Thou Wast Mild and Lovely
di Josephine Decker
con Joe Swanberg, Sophie Traub, Robert Longstreet
Usa, 2014
genere, drammatico
durata, 78'
Era
dai tempi dell’esordio alla regia di Philip Ridley, e stiamo parlando
di “Riflessi sulla pelle” girato nel 1990, che il cinema anglofono non
era stato più in grado di sublimare in maniera altrettanto potente
quella parte di territorio extraurbano che per determinismo ambientale e
tradizione culturale costituisce da sempre il cuore pulsante della
nazione americana. Ed è proprio a quella dimensione
rurale che era stata oggetto d’indagine del collega inglese a
funzionare da elemento scatenante della vicenda che è al centro di
“Thou Wast Mild and Lovely”, il lungometraggio con cui Josephine Decker
ribalta aspettative e luoghi comuni normalmente associati
alla visione di un’esistenza scandita dalle mansioni necessarie alla
conduzione della fattoria in cui vivono e lavorano i protagonisti della
storia. Che, isolati dal mondo e obbligati a condividere buona parte del
tempo libero, si ritrovano a fronteggiare
la gelosia di Jeremiah, il padre di Sarah, morbosamente attaccato alla
figlia, e per questo deciso a ostacolare il legame di complicità che la
ragazza stabile con Akin, temporaneamente impiegato nell’azienda.
Utilizzando
il contesto bucolico come amplificatore delle pulsioni dei personaggi
e,
di conseguenza, del crescendo di tensione e di erotismo che scaturisce
dall’ambiguità dei loro rapporti, “Thou Was Mild and Lovely” lambisce i
confini che dividono il cinema di finzione da quello documentario,
raccontando il paradiso perduto dei suoi protagonisti
attraverso un flusso di immagini e parole che, tanto nella forma quanto
nei contenuti, sembra continuare sulla scia di quello
stream of consciousness inaugurato dal Terence Malick di “Tree of
Life”, e poi ripreso, tra gli altri, da un film come “Stop the Pounding
Heart”, di cui quello della Decker potrebbe essere la versione
noir.
Perchè “Thou Wast Mild and Lovely”, svincolandosi da
qualsiasi giustificazione che non sia quella riguardante la riproduzione
della specie, salvaguardata al di là di ogni merito e giustizia (come
testimoniano gli esiti del drammatico finale), intraprende
una strada alternativa al film di Minervini mediante un depistaggio
che, lasciandosi indietro ogni parvenza di poesia precipita, lo
spettatore in un gorgo di ossessioni seducenti e malsane. Qualcuno ha
fatto il nome di David Lynch ma poco importa, perché se
“Thou Wast Mild and Lovely” ha un merito, è quello di farci
appassionare al talento della sua regista e alla bravura dei suoi
splenditi attori; tra i quali, con una menzione speciale vogliamo
ricordare Sophie Traub, autrice di un’interpretazione che nella
resa emotiva del suo personaggio ci consegna una figura femminile
davvero indimenticabile.
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