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Le borse in ripresa. Tutto merito di Silvio? No, di Yoshihico Noda

Creato il 04 agosto 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Le borse in ripresa. Tutto merito di Silvio? No, di Yoshihico NodaA volte Silvio fa bene a parlare di crisi economica planetaria ma, se non lo facesse per trovare un alibi (solido) alla sua assoluta incapacità di governo, potremmo quasi dire che ci azzecca. Però poi, in altre occasioni, un fatto apparentemente lontano dall’Italia, e riconducibile ai meccanismi perversi della globalizzazione economica, gli salva miracolosamente il culo. E tanto è accaduto questa notte. Quando tutti si aspettavano un’apertura delle Borse con un preoccupante segno negativo davanti, all’improvviso, dall’altra parte dell’Oceano, un signore che si chiama Yoshihico Noda, e che di mestiere fa il ministro dell’economia giapponese, decide di porre un freno alla salita dello yen che rallenta di fatto, come anche Giulietto nostro sa, l’export made in Japan. Lo “stop” allo yen si porta appresso, come logica vuole, un balzo in avanti del dollaro e dell’euro, con la conseguenza che, soprattutto i titoli bancari, ne hanno tratto un indiscusso, indiscutibile e immediato beneficio. L’apertura della Borsa di Milano di questa mattina, con un +1,81 per cento (ridotto a +1,09 in un battito d’ali) attesta infatti che sono saliti tutti i titoli bancari e scesi (o stazionari) gli altri, Eni e Parmalat in testa che notoriamente non vendono denaro ma petrolio, metano, latte e panna. Questa noiosissima premessa la riteniamo necessaria perché se a qualcuno venisse in mente che il discorso alto e forte di Silvio abbia portato dei giovamenti al "sistema Italia", forse è meglio che vada a rileggersi un testo qualsiasi di economia tralasciando la politica che non c’entra proprio una mazza di niente. A volte lo “stellone” che protegge Berlusconi si manifesta anche sotto le spoglie del ministro dell’economia giapponese e questo non vuol dire che Silvio è diventato improvvisamente un grande statista, ma solo che ha un gran culo. Il discorso di ieri alle Camere è stato paro paro come lo avevamo immaginato. “La crisi c’è”: ha impiegato quasi tre anni a capirlo ma va bene. “Il sistema economico italiano è forte”: poco prima Sergio Marchionne da Traverse City nel Michigan, aveva detto," E' necessario avere una leadership più forte che ridia credibilità al paese". “Il risparmio delle famiglie italiane è solido”: non è un caso che mai come in questo periodo proliferino le finanziarie per prestiti personali e personalizzati. “Il governo tiene”: fino a quando i parlamentari non daranno ovviamente l’autorizzazione all’arresto di qualche componente. “L’opposizione ci dia l‘appoggio in un momento segnato dal destino”: e in men che non si dica Silvio fa approvare dalla sua maggioranza, il “processo lungo” ad personam. A fronte di una serie ininterrotta di puttanate, pressappochismi e iniziative ad usum, solo Pierfy Casini si è detto disponibile a dare una mano. Non ci voleva molto a capire chi sarebbe stato il Giuda della situazione anche perché, con la scusa della governabilità e sotto l’ombrello dello strattonamento coordinato e continuativo del Presidente della Repubblica, Casini passeggia indifferentemente da destra a sinistra e ritorno senza più alcun pudore: il classico “uomo senza qualità” se non offendessimo quel genio che si chiamava Robert Musil. Ieri, alla Camera dei deputati, abbiamo visto un Bersani insolito. Molto teso. Nervoso. Non molto presente a se stesso e con una rabbia dentro che a malapena è riuscito a simulare. C’è un passaggio che la dice lunga sullo stato attuale del Pd, ed è quello del richiamo fatto dal segretario “sulla distanza siderale che ormai separa la gente dalla politica”. Preso atto che chi vota Berlusconi della politica non ha manco l’idea di cosa sia, la frase di Bersani è stata forse la conseguenza delle pesanti contestazioni di cui è vittima colpevole il suo partito da qualche mese, ed esplosa (ne siamo stati testimoni diretti) a Fermo, nelle Marche, alla festa del Fatto Quotidiano nei confronti del senatore Nicola Latorre. Nel Pd serpeggia ormai da tempo un nervosismo che i suoi dirigenti non riescono più a mantenere nei limiti della ragionevolezza e del tentativo di capire “perché” la base gli si sta rivoltando contro. Anche ieri, gli unici a chiedere a Berlusconi di andarsene sono stati Bersani e un Di Pietro chiaramente ubriaco, ma alla base del partito, ai militanti, questo non basta perché poi si insegue l’Udc sul terreno del “mettiamoci insieme per far fuori Silvio” e poco più. Le difficoltà sono altre, e ci viene il sospetto che anche Casini ci legga visto che sono mesi che andiamo dicendo che il problema di questo paese non è Silvio Berlusconi di persona personalmente ma il berlusconismo, i problemi sono gli Alfano, i Romano, gli Scilipoti, i Reguzzoni, i Bossi, le Gelmini, le Minetti e le Santanchè e tutti quelli che di berlusconismo si sono nutriti e continuano a farlo ignorando la deriva del paese per portare avanti il loto tornaconto personale. E se lo ha capito Casini, furbo di quattro cotte ma niente affatto intelligente, quanto diavolo impiegheranno Bersani e il Pd in cui milita il più intelligente di tutti e cioè Massimo D’Alema? Con Bersani siamo d’accordo su altri due punti. Il primo è che Silvio vive su Marte o su un altro pianeta non meglio identificato. Il secondo è che smettiamola di definire Tremonti come un supereroe. Per noi non lo è mai stato, per D’Alema però sì considerato che lo avrebbe visto volentieri al posto del presidente del consiglio attuale. Ma ieri, SuperGiulio è tremontato definitivamente. Messo in un angolo, “commissariato” sullo sblocco dei 7 miliardi di euro per il Sud deciso in mattinata (ma guarda la coincidenza) dal Cipe presieduto da Berlusconi se medesimo, dossierato come un Boffo qualsiasi, bastonato dai colleghi del Pdl, emarginato a lungo dalla stessa Lega, a Giulio non resta che ritirarsi a vita privata e iniziare a costruire ospedali per i bambini malati. Ma forse quello era Silvio anche se per entrambi, il capo progettista sarebbe sempre Don Verzè.

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