Le biglie di vetro

Creato il 16 ottobre 2011 da Albix

Oggi, uscendo dal Santuario di Bonaria della mia città, ho notato per terra una biglia di vetro. Mi sono chinato a raccoglierla. Come l’ho stretta in pugno una marea di ricordi mi ha assalito.

Mi son rivisto coi calzoncini corti, con le tasche piene di biglie di vetro colorate.

La frase di rito, quando ci si incontrava era “Giogausu a birigliasa?” (giochiamo alle biglie?) O più semplicemente “Giogausu?”

Per lo più si giocava  per strada, in diversi modi; ma la regola d’oro era colpire la biglia dell’avversario, per poterla catturare e farla propria; si caricava il pollice con il dito medio, ritraendolo all’indietro, e si colpiva la nostra  biglia con il piatto dell’unghia perpendicolare, cercando di centrare la biglia dell’avversario.

Erano di tanti colori. Splendenti e variopinte, inizialmente erano “birigliasa” (cioè “biglie” e niente più!

Poi vennero le “ciurrullinasa”, microbiglie altrettanto, se non più affascinanti delle biglie di formato standard, e “is coccusu” (i biglioni in formato gigante); c’erano “is coccusu de dexi” che costavano, per l’appunto, dieci lire; e “is coccusu de binti”, dal costo di venti lire.

Se mi offrissero una stanza da riempire con i colori che preferisco, non sceglierei diamanti, smeraldi e rubini, che attirerebbero ladri ed invidie; chiederei che la stanza fosse riempita di biglie di vetro colorate; le terrei lì, al sicuro, per rinfrescare, con la loro vista, i ricordi lontani e felici di un’infanzia povera di cose materiali ma ricca di fantasia e di libertà.


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