(Come da titolo). Cominciamo. La prima sfilata è quella di Philip Lim. Tanta pelle, patchwork di motivi centroamericani e del camouflage qua e là che non fa mai male. Bho, non mi entusiasma. Ma poi c'è Kolor, piccola label giapponese, ricercatissima, che mi tenta
da qualche tempo. Stavolta, per il designer Junichi Abe (sarà mica parente del primo ministro?), tutto si gioca sul colore: ecco così dei tocchi fluo di rosa, salmone, verde, o il blu elettrico. La maglieria e le sciarpe (mohair, I suppose)danno volume, ma senza sacrificare una certa idea di leggerezza che permea la collezione. Forse non è la sua migliore, ma a me Kolor continua a piacere, e ho già trovato qualche pezzo interessante, come i cappotti bicolore o il duffle coat in neoprene verde.
Kolor (immagini da Nowfashion)
Saltando a piè pari Issey Miyake (che volevo recensire anche se era bruttina, ma poi ho visto la giacca termica dorata come neanche l'involucro di un gianduiotto e non ce l'ho fatta) e Rick Owens (perché NO, non sono belli i capelli alla "ho appena messo la lingua nella presa da 1 miliardo di Volt"), arriviamo a Louis Vuitton. Sapete ormai quanto io odi LV e, soprattutto, il proprietario Bernard Arnault. Ma diamine, quant'è bravo Kim Jones, mi fa sciogliere!
Lo stilista inglese lavora in modo semplice, scontato quasi, ma i risultati sono sempre piacevoli, tra la ricerca modaiola e il piacevolmente indossabile. Per ogni sfilata immagina un viaggiatore che parte alla volta di un luogo diverso. L'abbiamo visto in Africa, in Giappone, sulla West Coast americana e ora è la volta dell'Himalaya.
"A collection is often an actual journey for us; it comprises what you take with you and what you bring back both physically and mentally from the experience. [...] This season involved travelling to the Himalayas for research and it was the mountain Kingdom of Bhutan that still had that mystery surrounding it; it was almost a fantasy idea as well as a real place. Backpacking has not ruined Bhutan - you have to be invited there - and it feels so exotic, almost from another time. It is the only place in the world where snow leopards and tigers cross paths and that is one of the reasons why the snow leopard became a chief motif in the collection."
E così il leopardato, appena accennato, compare subito nella collezione, su un sofisticato cappotto in cashmere foderato con del visone, che "risale", grazie alla tecnica dell'agugliatura, per disegnare le chiazze tipiche del pelo dell'animale (foto 4). Ma questa non è l'unica prodezza dello show: ci sono le giacche realizzate da un'unica pezza di pellame, come si fa con le borse pregiate (foto 3 e 4), i tagli laser, e, ciliegina sulla torta, i gemelli realizzati con pietre dall'Everest. Nulla è lasciato al caso: i cappelli in maglia sono realizzati in collaborazione con Stephen Jones (che ha vantato, tra i suoi clienti, anche Lady D), e poi ci sono i motivi tipici del Buthan, solo 10 pattern a strisce e check (I due sono famosi artisti inglesi su cui credo valga la pena spendere qualche parola. Sono noti per il loro essere provocativi. Sul loro sito, si viene accolti da un "Welcum", che si legge e si traduce come "benvenuti", ma dove "venuti" ha un senso un po' particolare, ecco (A buon intenditor...). Nel 2008, per la loro mostra
"What you bring back", citando lo stesso Kim).
Ma la collaborazione che più lascia il segno è quella con i fratelli Jake e Dinos Chapman(se, come me, vi siete chiesti che razza di nome sia, sappiate che la madre è greca e Dinos è diminutivo di Costantinos).
hanno ridipinto autentici dipinti del dittatore tedesco ("Awful landscapes"), abbellendoli in vario modo. Le loro altre opere coinvolgono spesso nudità, sesso e altre tematiche tabù. If Hitler Had Been a Hippy How Happy Would We Be
Loro hanno realizzato il motivo, "Garden in Hell" (dalla frase che Diane Vreeland usava per descrivere il suo appartamento) che caratterizza le uscite finali della collezione (l'eveningwear, fra completi pigiama e vestaglie), a metà tra barocco francese e le raffigurazioni delle cosiddette divinità irate ("Wrathful deities") del buddismo. Dei Chapman è anche il leopardo delle nevi che decora un maglione di cashmere, dal muso quasi antropomorfo e dall'aspetto che ricorda le bestie medievali.
Interessanti anche le calzature e gli accessori: ci sono quelli in cui si riconosce la mano dei Chapman, altri semplicemente lussuosissimi e opulenti (slippers rivestite di piume, scarpe in cocco...) (foto 7). Non manca la tradizionale ispirazione del viaggio, cui la maison attinge a piene mani: moschettoni, bauli che diventano zaini, e sugli zaini veri e propri si riconosce una grande V, logo vintage della marca francese. La collezione, però, non è perfetta. Tra le cose che non piacciono, una certa opulenza complessiva che strizza l'occhio ai clienti dell'est (vedi pelliccia in foto 1). Qualcuna, tra le 40 uscite, sembra ridondante. Poi però penso alle 95 (!!) che
Piacevolissimi anche gli occhiali.
è riuscito a fare Armani, e 40 mi sembrano come non mai inoffensive.