le bisbetiche non domate (niente a che fare con liz taylor)
Creato il 27 ottobre 2011 da Aa
le case editrici possono essere luoghi molto tristi. non esiste una vera differenza di clima tra specializzazione e specializzazione: capita di avvertire tristezza e ansia in una casa editrice d’arte, ma anche in una di narrativa e varia. due ambiti in cui il contenuto dovrebbe diversamente deliziare, presieduti invece in larga parte da individui di cultura mediocre che privilegiano l’aspetto tecnico e cronologico della produzione (è anche vero che, poveracci, in un certo qual senso vi sono obbligati: tuttavia esiste una grazia che si può profondere anche nell’esercizio della funzione più mediocre), funzionali all’editore poiché di fatto trainano il carrozzone al costo ridottissimo di uno stipendio ridicolo. non funzionali, però, né alla qualità dei libri né all’armonia dei rapporti. trattasi sovente di gente priva di qualsivoglia senso dell’umorismo, che crede fermamente nel dramma e in un costante pathos. duole dirlo, l’amplissima maggioranza è costituita da signore. donne che confermano, in quel particolare ruolo di “coordinamento” delle attività editoriali (nell’ambito del quale non possono decidere nulla) il loro supposto destino biologico di cura. come custodi zelanti dell’ordine domestico controllano tempi, consegna di materiali, fissano date di scadenza, presiedono la dispensa per vedere quel che c’è e quel che manca. sono le badanti degli autori, degli editor e dei maschi che le circondano, che si guardano bene dal ricondurre alle proprie responsabilità: fanno loro, fanno tutto. il risultato è un clima irrespirabile, un puzzo di sante martiri o bisbetiche, a seconda della conformazione delle varie personalità. tutto ciò è uno spreco immenso: è l’incredibile paradosso di avere a che fare, tutti i giorni, con testi (di alto o basso valore), immagini (di diversa bellezza), questioni di struttura e di fattura dei volumi da affrontare, autori (molti con molto da insegnare) e non imparare nulla.
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