Le pieghe, queste sconosciute: parte prima.
Prima di conoscere i blog di Adriano e Paoletta avevo sentito solo lontanamente parlare di “pieghe” ma non avevo mai ben capito di cosa si trattasse.
Dal momento in cui le ho scoperte, ho trovato in esse un valido alleato per ottenere un risultato migliore per quanto riguarda i lievitati.
Per semplificare le cose e per evitare a me stessa di scavare nella mia memoria per quale lievitato viene usata una piega piuttosto che un’altra e per evitare di fare di volta di volta le foto di tutti i passaggi, preparo due post esemplificativi.
Questo è il primo post, dedicato alle pieghe del 1° tipo dette anche “piegatura a tre”, che è un sistema simile a quello che si usa per la pasta sfoglia.
Viene impiegato, come spiega Adriano, soprattutto nel caso di impasti piuttosto idratati al fine di dare struttura ed infittire la maglia glutinica.
La piega può essere ripetuta eventualmente anche più volte, a seconda dei casi.
- Si rovescia l’impasto sulla spianatoia infarinata, lo si appiattisce leggermente , lo si spolvera dalla farina e si sovrappone per 2/3. Si completa il primo ciclo sovrapponendo la parte rimasta scoperta (foto n.1-2-3).
- Per una seconda piegatura, lo si gira di 90°, si spolvera via la farina in eccesso e si ripete come sopra.
Fin qui, le “pieghe a tre” o “del 1° tipo”.
Poi, a seconda di quello che prevede la ricetta, o si forma una sorta di palla (foto n.4) o si lascia l’impasto piegato così com’è, lo si copre a campana (foto n.5) e lo si fa riposare un pochino prima di passare alla formatura o alla pezzatura.
P.s. le foto si riferiscono alla preparazione dei buonissimi Buondì ;)
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