Le Cazzate Che Dici a Te Stesso Per Non Dare Soldi a Chi Fa l’Elemosina

Creato il 19 dicembre 2013 da Angelozinna

Io non do soldi ai mendicanti. Non do soldi a chi fa l’elemosina o a chi mi ferma per strada allungando la mano. Non do spiccioli ai bambini che mi tirano per la maglietta o alle persone a cui manca una gamba. Quasi mai. Perché? Perché sono tirchio. Perché sono egoista. Perché ho lavorato tanto per i pochi soldi che ho in tasca e non mi va di “buttarli via”. Perché voglio comprare cose, circondarmi di oggetti che non mi servono. Perché è normale, non lo fa nessuno, e se non lo fa nessuno non ci si sente poi tanto in colpa.

Oggi il giochino si è rotto. Fino ad adesso era semplice: arrivava un mendicante, si abbassava lo sguardo sul cellulare, sul libro, fuori dal finestrino del treno. E scompariva, non c’era più. Bastava girarsi e il fastidio era annullato, immediatamente e indolore. Bastava non incrociare lo sguardo con chi tendeva la mano, tagliare fuori dal proprio quadro visivo quella persona sporca, proseguire in linea retta il proprio cammino ed era come se il problema non fosse mai esistito. Oggi il giochino si è rotto perché sono arrivato in India. E qui non si scappa. Ti giri per evitare la madre che con il figlio ti chiede soldi per il latte e ti trovi davanti ad un vecchio senza un’occhio. Sorpassi l’uomo che non può camminare senza fermarti e vieni rincorso da un paio di bambini che ti si appendono alle braccia. È così, un giorno sì e l’altro pure.

Ti trovi davanti ad una realtà che non è diversa da quella di casa tua: ci sono persone che hanno bisogno, ci sono persone che potresti aiutare, ci sono persone che non stai aiutando. E che ti danno anche un po’ noia. Insistono, puzzano. Ovunque è così, ma qui ti viene ricordato più spesso. Così spesso che cominci a farti qualche domanda. Cominci a chiederti perché effettivamente tu non stia dando quei cinquanta centesimi che hai in tasca a queste persone, che per loro sono un pasto e a te non cambiano nulla. Cominci a chiederti quale sia il miglior modo di muoversi, di agire. E di solito ti rispondi così:

Non do soldi ai bambini perché ho visto Slumdog Millionaire e probabilmente c’è qualcuno dietro che li manda a fare l’elemosina per poi riscuotere. Probabilmente. Tu che funzioni così o meno non lo sai. Hai visto un film. Avevi in mano i pop-corn. Avere un motivo per non dare però fa sentire molto meglio. Si sta facendo la cosa giusta e non importa alzare un dito. Basterebbe comprargli qualcosa da mangiare invece che dare dei soldi. Ma che fatica.

Non do soldi perché tanto li spenderà in droga o alcol. E allora? Senza soldi non avrà mai la possibilità di uscire dalla sua condizione, dando qualcosa si regala un’opportunità, non certo un salvagente. Se chi riceve riuscirà poi a sfruttarla è indipendente dal fatto che dare sia un gesto positivo. Dare un contributo non include il tuo giudizio sul suo uso.

Non do soldi perché non voglio creare un sistema di carità. Avere paura che chi è bisognoso si abitui a vedersi cadere soldi dal cielo, e quindi non si impegni per imparare a guadagnarsi da vivere da solo, avrebbe un senso se tutti contribuissero. Ma non funziona così. Nessuno dà niente e nessuno si aspetta niente. Dare qualche spicciolo non crea una dipendenza.

Non do soldi perché non cambia niente. È vero, con un euro non cambia niente. Non cambia niente a te. Perché chi vive per strada vive alla giornata e l’unico obiettivo è arrivare alla fine di essa. Un pasto può essere tutto quello che serve. E se tutti dessero qualcosa basterebbero centesimi.

Non posso mica dare soldi a tutti quelli che vengono a chiedere, altrimenti non mi rimarrebbe niente in tasca. È vero. Non è possibile aiutare tutti. Ma aiutare qualcuno sì, e pretendere che sia meglio non dare niente nessuno solo perché non si può dare qualcosa a tutti è stupido. Fare qualcosa è sempre meglio che non fare niente.

Non sta a me prendermi cura dei più poveri, dovrebbero esserci le istituzioni a dare assistenza. Oppure, una simile, non mando i due euro ai terremotati perché lo Stato poteva prevedere/doveva anticipare il disastro/salvare chi è stato colpito. Bene, non è successo. Lo Stato non c’è. Indietro non si può tornare. Ieri è passato. Ora la decisione da prendere è dare una mano oppure no. E tu hai scelto di no per un principio che serve solo a te per stare dalla parte del giusto.

Non ho abbastanza soldi per me, non posso darli agli altri. Se non ce l’hai non li dai, non c’è un obbligo. E anche se preferisci comprare un iPhone piuttosto che dare soldi in beneficenza è giusto, va bene. Ma se gli spiccioli che ti sono rimasti in fondo alla tasca non li metti nel parchimetro allora puoi darli a qualcuno a cui servono più di te.

Do quando posso. Da leggersi do venti centesimi una volta al mese così sento di essere dalla parte dei buoni.

Se alcuni dubbi possono essere legittimi (“dove andranno a finire i miei soldi?“), le scuse non lo sono. Perché dover giustificare le proprie azioni è il segno più chiaro che ci sarebbe un modo migliore di muoversi. Si potrebbe fare meglio? Sempre. È questo un motivo per non fare niente? No. Ad ammettere di essere un egoista non ci è voluto molto, ma evitare la domanda ogni volta che questa si poneva nella forma di un mendicante è stato fino ad oggi più facile. Come mi comporterò alla prossima mano tesa? Non lo so. Ma ci penserò due volte.


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