Le copertine dei Serpenti – Gli Innocenti

Creato il 06 marzo 2014 da Viadeiserpenti @viadeiserpenti

a cura di Sabina Terziani

Il 23 marzo l’editore Del Vecchio manda in libreria Gli Innocenti di Burhan Sönmez (traduzione di Eda Özbakay). La copertina, come le altre della collana Formelunghe, è curata da Maurizio Ceccato.
Noi di Viadeiserpenti non abbiamo ancora letto il libro, ma la copertina è bastata a far partire l’immaginazione. La palette di colori anni ‘70-‘80  con accostamenti calcolatamente stridenti – fucsia e vermiglio, lilla e blu elettrico -; le cornici, la struttura forte ed evidente; la convivenza di titolo e autore incarnati in font squisitamente inattuali, con la tridimensionalità del titolo che fa allegramente a pugni con l’idea stessa di innocenza (chi sono gli innocenti? Eterni bambini feriti dalla vita?) e infine la macchina fotografica che è un disegno tecnico, quasi un’illustrazione di catalogo per un oggetto in superofferta. Cultura visiva popolare, terreno di caccia di Maurizio Ceccato.

A Pietro Del Vecchio abbiamo chiesto di che cosa parla il romanzo.
«Gli Innocenti è un romanzo intenso e delicato, incentrato sulla (ri)costruzione dell’identità e sull’esperienza dell’esilio come allontanamento forzato dalla propria terra. Brani Tawo, immigrato nella Cambridge degli anni ‘70, conosce in un negozio di antichità Feruzeh, una giovane di origine iraniana. Brani e Feruzeh sembrano innamorarsi a prima vista, incuriositi anche dalla comune esperienza di lontananza dalla terra natia, lei apparentemente per scelta, Brani per necessità di sopravvivenza. Ognuno di loro porta con sé un segreto e un peccato. Quando Feruzeh è costretta a tornare in Iran, Brani, nell’attesa del suo ritorno, sfiora la depressione e nelle notti insonni ricostruisce il proprio passato, il presente, la propria identità culturale attraverso la storia della propria famiglia. Abbiamo cercato il più possibile di mantenere nella cover un’atmosfera marcatamente vintage e nostalgica, provando a suscitare nel lettore una analoga sensazione attraverso il recupero di un immaginario iconografico a lui familiare e comprensibile».

Dagli appunti di Maurizio Ceccato ricaviamo un commento sul percorso creativo che ha portato al concetto visivamente molto potente della copertina.
«Se le immagini fossero come le parole allora dovrebbero essere dei segni tanto semplici da rappresentare quasi nulla lasciando immensi varchi all’immaginazione, quindi vicini all’astrazione. Un’immagine per quanto semplice, da sola apre degli scenari nella mente legata al riconoscimento di senso, ai ricordi, al “già visto”; se ha un colore ne amplifica la sensualità come il cono di una cassa di uno stereo in dolby surround. Se poi leghiamo un’immagine a una parola e queste due non sono esattamente la descrizione l’una dell’altra, ma hanno due significati oggettivi differenti, si può concorrere ad aprire altri significati e altre porte della percezione visiva e mnemonica. Tra gli elementi in copertina e quelli descritti in prosa all’interno del volume si crea una triangolazione di senso. Tra “ciò che non nuoce” del titolo “senza peccato” e l’oggettività della macchina fotografica (luce e grafia, disegno) che “registra” la luce e una verità anche soggettiva si possono creare infinite soluzioni al rebus iconografico, senza mai mettere la parola FINE.

 Qui le altre copertine dei Serpenti.

Gli Innocenti
di Burhan Sönmez
traduzione di Eda Özbakay
Del Vecchio, 2014
pp. 216, € 14,00


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