Le Corde dell’Anima: Parole e Note si Incontrano a Cremona

Creato il 06 giugno 2013 da Dietrolequinte @DlqMagazine

Emanuela Riverso6 giugno 2013

Il Festival Le Corde dell’Anima, giunto alla sua quarta edizione, è oramai un atteso e consolidato appuntamento. Tre giorni in cui letteratura e musica si incontrano in diversi punti della città di Cremona, un centinaio di ospiti fra scrittori e musicisti che si alternano sui palchi allestiti in Piazza del Duomo, nel Cortile Federico II, a Palazzo Affaitati, in Piazza della Pace; quest’anno si è aggiunta anche la suggestiva location del Museo del Violino. Un’offerta trasversale che incontra i gusti letterari e musicali di tutti: si curiosa nel vasto programma e si selezionano gli eventi a cui partecipare; fra un appuntamento e l’altro, girare per le affollate vie del centro ti consente anche incontri particolari: in una trattoria ti capita di imbatterti nel grande scrittore spagnolo Quim Monzó (al Festival ha presentato il suo ultimo libro Mille cretini pubblicato da Marcos y Marcos) che con autonoma curiosità di viaggiatore esperto, ti confessa che «questo vecchio ristorante, dall’atmosfera vera e di altri tempi, ho pensato potesse essere il posto giusto per mangiare i marubini in brodo cremonesi». Tutto è più raggiungibile e tangibile in questi tre giorni di intensa emozione; Tra i tanti protagonisti di questa edizione citiamo Dori Ghezzi, Niccolò Ammaniti, Gianni Biondillo, Lorenzo Amurri, Tess Gerritsen, Laura Gramuglia, Vinicio Capossela, Tim Parks, Enrico Ruggeri, Paul Harding, Lella Costa, Clara Sanchez, Pupi Avati, Paolo Fresu. Un appuntamento molto atteso è stato venerdì 31 maggio alle 19.30 in Piazza del Duomo l’incontro con Daria Bignardi che ha presentato il suo ultimo romanzo L’acustica perfetta (pubblicato da Mondadori).

Il Maestro Uto Ughi che avrebbe dovuto accompagnare l’incontro, reduce da un emozionante e seguitissimo concerto presso l’auditorium Giovanni Arvedi del Museo del Violino, non è potuto essere presente a causa di una bronchite, che già la sera prima lo aveva messo a dura prova. Nonostante l’iniziale delusione per quello che tutti immaginavamo un convegno magico, Daria Bignardi con la sua intelligente e ironica simpatia ha intrattenuto il pubblico raccontando i retroscena di questo suo romanzo: il protagonista è Arno, un violoncellista del Teatro alla Scala, che di colpo viene lasciato dalla moglie, ignaro di un mistero che verrà reso noto solo al termine dell’opera. È la storia di un uomo che fa i conti per la prima volta con il dolore; Daria Bignardi ci legge il seguente brano tratto dalle ultime pagine del romanzo: «suono ancora meglio di quando te ne sei andata. Me l’ha detto ieri il direttore d’orchestra, non certo per consolarmi, non è il tipo. “Ha sentito finalmente il dolore professore?” mi ha chiesto col suo buffo accento, dopo la recita. Per la prima volta terminata l’esecuzione mi ha stretto la mano. Pare che io abbia suonato il miglior assolo di sempre. Ho sentito il dolore, sì, e l’ho messo in quello che amo».

Daria Bignardi, intervistata dal giornalista Luca Sofri (nonché marito della scrittrice), ha spiegato che per raccontare questa vicenda il protagonista poteva anche non essere un violoncellista, l’importante è che svolgesse un mestiere di fredda e lucida precisione, in cui le esecuzioni si ripetessero perfette nel tempo, così come è richiesto anche ad un musicista. Per prepararsi alla scrittura de L’acustica perfetta ha confessato di avere costretto la famiglia ad un anno di abbonamento alla Scala, richiedendo un palco sopra il proscenio per poter studiare nel dettaglio proprio l’orchestra. In questo romanzo tornano però anche tanti luoghi notoriamente amati dalla scrittrice, dalla Sardegna alla Toscana; una località aveva destato la mia curiosità, l’isola di Amrum, le sue dune, i fari e i sentieri, la natura; la descrizione è talmente accurata e viva che al termine dell’incontro ho chiesto a Daria Bignardi come mai fra i tanti luoghi rappresentati avesse scelto anche quest’isola tedesca: «in verità perché l’ho visitata, un paesaggio meraviglioso, un posto magnifico».

Il giorno successivo, sabato 1 giugno, a Palazzo Affaitati, il grande pianista iraniano, Ramin Bahrami, ha presentato il libro autobiografico Come Bach mi ha salvato la vita (pubblicato da Mondadori) e ha regalato al pubblico presente, momenti di assoluta magia al pianoforte. Dopo anni molto difficili nel suo paese di origine, Ramin Bahrami, ha studiato al conservatorio in Italia e adesso vive in Germania. Artista di brillante intelligenza ha raccontato di come Bach rappresenti «il suo mondo ideale, in cui realtà diverse possono convivere in assoluta armonia, dove Oriente e Occidente si amano e si divertono insieme, dove tutto è al servizio della perfezione e della bellezza». E fra i tanti episodi, il celebre pianista ricorda un sogno in particolare che qui citiamo con le parole da lui utilizzate nel testo: «Avevo solo sei anni quando, pur non essendo mai stato in Occidente, sognai l’orangerie di un vecchio castello tedesco; lì ebbi il grande privilegio di fare una passeggiata addirittura con Johann Sebastian Bach in persona, lui vestito come nel ritratto di Hans Gottlieb Hausmann, io come un bambino normalissimo, con i jeans. Il maestro non fu certo loquace, anzi, non disse assolutamente nulla, ma il suo sguardo profondo, la sua vicinanza, generavano un’aura così forte da farmi capire che quel sogno avrebbe cambiato per sempre la mia vita. Il nostro fu un andirivieni senza inizio e senza fine e compresi più tardi che quel sogno era l’interpretazione visiva delle Variazioni Goldberg».

Subito dopo ha avuto inizio l’incontro con Paolo Terni, musicologo e conduttore radiofonico, autore del meraviglioso libro, edito da Bompiani, La melodia nascosta. L’intervista è stata affidata alla giornalista e scrittrice Valeria Palumbo (che in un altro appuntamento del Festival ha presentato il suo libro Geni di mamma, pubblicato da Odradek), gli interventi musicali al pianista milanese Stefano Villa. Un momento di emozionante densità in cui Paolo Terni ha ripercorso la sua infanzia in Alessandria d’Egitto, dove è nato e ha vissuto per diversi anni e in cui ha ricevuto le prime lezioni di violino: «col violino per le strade di Alessandria, mi sentivo libero e protetto: potevo percorrere itinerari inconsueti, specialmente per andare a lezione dal maestro Alberico Stefanati, in un appartamentino non lontano dalla stazione ferroviaria». Parlando del primo concerto sinfonico a cui assistette, Paolo Terni usa queste parole: «mi sentii come vicino a un mare invisibile che mi coinvolgeva. Durante tutto il concerto fui trepidante e agitatissimo. Non un ascolto erudito e sapiente ma fortemente impressionato». Ed è proprio questo l’invito che nei vari appuntamenti è stato più volte rivolto ai presenti: la musica non è solo di coloro che la studiano e la eseguono ma è di tutti e per tutti; non vi è bisogno di cultura e formazione per emozionarsi, bisogna riprendere possesso della cultura musicale che ha reso l’Italia celebre nel mondo anche solo curiosando, ascoltando e respingendo quel senso di inadeguatezza che intimorisce e allontana.

Anche l’incontro del giorno successivo con la giornalista e scrittrice Leonetta Bentivoglio che, in occasione del bicentenario della nascita di Verdi, ha riproposto il volume Il mio Verdi. Quindici opere raccontate dai più grandi interpreti del nostro tempo (edito da Castelvecchi), vuole essere un invito ad avvicinarci all’opera verdiana con naturale curiosità senza la necessità di una competenza specifica. Fra le tante interviste realizzate da Leonetta Bentivoglio ricordiamo quella a Giuseppe Sinopoli, il grande direttore d’orchestra precocemente scomparso a Berlino, sul podio, nel 2001 alla cui memoria la giornalista vuole dedicare questa nuova edizione de Il mio Verdi. Durante l’intervento Leonetta Bentivoglio rievoca con sentito affetto la loro amicizia e la vivissima intelligenza di Giuseppe Sinopoli. Nell’intervista con Luciano Pavarotti che ha approfondito con lei Un ballo in maschera, il grande tenore rivela che quest’opera «ha una romanza tra le più difficili mai composte per tenore: Forse la soglia attinse. Per la voce è una tessitura sul registro di passaggio tecnicamente tremenda. E non ha neanche il vantaggio di tirar giù il teatro con gli applausi. Invece Renato canta Eri tu, una delle più belle romanze scritte per baritono, e ottiene un trionfo»; poco dopo aggiunge: «Era baritono anche Verdi. Era il suo registro vocale. Ognuno di noi, anche se non canta, ha la voce catalogata. Per questo Verdi serviva bene i baritoni».

Venti interviste su quindici opere di Verdi realizzate a grandi interpreti, direttori d’orchestra e registi, fra cui Riccardo Muti, Claudio Abbado, Liliana Cavani, Luca Ronconi, Werner Herzog, Zubin Mehta. Un libro interessante, scorrevole, davvero per tutti, professionisti del settore e curiosi profani, a cui la scrittrice non può che augurare «buoni ascolti verdiani», questa infatti la sua dedica sulla mia copia del volume. Anche questa edizione del Festival Le Corde dell’Anima è giunta al termine raccogliendo grande consenso, piazze gremite, pubblico presente sempre, anche agli incontri di nicchia. L’effetto è di tale emozionante pienezza che con trepidante curiosità attendiamo la prossima per rivivere ancora queste intense sensazioni: il pubblico è sempre più consapevole della magia a cui prende parte in questo lungo e interessante weekend di Musica e Cultura a Cremona.

Fotografie di Emanuela Riverso e Aldo Zambelli


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