Le Coincidenze 'non casuali' del Prof. Nicola Michele Campanozzi

Creato il 22 aprile 2010 da Simonetta Frongia
Immagine di Costantino Contini "Sincronismo 300"
Chi é Nicola Michele Campanozzi?
è nato a San Paolo di Civitate (FG) il 4.10.1941 e risiede a San Severo (FG), dove esercita la professione di psicologo. Laureato in Teologia, Filosofia e Psicologia Clinica e specializzato in Ipnositerapia, Psicanalisi e Psicoterapia , è scrittore e giornalista. Ha insegnato presso varie Università discipline psicologiche (Roma "La Sapienza", Ancona, Foggia) e attualmente è Preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia presso la Libera Università Cattolica Internazionale "Padre Pio". Al suo attivo possiede oltre 800 pubblicazioni uscite su riviste scientifiche e periodici.
Il parlare di coincidenze e soprattutto di quelle non casuali è sempre stato lasciato ai margini di un discorso serio e approfondito. Quasi tutte le volte si è sottolineato il ruolo della "fortuna" o "sfortuna", come fossero dee bendate, si è detto che si tratta di "occasioni" e di "opportunità", cioè alla fin fine di coincidenze meramente casuali. A un'analisi più attenta dei fatti, invece, non è sempre così. Solo la vigile osservazione, un'intelligenza non distratta e la capacità di leggere i collegamenti apparentemente invisibili fra gli eventi possono dirci qualcosa o darci un'informazione più completa sullarealtà e conseguentemente sul significato vivere.Per comprendere bene questo dinamismo occorre precisare alcuni concetti: la coincidenza, la casualità, la non casualità, il significato ultimo delle coincidenze non casuali. Alla fine riporterò alcuni esempi concreti, traendoli dalla storia e anche dalla quotidiana esperienza di ciascuno.

Talora si verificano eventi, incontri, letture che possono determinare una svolta nella propria esistenza o in quella degli altri. All'apparenza sembrano casualità, ma in realtà non lo sono, perché si tratta di quello o di un qualcosa che l'individuo "in quel particolare momento" andava proprio cercando: è come una risposta che si presenta spontanea dinanzi a una domanda più o meno conscia. E questa genera un ripensamento, un cambiamento, una soluzione, anzi "la soluzione" a un groviglio di interrogativi che magari da tempo attraversavano la mente di una persona. Questa, appunto, è la coincidenza non casuale. Come fare a riconoscerla e da chi e da che cosa è prodotta? Tenterò ora di prospettare alcune ipotesi di spiegazione.Come riconoscerla? Il metodo per distinguere se una coincidenza è casuale o meno è quello di partire dalla situazione concreta nella quale ci si trova. Se questa è di "turbolenza" sia teorica che operativa allora vuol dire che alla struttura manca qualcosa,altrimenti tutto sarebbe armonico e tranquillo. Questo qualcosa, come si dice, è l'occasione che ci voleva perché il tutto si ricomponesse in unità comprensibile e quindi psicologicamente riequilibrante: tale "occasione", allora, non può essere casuale, perché è proprio "quella necessaria" richiesta dalla situazione e non altra. Ovviamente per afferrare bene questa dinamica occorre che l'attenzione del soggetto sia vigile, impari a selezionare e a distinguere e soprattutto apprenda "l'arte del riconoscere"anche i dettagli, cioè deve porsi su un piano superiore della conoscenza che è quella della lettura dell'insieme. Purtroppo non tutti arrivano a questa, perciò tante "coincidenze" potenzialmente utili e favorevoli vengono spesso scioccamente sprecate, lasciando così lo stato di turbolenza nello stadio primitivo. Mistero dell'intelligenza, ma anche dell'ignoranza umana!Da chi e da cosa sono prodotte? Con certezza matematica qui nessuno può dirlo. Si possono azzardare solo delle ipotesi. Le principali mi sembra possano essere ricondotte alle seguenti:- Se una singolarità si verifica con frequenza, dobbiamo parlare di regola generale. Di quale natura essa sia è difficile da definire. Certo è che è come un filo al quale è appesa la nostra vita. A volte è come se vi fosse una assistenza nascosta e superioreche regola l'umana esistenza: una regia occulta, a noi ignotta e incomprensibile, che guida l' orologio del vivere. Non sarà, forse, una spiegazione, ma almeno è un'ipotesida non scartare né da sottovalutare. Naturalmente rimarrebbe sempre da indagare sulla natura e identità dell'Orologiaio.- Recentemente una fortunata serie cinematografica ha suggerito una idea suggestiva, quella, cioè, che tutti noi vivremmo all'interno di un superprogramma dentro il quale ogni singola nostra azione, persino ogni singolo nostro pensiero, possa essere stato preventivamente impostato. Qualcuno ha curiosamente ipotizzato che l'uomo sia poi sfuggito al controllo dei programmatori, divenendo il virus temibile e non recuperabile all'interno di quel sistema. Questa ipotesi può essere vera, per esempio, a proposito del tempo, per il quale il superprogramma lo abbiamo impostato, progettato e diffusonoi stessi, o meglio le nostre masse di energia sparse o concentrate; ma il punto fondamentale del programma, quello che gli fornisce un fascino irresistibile è dato dall'aver introdotto nel meccanismo della natura un fattore sorprendentemente dinamico e ribelle, posto nella stessa difficoltà ad orientarsi nella sua nuova condizione, ma dotato anche di una forte e formidabile capacità autonoma di svilupparsi, di andare oltre, di superare i suoi limiti.. Nel Medio Evo vi erano convinzioni sotto certi aspetti molto discutibili, ma allora la vita era anche altro e le menti di alcune grandi personalità potevano salire verso vette che nessun super-computer potrà mai raggiungere. Nessuno ha mai capito veramente e, forse, potrà neanche mai capire, quali cose abbiano visto e capito quei cervelli: se si assomigliarono, ciò vuol dire che erano sulla stessa lunghezza d'onda, che produsse la fecondità dalla stessa ricerca e i relativi medesimi risultati- La terza ipotesi è quella che si rifà alla sincronicità di C. Jung e di W. Pauli.La sincronicità è un termine introdotto da C. Jung nel 1950 per descrivere una connessione fra eventi, psichici o oggettivi, che avvengono in modo sincrono, cioè nello stesso tempo, e tra i quali non vi è una relazione di causa-effetto, ma una evidente comunanza di significato. La sincronicità è relativa quindi alle "coincidenze significative". Fenomeni di "coincidenze significative" avevano da sempre affascinato Jung. Già nel 1916, a pochi anni di distanza dalla sua defezione dal gruppo degli psicoanalisti fedeli a Sigmund Freud, scriveva dell'opportunità di affiancare al principio di causalità quello finalistico: " La causalità è solo un principio, e la psicologia non può venir esaurita soltanto con metodi causali, perché lo spirito (la psiche) vive ugualmente di fini". Tali prime formulazioni di Jung sulla questione della sincronicità vennero in seguitoapprofondite attraverso il contatto con il pensiero filosofico orientale, oltre che con lariflessione su sorprendenti avvenimenti della sua stessa vita, sfuggenti ad ogni interpretazione razionale. Jung distingue la sincronicità vera e propria dal mero "sincronismo" degli eventi che accadono simultaneamente, ma senza alcuna connessione di significato. La vita di tutti i giorni ci propone spesso il tipo comune disincronicità. Per esempio: pensiamo ad un amico, e lui improvvisamente ci telefona. Tuttavia accanto a queste ci sono anche misteriose sincronicità precognitive e chiaroveggenti. Nella ricerca si affiancò a Jung lo scienziato Premio Nobel W. Pauli.Negli anni Trenta del Novecento la fisica fu scossa e rivoluzionata da nuove idee. Il Principio di indeterminazione di Heisenberg postulava l'impossibilità di una conoscenza perfetta delle quantità fisiche inerenti a un oggetto. Fino ad allora si concepiva cheesistessero dei limiti pratici, dovuti alla naturale imprecisione degli strumenti di misura, ma Werner Karl Heisenberg postulava un principio ideale. L'ipotesi era talmente rivoluzionaria ed inaccettabile da far pronunciare ad Albert Einstein la famosa affermazione che "Le nostre prospettive scientifiche sono ormai agli antipodi fra loro. Tu ritieni che Dio giochi a dadi con il mondo: io credo invece che tutto obbedisca ad una legge, in un mondo di realtà obiettive, che cerco di afferrare per via totalmente speculativa. Lo credo fermamente, ma spero che qualcuno scopra una strada più realistica o meglio un fondamento più tangibile di quanto non abbia saputo fare io. Nemmeno il grande successo iniziale della teoria dei quanti riesce a convincermi che alla base di tutto vi sia la casualità, anche se so bene che i colleghi più giovani considerano questo atteggiamento come un effetto di arteriosclerosi. Un giorno si saprà quale diquesti due atteggiamenti istintivi sarà stato quello giusto."Nella elaborazione epistemologica e teoretica successiva si è evidenziato che esisteun ambito, estremamente piccolo, indicativo della dimensione di una particella elementare, in cui non sono valide le leggi della fisica classica, tale da far venir meno ilprincipio di causa-effetto, almeno in questo ambito piccolissimo. La casualità dei fenomeni radioattivi dipende da questo principio e consente idealmente di portare il paradosso della causalità dall'ambito infinitamente piccolo delle particelle a quellomacroscopico del nostro mondo. Erwin Schrödinger elaborò un esperimento ideale, il Paradosso del gatto di Schrödinger, che divenne famoso ben oltre l'ambito della ricerca fisica: un gatto posto in una scatola chiusa insieme a un atomo radioattivo fino a quando non si "decide" di aprire la scatola non si sa se è vivo o morto, quindi il tutto dipende da noi! Queste rivoluzioni scardinarono il mondo della scienza più rigorosa ediedero origine alla fisica quantistica.Alla fine del 1934 iniziò un interessante scambio epistolare da parte di Jung con il fisico futuro Premio Nobel Wolfgang Pauli e con Ernst Pascual Jordan, insigne fisico tedesco.Queste comunicazioni fra i tre scienziati testimoniano il fervore di Jung nell'indagine sul parallelismo tra fisica e psicologia del profondo e in particolare sulla relatività delle categorie di spazio e tempo. Alla fine del XX secolo, con lo svilupparsi delle teorie e delle formule matematiche legate alla teoria delle superstringhe e della possibilità di definire in termini matematicamente chiari l'universo conosciuto come multiverso, si sono sviluppate in alcuni studiosi nuovi filoni di indagine fisica e meta-fisica sulla sincronicità di particolari eventi non spiegabili in termini psicologici o fisici naturali, che sono stati catalogati come "fenomeni di isocronicità nello spazio degli eventi". Jungnon era nuovo alla tesi di un parallelismo tra scienza fisica e psicoanalisi: già nel 1928 in"Energetica psichica" aveva esaminato a fondo la contiguità tra fisica e psicologia postulando una stretta connessione tra la nozione di energia nell'uno e nell'altro ramo del sapere. Le ricerche che Jung, al proposito, condusse negli anni successivi, rafforzarono in lui e non smentirono questo suo postulato che egli da tempo aveva intuito. L'incontro tra Jung e Pauli generò il quarto escluso dalla triade della fisica classica (tempo, spazio e causalità): a questo quarto escluso è stato dato il nome di sincronicità. In analogia alla causalità che agisce in direzione della progressione del tempo e mette in relazione due fenomeni che accadono nello stesso spazio in tempi diversi, viene ipotizzata l'esistenza di un principio che stabilisce un legame fra due fenomeni che accadono nello stesso tempo ma in spazi diversi.Nel 1952 Jung e Pauli pubblicarono due saggi in un volume Naturerklärung und Psyche:: il saggio di Pauli applicava il concetto di archetipo alla costruzione delle teorie scientifiche di Keplero; il saggio di Jung era intitolato "Sincronicità come principio di nessi acausali", dove per la prima volta lo psicologo definisce la parola. A suo dire, si era limitato per venti anni fino allora ad accennarne solamente il concetto, perché riteneva di essere scientificamente impreparato. Nel saggio si tenta una analisi statistica di eventi acausali, ma senza grande successo. Lo stesso Jung è imbarazzato verso la comunità scientifica per l'indefinitezza del suo studio, ma tuttavia si sente pressato e giustificato dalle proprie esperienze personali che per lui sono da considerare evidenze empiriche, fenomenologie su cui lavorare con metodo scientifico. Nella prefazione al saggio dice: " [la sincronicità è ] ... un tentativo di porre i termini del problema in modo che, se non tutti, almeno molti dei suoi aspetti e rapporti diventino visibili e, almeno spero, si apra una strada verso una regione ancora oscura, ma di grande importanza per quanto riguarda la nostra concezione del mondo".Secondo questi due grandi pensatori, dunque, esisterebbe nell'universo una sorta di grande serbatoio nel quale andrebbero a confluire tutte le esperienze delle persone (inconscio collettivo) e che comunicherebbe con quello personale mediante i cosiddetti"archetipi", cioè un insieme di messaggi-simbolo che poi andrebbero decodificati per essere riferiti e applicati alla vita individuale. Tutto ciò emergerebbe nella fenomenologia dei sogni premonitori, nella telepatia, nella precognizione, nella chiaroveggenza, nelle coincidenze non casuali, ecc.Cosa dire a questo proposito? Io credo che una probabilità di tale genere ci sia e sia anche reale, perché spiegherebbe tanti fatti altrimenti incomprensibili. È vero che nessuno in questo campo, che attinge la soglia del mistero, può parlare sempre di certezza, però neanche lo scettico aprioristico rifiuto è ammissibile. Se un'ipotesi serve a rendere credibile un evento allora vuol dire che almeno qualche aspetto di essa andrebbe preso in seria considerazione. Con una simile modalità esplicativa le "coincidenze" potrebbero, quindi, essere non più solo tali, ma potenziali fonti di informazioni che vengono attinte e/o offerte da questo grande "comune invaso" allo scopo di comunicare un qualcosa di interessante alla vita della persona che ne è soggetto di esperienza diretta. Il "come" e il "perché così" ciò avvenga francamente sfuggono. Comunque la sincronicità resta un'ipotesi abbastanza apprezzabile.A questa, però, sono state rivolte alcune critiche. Nel 1950, quando per la prima volta, ebbe il coraggio di definire un concetto sul quale da anni rifletteva, Jung aveva 75 anni, era il caposcuola della corrente di psicologia analitica, aveva ricevuto riconoscimenti ed onori in tutto il mondo. Aveva comunque dovuto affrontare numerose critiche relativamente alle sue pubblicazioni, anche momenti e dissidianche estremamente duri, con Freud innanzitutto, e poi l'accusa di vicinanza al regime nazista. Questo è il contesto in cui vanno inquadrate le critiche al concetto di sincronicità. Secondo gli scettici il Principio di sincronicità è visto più comunemente come pseudoscientifico, tale è stato sicuramente utilizzato da altri dopo Jung, come se fosse un principio stabilito e provato.Una obiezione più attinente è sul fatto che le coincidenze significative non sono ben definite in modo da poter mettere alla prova, fare esperimenti, e verificare i risultati. Fino a che non si supera questo ostacolo il concetto è destinato a non entrare nella scienza ufficiale. Attualmente gli sviluppi di settori di avanguardia della fisica moderna, la meccanica quantistica, la nuova cosmologia, la Teoria del Caos, continuano a illuminare l'immaginazione con possibili concrete connessioni fra la fisica e la psiche e Jung ha il merito di aver gettato un ponte tra il mondo scientifico (la dimostrazione di teorie attraverso l'osservazione empirica e clinica) e il mondo dello spirito. Il fatto è che, essendo le coincidenze significative eventi relazionali liberi e non ripetibili,, come si può pretendere che esse siano essere assoggettabili alle leggi della scienza ufficiale per dirsi "vere"?



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