Le avventure di ALicE: il dentista pignolo

Da Leragazze

Vi ricordate per caso la barzelletta del tabaccaio pignolo?
Quello che va dal tabaccaio e alla banale richiesta di un francobollo si sente domandare dal negoziante: posta ordinaria o raccomandata? Per l’Italia o per l’estero? Cartolina o lettera? Ma la busta è regolamentare? Di che colore è la busta? Preferisce il francobollo con l’effige di Garibaldi o quello con S. Pietro? Lo gradisce sul rosa o sull’azzurro pallido? Preferisce un francobollo da 1 €, o due da 50 cent?
A un certo punto entra nel negozio un tale con un gabinetto sulla spalla e dice al tabaccaio: questo è er cesso! Ieri t’ho fatto vede’ er culo: me la  voi da’ o no ‘sta carta igienica?
Ecco. Io non ho un tabaccaio, ma un dentista pignolo. Di lui vi ho già parlato qui.
Il lavoro che ho fatto ultimamente nel suo studio è consistito in cura canalare di un dente e relativa corona.
La cura canalare fatta dalla moglie del dottore si è esaurita in un’unica seduta.
La corona va avanti da mesi.
Prima seduta: le impronte. Abbastanza fastidiosa come pratica (rischio sempre di vomitare sul dentista), ma è andata.
Seconda seduta: cementazione della capsula provvisoria e scannerizzazione dei denti adiacenti per la verifica del colore.
Terza seduta: sistemazione della gengiva (ultra dolorosa) e cementazione provvisoria della capsula definitiva. In questa fase il cemento è al gusto di aglio. Ti sembra di aver mangiato una bella pita col fellafel, ma senza il piacere di averlo fatto. Solo il fastidio post prandiale.
Quarta E FINALMENTE ULTIMA SEDUTA: cementazione definitiva della capsula.
Mi reco dal dottore, speranzosa di aver finito il lavoro.
Mica per niente: ogni appuntamento da lui comprende la sistemazione di un puzzle gigantesco con l’organizzazione della prole tra le uscite da scuola/palestre/piscine/coro/pianoforte/chitarra/batteria… Per questo ogni seduta dentistica che riesco a fare si trasforma in un vero e proprio miracolo.
E se per caso, l’appuntamento è di mattina, quando tutti i bambini dovrebbero essere a scuola… state certi che a uno di loro viene la febbre e mi costringe a ulteriori doppi salti mortali carpiati.
Tornando alla mia ULTIMA seduta, il dottore mi fa aprire la bocca… avvicina lo specchietto, guarda che ti riguarda e poi mi dice: “Il colore non è preciso”. Come non è preciso? penso io! E per suffragare la sua teoria il dottore mi porge lo specchio. Sorrido a me stessa per scoprire il dente incriminato e… fatico a individuarlo. Mi sembravano tutti uguali. Forse il canino un po’ più scuro degli altri, ma quello è un dente vero… non c’entra nulla.
Rendo lo specchio al dottore alzando le spalle e rimettendomi al suo giudizio. D’altra parte la spesa è stata grossa: se non è contento lui, è meglio che gli faccia fare un lavoretto carino, a costo di aspettare ancora un po’. Chiama la dottoressa fotografa. Si, si! Avete capito bene! Arriva una ragazza armata di macchina fotografica speciale che mi piazza un aggeggio di plastica in bocca e scatta alcune fotografie ai miei denti. Cheese! Ovviamente la foto non veniva mai bene: troppo scura! Troppo chiara! Troppo normale! Scurisci, schiarisci, ma alla fine anche questa è fatta.
Concludo la seduta tornandomene a casa mogia mogia con in bocca di nuovo la mia capsuletta provvisoria, e con un appuntamento dopo 2 settimane (altro puzzle, altro giro, altro regalo!) per la cementazione della capsula ricolorata.
Passate le due settimane, sistemati i bambini, o meglio, lasciati i bambini allo stato brado (anzi, come preferisco dire, allo stato ebraico!) mi rimetto in viaggio verso lo studio dentistico.
Un po’ di sala d’attesa, poi mi fanno accomodare in poltrona (nello studio vero e proprio), rischio di addormentarmi per aspettare il dottore sulla poltrona reclinata, ma alla fine lui arriva.
Per prevenire qualunque alzata di ingegno parte sua gli domando: ma adesso me la cementa direttamente in modo definitivo, o ricominciamo daccapo col riposizionamento della gengiva, cementazione provvisoria… ecc… ecc…?
“Ma no!” mi tranquillizza lui! “Oggi dobbiamo cementarla definitivamente”. Bene. Mi sistemo, apro la bocca, infila lo specchietto… e… SCUOTE DI NUOVO LA TESTA! “No, mi dispiace, non è il colore esatto!” Come non è esatto! La vedo! Il colore è perfetto! Sono i denti vicini che non sono giusti, lei, la capsula, è straordinariamente giusta! Ma lui si trincera dietro al suo “Lo so, sono pignolo, ma è il lato bello del mio lavoro”! Evvabbè! Ho capito che sei pignolo, non serve mica un genio a questo punto! Ma questa non è pignoleria, è ossessività! Eppoi “è il lato bello del tuo lavoro”?????? E che te l’ho chiesto io di fare il dentista? Di ficcare le mani nelle bocche della gente? Di campare facendo soffrire i pazienti? (Si, occhei, curandoli, ma pur sempre con dolore!) Ma per trovare il bello del tuo lavoro, non ti basta la tua parcella a 3 zeri?????
E allora che si inventa? Mi dice “Facciamo un test”! questo solitamente è il momento magico in cui nella mia testa si accende una lampadina: “Qui scatta il post!”. E glielo dico anche che avrei scritto un articolo su di lui sul mio blog! Ma se non altro, almeno il dottore è una persona di spirito! Comunque manda a chiamare la dottoressa C. Per il test. Mi aspettavo di vedere entrare la dottoressa con un macchinario fantascientifico in grado di rilevare sfumature di colore apparentemente inesistenti. Invece no. Aveva pensato a un test… empirico. Non faccio in tempo a rendermene conto pensando dentro di me “questo è matto”, che mi chiede di aprire la bocca. Insomma la dottoressa doveva giocare a “cerca la capsula” e trovare la corona incriminata che si nascondeva tra i miei 32 denti. Insomma alla fine la trova, ma anche lei conviene (con me) che il colore va bene. Ma il dentista pignolo no! Lui non è affatto contento e, nel mio totale sbigottimento tira fuori colori e pennelli e comincia a dipingere la corona. Insomma dopo questa seduta di art attak, che al confronto Giovanni Muciaccia è un novellino, convinto dalla dottoressa C. decide di cementarla (provvisoriamente, s’intende!) per verificare se dopo un paio di settimane col lavoro di placca e co. il risultato sarebbe stato più uniforme e soddisfacente.
L’ardua sentenza? Tra due settimane, stesso blog stesso orario!



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