Le città dell’Uomo d’acciaio

Creato il 27 dicembre 2013 da Lospaziobianco.it @lospaziobianco
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Nelle origini del fumetto supereroistico americano è più che evidente lo stretto rapporto, narrativo e simbolico, tra i caratteri identitari dei protagonisti e quelli dello spazio urbano in cui essi si muovono. In generale, in testate dal taglio fortemente popolare e adolescenziale come Superman di Jerry Siegel e Joe Shuster (1938) o Batman di Bob Kane e Bill Finger (1939) (1), la città fa da quinta, da sfondo alle storie, e nel suo essere realtà inventata e fittizia assolve anche al compito di essere una sorta di emanazione delle caratteristiche del protagonista della serie: monumentale e solare, Metropolis è la città dell’Uomo d’acciaio, mentre, gotica e oscura, Gotham City è la città dell’Uomo pipistrello.
Questo discorso vale, però solo come giudizio di grande sintesi e, rispetto a questo premessa, è utile compiere un breve viaggio, nella realtà lungo pressoché settanta anni, all’interno delle trasformazioni che hanno caratterizzato le città di Superman, per comprendere meglio come l’assunto sintetico iniziale si sia modificato ed evoluto.

Prima di Metropolis, emblema ed esaltazione della città americana, è il paesaggio “urbano” di Krypton che nel 1938 Shuster tratteggia in un’unica vignetta. Con un segno più evocativo che descrittivo l’artista mostra la distruzione del pianeta madre di Kal-El, fatto di grattacieli, che una provvidenziale didascalia nasconde, e uno sfondo composto da altri edifici inclinati e monolitici, sicuramente ispiratori delle future prospettive inclinate e monumentali della Fortezza della Solitudine del Superman cinematografico di Richard Donner. Le altezze spropositate e la grande strada sopraelevata fanno riferimento a un immaginario collettivo che vedeva il futuro raffigurato nelle prospettive ardite di architetti visionari come Antonio Sant’Elia e negli esotismi del grande affresco del Flash Gordon di Alex Raymond.
Qualche vignetta più avanti vediamo Superman letteralmente saltellare (all’inizio il nostro eroe non volava) tra sobborghi di ville di campagna e una città ancora senza nome, dove le architetture riconoscibili sono alti grattacieli che svettano su strade percorse da auto e tram, tutti definiti da pochi ed essenziali tratti, scelti appunto per suggerire la grande scala urbana. È la caratterizzazione di automobili e treni a parlarci dell’epoca della streamline, della forma aerodinamica, il fenomeno più importante nella storia dell’industrial design americano che, appunto in quegli anni cominciava a caratterizzare i mezzi, i prodotti e gli edifici di una società che voleva uscire dalla Grande Depressione.

Facendo un salto (anche noi) di qualche decennio, ritroviamo Superman nel 1952, in un episodio che segnò la storia dei comics: il primo incontro tra l’Uomo d’acciaio e Batman. La storia La squadra più potente del mondo è illustrata da un’autentica leggenda, Curt Swan, artista cui si deve la caratterizzazione classica di Superman. Edmond Hamilton, lo sceneggiatore, capisce benissimo che se i due giganti s’incontrano, prima di tutto sarà necessario un confronto tra le loro città simbolo: così, nella seconda tavola vediamo Batman ripreso nel pieno dell’azione, mentre con Robin sta catturando un ricercato. L’azione si svolge sui tetti di un palazzo che di sfondo e in lontananza ha gli alti e minacciosi grattacieli di Gotham City, immersi nell’oscurità, opprimenti e misteriosi. Nella stessa tavola, a tre vignette di distanza ritroviamo Superman, anch’egli immerso in una scena urbana, quella di Metropolis, ma qui tutto è diverso: il nostro eroe è intento a trasportare un grosso scheletro di dinosauro all’interno della sala del museo che ha appena scoperchiato con le sue mani.

Quello che stiamo guardando non è un semplice supereroe, è una divinità distante dai problemi terreni, che gioca con i grattacieli squadrati di ferro e vetro della città come fossero giocattoli. Il punto di vista scelto da Swan per l’inquadratura è dall’alto, lo sguardo è quello di un dio, che domina e controlla tutto. Ancora, in questa storia, pur essendo Metropolis e Gotham City due grandi città, notiamo come sia Bruce Wayne sia Clark Kent s’imbarchino per una crociera al medesimo porto. Forse la “vicinanza” delle due città ha portato a un’organizzazione urbanistica in cui entrambe usufruiscono delle stesse grandi infrastrutture portuali.

A distanza di cinquant’anni dal numero 1 di Action Comics, guglie esotiche e svettanti, grattacieli futuribili e strade sopraelevate su più livelli sono quelli che ritroviamo nella storia Per l’uomo che aveva tutto (1985), scritta da Alan Moore e disegnata da Dave Gibbons, dove, grazie all’espediente narrativo di una pianta capace di irretire le sue vittime esaudendo i loro più profondi desideri, conosciamo finalmente quello che Superman ha sempre agognato: vivere ancora su Krypton, avere una famiglia e dei figli. Rispetto ai disegni di Joe Shuster, qui la visione di una città avveniristica è perfettamente concreta e realizzata su larga scala – in particolare i blocchi residenziali, squadrati e con i tetti a padiglione, riecheggiano di elementi neo-razionalisti – fin nei dettagli di una realtà urbana colpita dalla violenza e dal degrado sociale. Solo grazie alla sua forza di volontà Superman riesce a liberarsi dalla prigionia mentale della pianta, rinunciando però con estremo dolore al sogno della sua felicità.

Concludiamo il nostro viaggio con una storia del 2001, Cosa c’è di sbagliato nella verità, nella giustizia e nel sogno americano?, scritta da Joe Kelly e disegnata da Doug Mahnke. Qui un Superman ringiovanito nell’aspetto si ritrova a difendere i suoi più autentici valori, che rischiano di sembrare, rispetto alla dura realtà contemporanea, paradossalmente antiquati. La battaglia contro nuovi e spregiudicati “eroi”, violenti e senza scrupoli, inizia in una Metropolis ipertrofica, in cui allo spazio reale degli scontri del passato tra l’Uomo d’acciaio e i suoi acerrimi nemici, si sostituisce adesso lo spazio mediatico, del web e delle televisioni, attraverso le quali ogni cittadino è testimone oculare degli avvenimenti. L’era dell’information tecnology, di YouTube e dei social network sta cambiando il nostro spazio sociale, l’organizzazione delle nostre relazioni con la città e con gli altri cittadini e così anche lo spazio urbano fittizio del fumetto rivede le sue regole. Nello scontro finale Superman vincerà sui suoi nemici, imponendo la sua filosofia di giustizia, ma lo farà davanti alle telecamere che trasmettono la battaglia in tutto il mondo a milioni di cittadini riuniti davanti a schermi giganti.

Si possono tirare le fila della trattazione appena conclusa? La nostra carrellata tra le storie del figlio di Krypton, arbitraria e strumentale per quanto si voglia (altri avrebbero scelto sicuramente esempi e storie differenti), racconta comunque in maniera abbastanza chiara che l’assunto iniziale, quello che vede la caratterizzazione delle città di Superman come diretta emanazione dello spirito del personaggio è verificabile con riscontri positivi fino ad una certa epoca, ma non regge fino alla fine: Superman ha perso le sue certezze da eroe tutto d’un pezzo perché la “sua” città è un luogo meno amichevole che in passato. Il mondo urbano contemporaneo è diventato più piccolo ma più complesso, con regole che il nostro eroe deve adesso riscoprire, reinventandosi continuamente. Come tutti noi.

Note

  1. Superman fu pubblicato sul numero 1 di Action Comics edito dalla casa editrice National (oggi DC Comics) il 10 Giugno 1938. In Italia è stato pubblicato per la prima volta nel Luglio del 1939 sugli Albi dell’audacia col nome di Ciclone, l’Uomo d’acciaio. Batman esordisce sul numero 27 di Detective Comics del maggio 1939 sempre pubblicato dalla National [↩]
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