Le conseguenze economiche di Mario Draghi

Creato il 17 giugno 2014 da Keynesblog @keynesblog

di Jan Toporowski*

Il presidente della BCE Mario Draghi ha annunciato il 5 giugno tre misure che dovrebbero rilanciare l’economia europea e invertire il declino dell’inflazione, ora appena lo 0,5% nella zona euro.

La Banca centrale europea ha portato il tasso di interesse sulle riserve depositate presso la Banca a -0,1% (in altre parole, alle banche commerciali sarà addebitato lo 0.1% sui depositi delle loro riserve presso la BCE), diventando la prima banca centrale importante ad imporre tassi di interesse negativi. Alle banche commerciali saranno offerti 400 miliardi di euro di credito, a condizione che esse li prestino alle imprese. Dovrebbe essere poi introdotto uno schema per rendere più semplice [alla BCE, ndr] comprare asset-backed securities (ndr: titoli aventi dei crediti a garanzia, si veda: http://www.borsaitaliana.it/notizie/sotto-la-lente/assetbackedsecurities.htm). Nel frattempo cesserà la sterilizzazione degli acquisti di titoli di Stato da parte della BCE (cioè, la BCE non venderà titoli a lungo termine per assorbire le riserve con cui paga i titoli di Stato). Queste misure hanno eccitato il mercato per un poco e l’Euro si è leggermente svalutato, dopodiché le cose si sono stabilizzate nuovamente.

Quali saranno le conseguenze di tali misure? Possono invertire la deflazione dell’economia europea? Siamo così abituati alla pretesa dei banchieri centrali e degli economisti monetari secondo cui la politica monetaria determina il ciclo economico che pochi ricordano oggi che la banca centrale non funziona all’interno del sistema di produzione e di scambio nell’economia. I governi possono farlo, perché tassano e spendono. Ma la banca centrale opera su bilanci bancari e influenza solo una gamma molto ristretta di costi di finanziamento dell’economia. Così l’effetto immediato delle misure rischia di essere limitato alle condizioni bancarie, piuttosto che coinvolgere l’economia in generale. Ci saranno ovviamente un sacco di aziende che saranno disposte ad attingere dalla pentola di 400 miliardi di prestiti a basso costo. Ma lo faranno più probabilmente per ripagare debiti più costosi, e tutto ciò che accadrà è che le aziende potranno rifinanziare il debito esistente a un costo inferiore.

Invece il tasso di interesse negativo sui depositi è una misura molto più radicale che mette in discussione la funzione stessa della banca centrale come banca di riserva per le banche commerciali. Se le banche commerciali vengono caricate di un costo per depositare le loro riserve presso la banca centrale, perché non dovrebbero mantenere i loro depositi di riserva presso un’altra banca in grado di offrire loro un tasso positivo di interesse? Le banche italiane, per esempio, pagaranno fino al 1,9% per i depositi, e anche le banche tedesche pagheranno lo 0,7%. Il passaggio a banche commerciali con funzione di riserva non sarebbe senza precedenti: prima che il Federal Reserve System fosse fondato negli Stati Uniti, era JP Morgan ad agire come banchiere di riserva per le grandi banche di New York. Le banche commerciali con riserve da depositare possono naturalmente considerare che le banche italiane hanno una grande quantità di crediti inesigibili in bilancio. Ma il sistema bancario italiano è troppo grande e troppo importante politicamente per essere ricapitalizzato a spese dei depositanti, come è successo a Cipro. In ogni caso, il rischio per la BCE è che le sue operazioni giornaliere sulle riserve vengano prese in carico da una banca commerciale, o un gruppo di banche, che può offrire alle altre banche commerciali un accordo migliore per i loro depositi.

L’effetto delle misure della BCE per l’economia in generale è comunque una questione diversa. Un eventuale effetto più di larga portata non dipende da nulla che la BCE possa fare all’interno del sistema finanziario, o da ciò che può accadere all’interno del sistema finanziario. La futura evoluzione dell’economia dipende da ciò che le grandi imprese europee faranno con il loro gruzzolo di liquidità. Questo è più o meno quadruplicato a quasi 7,3 miliardi di euro dal congelamento dei mercati finanziari nel 2008. Le cifre delle consistenze di cassa delle aziende americane sono ancora più sorprendenti. Le società americane detengono qualcosa come 2.000 miliardi di dollari in attività liquide.

Per come funzionano l’economia e il sistema finanziario, la controparte della liquidità trattenuta da queste aziende è l’indebitamento delle piccole e medie imprese, che lottano per mantenere il loro flusso di cassa prendendo in prestito. Se le maggiori aziende americane ed europee detengono liquidità, o la usano per comprare e vendere titoli, piuttosto che investire in impianti e macchinari, allora quasi sicuramente ci sarà una richiesta di ulteriori prestiti dalle piccole e medie imprese tramite il nuovo canale di prestiti della BCE. Ma questi prestiti non saranno impiegati per scopi produttivi, per acquistare nuove attività. Sarà solo per coprire il deficit di cassa causati dalla deflazione. A sua volta l’espansione del debito, senza una corrispondente crescita delle attività, metterà le basi per un’ulteriore deflazione, dato che un debito eccessivo scoraggia gli investimenti e amplia le sofferenze nei bilanci bancari.
Se invece queste imprese iniziassero a spendere la loro liquidità in investimenti di capitale fisso, allora la deflazione nell’economia europea potrà davvero invertirsi. Il boom risultante sarà ovviamente rivendicato come un successo delle politiche di austerità che hanno creato l’attuale deflazione e una vittoria per la BCE, così come l’osservazione empirica ci dice che andare a letto la sera fa sorgere il sole al mattino.

* Jan Toporowski è professore di Economia e Finanza presso la Scuola di Studi Orientali e Africani dell’Università di Londra. Ha lavorato nel settore bancario internazionale, nella gestione di fondi e presso banche centrali. Il suo libro più recente è Michał Kalecki, An Intellectual Biography Volume 1 – Rendezvous a Cambridge 1899-1939 pubblicato da Palgrave.


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