Ti rialzi e ricadi
quasi fantoccio
nella neve farinosa
del gelido inverno.
Eppure resti “uomo”.
Sei corpo.
Sei carne.
Sei nervi.
Sei cuore.
Sei sogni.
Le mani intorpidite.
I piedi congelati.
E un probabile sorriso
smarrito sulle labbra
che diresti smorfia.
Cerchi un giaciglio.
per poggiare il capo
quando dalla folla
che ti passa accanto
improvvisa giunge
una voce fuori campo
che diretta grida
forse anche per te :
“Dominus tecum”.
E la stella “birichina”
lassù in alto
lontana e vicina
ti fa l’occhiolino.
Intensità gioiosa.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
(ndr.)In alto l'immagine di "L'homme qui marche" dello scultore Giacometti.