LE COLPE DEI PADRI di Alessandro Perissinotto

Creato il 15 luglio 2013 da Ilibri

                                          Titolo: Le colpe dei padri
Autore: Alessandro Perissinotto
Editore: Piemme
Anno: 2013

Il romanzo di Alessandro Perissinotto, finalista al premio Strega 2013, rappresenta una lettura interessante sotto diversi profili. Di uno di essi – quello psicologico – mi sono occupato in un precedente commento intitolato “La sindrome del doppio”.

Il protagonista, Guido Marchisio, infatti scopre in maniera del tutto casuale di avere un sosia (Ernesto Bolle: un fratello? Addirittura un gemello?) e questa consapevolezza lo sconvolge, mina il suo equilibrio, lo conduce a uno sgretolarsi progressivo di una vita che, almeno in apparenza, poteva dirsi ‘felice’.

L’AMNESIA

Sul piano personale, la vicenda muove da un buco nella memoria (“Abbiamo perso tutte le foto di quando eri piccolo …” “Ci è restata qualche fotografia scattata prima del 24 marzo 1975?”) di Guido Marchisio (“Di una parte della sua infanzia, lui non aveva ricordi, bensì ricordi di racconti…”) per approdare a una presa di coscienza che ha un effetto dirompente (“Ho sempre pensato all’amnesia come a una sorta di condotto otturato che, sboccandosi all’improvviso, può sommergerti come una valanga d’acqua”).

Perché se Guido è un dirigente spregiudicato e cinico (“La ristrutturazione progettata da Morani sarebbe stata firmata Marchisio. Da quel momento, egli stesso era sul mercato di quanto avessero bisogno di un ristrutturatore, mestiere per il quale, in mancanza di albi professionali, la fama contava più di ogni altra cosa”), il suo sosia Ernesto Bolle proviene dalla periferia di Torino (“Le poche vie di accesso alla Falchera sono come porte di un borgo fortificato … la Falchera, almeno nella parte più recente, non ha centro, è labirintica e il disegno delle sue strade, più che a un progetto, sembra obbedire ai capricci di un bambino con la matita in mano”) e, forse, è figlio di due brigatisti.

Naturale chiedere al protagonista, attraverso l’autore: “Stai reggendo la pressione?”

Il recupero della storia personale e del passato di Guido corrisponde, sul piano narrativo, al ripristino della storia di un’intera città: “l’immagine del bambino con gli occhi diversi che gioca in strada alla Falchera si impone di nuovo alla sua attenzione con la stessa forza di sempre, come se la pistola, i cassintegrati, i licenziamenti, la stessa Carlotta, non fossero che deviazioni rispetto a un percorso che deve, in ogni caso, essere condotto a termine”.

L’ANALISI SOCIO-STORICA DI UNA CITTA’

Sulla sfondo della storia di Guido Marchisio e di Ernesto Bolle e anche grazie ai flash-bulbs (“Sono ricordi cristallizzati nella memoria collettiva come scatti fotografici, come istantanee … quasi mai si tratta di episodi che abbiamo vissuto in prima persona …”), scorre la storia di Torino dagli anni sessanta ai giorni nostri.

Vengono evocate tappe e tensioni nelle relazioni industriali che hanno la Fiat come polo principale e che hanno il loro culmine negli attentati e nelle gambizzazioni degli anni di piombo.

Le evocazioni non sono semplici fotografie in bianco e nero: divengono rappresentazioni plastiche, nella profondità di una narrazione che si spinge nelle complessità dell’analisi sociale (“Il nonno operaio, il figlio perito, il nipote ingegnere: era questa, a Torino, l’evoluzione della specie”), magari per cogliere l’essenza di un periodo (quello degli anni sessanta e settanta) nel quale a tutto (sesso compreso) veniva attribuito un significato culturale o per descrivere le evoluzioni della vita in fabbrica, dalla catena di montaggio alle “isole” della produzione. Sino a giungere alla tragedia della crisi dei nostri giorni ove dalla scena collettiva – quasi un quadro di Peliza da Volpedo – dei licenziamenti di massa affiora la tragedia personale di una ragazza madre suicida.

Il romanzo è avvincente e nella storia dei personaggi si fondono in modo armonico le complessità di piani narrativi differenti. Lo stile è ricco e abbonda di riferimenti culturali: alla letteratura (il romanzo si chiude con uno splendido capitolo che è anche un tributo a Cesare Pavese), alla storia contemporanea e alla settima arte.

Bruno Elpis

  

  

  

  

 

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