburra”, programmato per aggredire i mercati internazionali,
potrebbe aprire scenari inediti e altamente remunerativi per tutto il
cinema italiano. In questo senso, la parziale riuscita del film, dotato
di pregi (la messa a punto dei caratteri e degli ambienti) ma non privo
di difetti (il processo d’astrazione operato su figure e avvenimenti
delle cronache romane riesce solo in parte così come l’ibridazione tra
cinema e televisione) assume un peso meno negativo in termini di
giudizio. Perché pensiamo che l’efficacia di “Suburra” non abbia a che
fare con l’armonia della sue caratteristiche, ma risieda piuttosto nella
consapevolezza del fascino creato dalla sua affabulazione.
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