Passo accanto a un negozio d'abbigliamento in un centro commerciale e mentre la commessa sta servendo clienti in uno spazio ristretto, ma ben organizzato, mi colpiscono due braccia con le mani affusolate e le unghie laccate di un manichino - evidentemente di sesso femminile - per terra, una a fianco all'altra, vicino a un appendiabiti. Le guardo tristemente, e il mio sguardo viene colto dal mio accompagnatore.
Continuando a camminare lo prendo sottobraccio e lui mi sorride affettuosamente.
"Dici che è tanto stupido che mi dispiaccia per quel manichino? Che mi tocchi tanto che quelle braccia siano lì, buttate per terra, come inanimate?".
"No, ma non te la devi prendere se non tutti sentono le cose come te".
"Perché non me la dovrei prendere? Come si può vivere senza questo modo di sentire le cose?".
"Non tutti le sentono, e anche chi le sente può non dare loro importanza e vedere altro come prioritario".
"Cosa c'è di prioritario rispetto al sentire le cose così?".
"Ognuno ha le sue priorità - i soldi, la carriera, i propri desideri, le proprie mete, qualsiasi altra cosa - e se ha questi altri obiettivi non sente neanche che gli manca questa sensibilità. Semplicemente non fa parte della sua esperienza. Non te la devi prendere".
"Invece io me la prendo, ma ora mi sa che nel farlo sto sbagliando tutto. La mia volontà di convincere tutti a 'sentire' le cose così mi sembra sempre più un atto di arroganza da parte mia".
"No, non sei arrogante. E' che ti ci tirano dentro per i capelli. Quando incontri qualcuno che ancora non ha deciso cosa sia prioritario nella sua vita, tu gli fai vedere ciò che senti tu, e ti dispiace se poi torna a non sentire nulla perché non ha avuto il coraggio di seguirti e continui a vederlo comunque irrisolto e infelice nelle priorità che a un certo punto s'è scelto. Ed è lì che ti arrabbi. Ma non è arroganza - è amore, ed è disperazione".
Sarà, ma io ora 'sento' che questa mia è sempre più una forma d'arroganza...