Le controversie dell’accordo di libero scambio tra India e Unione Europea

Creato il 22 giugno 2013 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR
Introduzione

L’accordo di libero scambio (ALS) tra India e Unione Europea è da molto tempo fermo alla fase di preparazione. In effetti, il governo indiano e quello tedesco si sono incontrati recentemente a Nuova Delhi per appianare le divergenze e assicurare che ci siano progressi verso il raggiungimento di un’intesa. Per contestualizzare, è ben noto come ci siano due blocchi al centro della scena politica ed economica globale, gli USA e l’Unione Europea insieme alla Cina, potenza asiatica in ascesa. Gli Stati Uniti hanno assunto il ruolo di controllore mondiale e detengono posizioni di forza in materie politiche e commerciali.

L’UE, al contrario, ha avuto un impatto maggiore per le sue iniziative strategiche di politica commerciale e per le sue politiche neo-protezionistiche. È stata ampiamente responsabile del fallimento e del lento progresso della serie di negoziati avvenuti durante il recente Doha Round. Tuttavia l’India ha cercato di mantenere buoni rapporti con l’UE, e le trattative in corso per firmare un accordo di libero scambio ne sono la prova. Questo legame commerciale sarebbe importante per l’India al fine di ottenere in qualche misura un accesso preferenziale ed esente da dazi nel mercato europeo.

L’accordo di libero scambio tra India e Unione Europea

Avendo stabilito relazioni diplomatiche nel 1963, il 2013 segna 50 anni di rapporti tra India e UE. Tuttavia, durante la maggior parte di questo periodo, le relazioni, seppur contraddistinte da rapporti cordiali, sono state largamente inconsistenti. Sono cresciute quantitativamente e qualitativamente solo negli anni ’90, con le politiche di liberalizzazione dell’India che hanno accelerato gli scambi. Unione Europea e India hanno rilasciato una dichiarazione diplomatica congiunta nel 1993 e firmato il primo accordo di cooperazione nel 1994. Da allora il commercio è cresciuto costantemente, e nel 2002 Nuova Delhi era il 15° partner commerciale dell’UE. Nel 2012 è arrivata all’ottavo posto, e, se si considerano tutti gli Stati membri aggregati, l’Unione Europea è il principale partner commerciale dell’India.

Durante il sesto vertice UE-India del 2005, è stata concordata una tabella di marcia per una partnership strategica nella forma di un piano d’azione comune, con l’impegno di riesaminare la sua attuazione ogni anno. Le aree che sono state rafforzate comprendono il commercio, la scienza e la tecnologia, in particolare quella spaziale e la biotecnologia, qualche aspetto della sicurezza (l’anti-terrorismo, la criminalità informatica, la pirateria), l’energia, lo sviluppo e alcune questioni riguardanti la creazione di istituzioni multilaterali, come la promozione della partecipazione a nuovi forum multilaterali.

Per far progredire ancora la situazione, l’Unione Europea ha commissionato una Valutazione dell’impatto sulla sostenibilità (VIS), che ha ipotizzato tre possibili scenari: un accordo di libero scambio limitato, uno esteso per profondità e uno esteso per ampiezza, che includa ulteriori armonizzazioni delle barriere non tariffarie. Utilizzando l’analisi computazionale di equilibrio generale (CEG), la relazione giunge alla conclusione che tutti gli scenari portano a guadagni in benessere maggiori della condizione di partenza sia per l’UE che per l’India, considerando il completamento dei negoziati del Doha Round dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC). L’accordo di libero scambio esteso è quello che permette all’UE e all’India di realizzare i benefici più grandi in termini di miglioramento del benessere, produzione, commercio internazionale, aumenti salariali e di produttività. Gli effetti sul welfare corrispondono a una crescita aggiuntiva dello 0,3% per l’economia indiana nel breve periodo e dell’1,6% nel lungo periodo, mentre la larga base economica dell’Unione Europea non permette di apprezzare cambiamenti significativi nella crescita percentuale del suo PIL.

Nel contesto appena descritto è importante inserire gli aspetti controversi del rapporto tra India e UE, che vanno necessariamente considerati al momento di firmare un accordo di libero scambio.

Controversie

1. Gli standard di lavoro e la modalità 4 dell’Accordo generale sugli scambi di servizi (AGSS) per le liberalizzazioni

La politica commerciale dell’India è alquanto limitata dai timori verso la parte più povera degli abitanti. Più della metà della popolazione indiana è al di sotto dei 25 anni, e c’è bisogno di una strategia di crescita incentrata sulla creazione di occupazione piuttosto che una focalizzata sulle esportazioni. I dati demografici e il sistema educativo hanno fornito all’India una forza lavoro qualificata, competitiva e che parla un perfetto inglese, cosa di cui l’Europa sarà al contrario carente nel futuro prossimo. Questo contribuisce a spiegare perché le riduzioni tariffarie, da sole, non rendono l’accordo di libero scambio sufficientemente interessante dal punto di vista economico per l’India. È necessario un accordo molto più profondo che copra servizi, investimenti e altre aree di cooperazione.

Il settore dei servizi è di cruciale importanza per l’economia del Paese. Costituisce circa il 55% del PIL, per un totale approssimativamente di 725 miliardi di euro e, nel 2010, è valso 93 miliardi nel comparto delle esportazioni. In quello stesso anno il commercio dei servizi con l’UE ammontava a 19 miliardi di euro. Gli elementi strutturali dell’economia indiana fanno sì che il Paese sia particolarmente interessato alla liberalizzazione dei servizi nelle modalità 1 e 4 dell’AGSS. Quest’ultimo accordo prevede quattro modelli di fornitura in base ai quali i membri dell’OMC definiscono i propri impegni. Mentre la modalità 1 riguarda i servizi forniti dal territorio di uno Stato membro a quello di un altro, il modello 4 si riferisce alla distribuzione dei servizi da parte del fornitore di uno Stato membro, presente attraverso persone fisiche nel territorio dell’altro. In pratica la liberalizzazione in modalità 4 facilita la circolazione di liberi professionisti, come gli ingegneri adibiti allo sviluppo di software, impegnandosi ad adottare misure che regolano la presenza di fornitori di servizi stranieri, come requisiti meno stringenti per l’ottenimento del visto o test del mercato del lavoro. Poiché la forza lavoro qualificata dell’India sta crescendo velocemente, il Paese, nei negoziati sul commercio, sta ponendo una maggiore enfasi nel facilitare l’accesso nel mercato dei fornitori di servizi attraverso la modalità 4 di liberalizzazione piuttosto che l’apertura del mercato alle merci.

2. Diritti di proprietà intellettuale e farmaci generici

Un altro tema controverso è quello della tutela della proprietà intellettuale. La bozza di accordo trapelata suggerisce che le disposizioni potrebbero andare al di là dei vincoli previsti dall’Accordo sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale (AACDPI) dell’OMC. Le posizioni che l’India ha da sempre assunto all’interno dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI) e dell’OMC indicano come in realtà non fosse disposta ad impegnarsi più che al rispetto dell’AACDPI. Peraltro l’UE in passato ha preferito chiedere il rispetto dell’AACDPI e di altre convenzioni sulla proprietà intellettuale piuttosto che premere per impegni più profondi nei suoi negoziati di libero scambio.

Il settore farmaceutico indiano, chiamato a volte “la farmacia del mondo in via di sviluppo”, produce farmaci generici utilizzati da molte organizzazioni umanitarie. Ad esempio, quasi l’80% di quelli adatti al trattamento dell’Aids sono forniti dall’India. Come risultato, il costo delle cure è sceso significativamente da 10.000 a 100 dollari a persona l’anno. Considerando la comprovata esperienza dell’India nel difendere i brevetti, è possibile che le aziende farmaceutiche abbiano fatto pressioni sull’UE per chiedere norme più severe in materia di protezione della proprietà intellettuale, riuscendo a strappare ulteriori impegni rispetto a quelli previsti dall’OMC. Tali obblighi potrebbero comprendere le cosiddette misure di protezione dell’esclusività dei dati, in base alle quali le compagnie farmaceutiche possono mantenere in modo esclusivo i diritti sui risultati dei loro test per un periodo massimo di dieci anni, ritardando i farmaci generici, o una pratica conosciuta come “ever-greening”, per cui lievi alterazioni del medicinale sono sufficienti a consentire un nuovo brevetto, prolungando la protezione della proprietà intellettuale. Organizzazioni umanitarie come Oxafam, Medici senza frontiere e Unitaid hanno manifestato preoccupazione per la presenza di tali disposizioni nell’accordo di libero scambio tra UE e India. Il resoconto del VIS sull’intesa tra i due Paesi ha riconosciuto il problema dichiarando che gli impegni non devono mettere in pericolo la capacità di promuovere l’accesso ai farmaci, in linea con la flessibilità del AACDPI, e ribadendo esplicitamente che le aziende farmaceutiche straniere sarebbero legalmente autorizzate ad addebitare prezzi più alti per recuperare i costi di ricerca e sviluppo. La Commissione ha risposto alle preoccupazioni della società civile, mediante l’emissione di un documento di domande e risposte in materia di accesso ai farmaci nei negoziati. Il documento afferma che le disposizioni sulla proprietà intellettuale dell’accordo di libero scambio non indeboliranno “il diritto e le capacità dell’India di produrre ed esportare medicinali salvavita in altri Paesi in via di sviluppo che affrontano problemi di salute pubblica”. Aggiunge poi che, nonostante la Commissione creda nell’importanza dell’esclusività dei dati, sarà flessibile e terrà conto della posizione dell’India come produttore di farmaci generici essenziali.

3. Riluttanza a negoziare appalti pubblici

Questo è un altro tema prioritario per l’UE e oggetto di discordia tra i due partner. La motivazione economica a negoziare appalti pubblici è conseguente innanzitutto al rispetto degli obblighi di non discriminazione e trasparenza, e poi ai benefici percepiti di un maggior accesso al mercato attraverso le esportazioni, costi di approvvigionamento più bassi, allocazione funzionale delle risorse e guadagni complessivi in efficienza. L’UE ha lamentato il fatto che le procedure indiane per “l’assegnazione di appalti pubblici sono spesso non trasparenti, discriminatorie nei confronti degli stranieri, e finiscono spesso col preferire gli abitanti del luogo”. Tenuto conto del fatto che gli appalti pubblici rappresentano quasi il 13% del PIL, il governo indiano insiste per non includerli nell’accordo, consapevole che la loro negoziazione rischierebbe di minare la sua politica di sostegno al piccolo e medio settore. Tra l’altro l’India la considera una limitazione della sua capacità di approvvigionarsi da aziende locali in aree remote, come parte della sua politica di sviluppo regionale equilibrato.

I rischi associati a queste misure riguardano il fatto che obiettivi sociali possano essere tradotti in costi economici. Innanzitutto possono risultare da eventuali riduzioni dei fornitori interni di appalti. In secondo luogo aprire gli appalti pubblici a fornitori esteri più competitivi può avere un impatto negativo sull’occupazione. L’enorme costo amministrativo richiesto per la promulgazione della necessaria legislazione e per la creazione di istituzioni che permettano di attuare gli obblighi previsti, è evidente dalla reticenza mostrata dai negoziatori indiani. Per l’UE “l’inclusione degli appalti è essenziale per l’equilibrio dell’intesa, e un accordo di libero scambio che non preveda gli appalti non può essere sul tavolo delle trattative”. Anche questo è un ostacolo importante presente nei negoziati in corso.

4. Agricoltura sovvenzionata e settore lattiero – caseario

L’agricoltura è un altro settore chiave per l’India, soprattutto nella prospettiva di assicurarsi equità e crescita dall’accordo di libero scambio. L’UE ha un settore agricolo altamente protetto e l’India ha ovviamente forti interessi difensivi nel negoziare un’intesa. Al momento le importazioni agricole europee dall’India sono più che cinque volte maggiori delle sue esportazioni verso quel Paese, anche se i dazi comunitari sono relativamente alti. L’India vuole che l’UE riduca i dazi e i sussidi a supporto dei suoi prodotti agricoli, per paura che le esportazioni europee spiazzino i suoi prodotti agricoli. Questo problema potrebbe rivelarsi un ostacolo significativo ai negoziati in corso.

5. L’India sta inoltre cercando di ottenere lo status di Paese sicuro per la protezione dei dati (“data secure”). L’India non è considerata data secure dall’UE, che pregiudica in questo modo il flusso di dati sensibili, come ad esempio le informazioni sui brevetti, ai sensi delle leggi europee sulla protezione dei dati. Le leggi dell’UE impongono che i Paesi europei che praticano esternalizzazioni in Paesi non certificati come data secure, debbano seguire rigorosi obblighi contrattuali che aumentano i costi di gestione e incidono sulla competitività.

6. L’apertura del settore assicurativo da parte dell’India, l’aumento del limite degli investimenti diretti esteri al 49%, la riduzione dei dazi doganali sulle autovetture, ecc. sono altre questioni controverse

Conclusioni

La sensazione di urgenza che accompagna lo svolgimento delle trattative è sempre più fonte di timore. Nel negoziare un accordo commerciale bilaterale con l’UE il governo indiano dovrebbe procedere con cautela, in modo da salvaguardare le preoccupazioni nazionali e gli interessi pubblici nel loro complesso. Si tratterà del primo grande accordo commerciale del Paese con un blocco occidentale, composto da 27 economie. Se strutturato efficacemente può dare una spinta verso l’alto alla crescita dell’India per il prossimo decennio.

Anche se le relazioni commerciali indo-europee sono sempre state cordiali e vi sono vertici commerciali annuali, con l’impegno a migliorare il commercio e gli investimenti, la realtà è completamente diversa. Considerando i lunghi negoziati in corso per un accordo di libero scambio e il numero di questioni controverse sul tavolo da entrambe le parti, ci si chiede se le relazioni India-UE non stiano attraversando una una fase cruciale.

(Traduzione dall’inglese di Chiara Macci)


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