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Le degustazioni invisibili – Sogno di una rivoluzione di mezza estate

Da Trentinowine
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Personaggi principali

Mister Ziliani: giustiziere rivoluzionario innamorato

Rossana: bella e bigotta: sogno erotico di Mr. Ziliani

Albergatrice: donna di una certa età, zitella ma piacente

Curiosa&Sospettosa: giovane donna, bona, fidanzata, ma anche no

Django: assaggiatore-giustiziere

Sogno di una rivoluzione di mezza estate

Le degustazioni invisibili – III° episodio

 

sogno di una notte di mezz'estate

Di Viola Violante d’Ondariva - Django passeggiava di notte, a braccetto con i suoi pensieri e a bordo della sua enovettura, trascinando con sé la fedele bara, quando vide un saloon e il desiderio di un buon vino lo assalì. Mise al pascolo il suo cavallo 4 tappi ed entrò. Cassa da morto sempre al guinzaglio, si sedette al tavolo, pensando già ad una bottiglia di Aquila Reale TRENTO DOC. La bellissima Curiosa&Sospettosa in abiti succinti intratteneva i clienti, cantando allegre arie al pianoforte, mentre Albergatrice serviva ai tavoli, visto che il suo albergo era stato distrutto durante la degustazione di qualche giorno prima. Notando la presenza di Django all’interno del saloon, fu lei ad avvertire immediatamente lo sceriffo.

Ma cosa nascondeva Django in quella bara? Un cadavere? Vino pregiato? Denaro? Armi? Il cowboy, incurante degli sguardi inquisitori, chiamò il cameriere e ordino il suo metodo classico preferito. Django ancora non sapeva che quella serata si sarebbe trasformata nell’ennesima rissa da far west. Non si era ancora accorto che intanto la sala si stava riempiendo di agenti in borghese armati fino ai denti, che aspettavano solo il segnale dello sceriffo per intervenire e consegnarlo alla giustizia.

Da tanto tempo, Django non si sentiva così rilassato. Prese e stappò la bottiglia e come un prete fa con il turibolo la mosse, indirizzando una fragrante nuvola fiorita e fruttata verso chi lo osservava incuriosito, condividendone il piacere dei sensi. Si chinò, poi, sulla bottiglia e la prese in bocca, provocando l’imbarazzo delle signore in sala. Tra Django ed il vino avvenne uno scambio di umori, di odori e di sapori; infatti quando si ritrasse e la mosse  nuovamente, si avvertì ancora la nuvola di fragranze di poco prima, ora, però, arricchita dall’odore selvatico del maschio. Le donne erano in visibilio, gli uomini un po’ meno, ma non mostrarono troppo apertamente la loro invidia. A quel punto impugnò il suo tastevin, ci versò il vino dentro e cominciò a respirarlo, ad assaggiarlo, a fissarlo con occhi attenti e ad ascoltarlo: il vino produceva dei suoni liquidi, che Django pareva riconoscere perfettamente. Il pubblico urlava: “Cosa senti, cosa senti, dicci, descrivi…!”.

Basta, adesso è troppo!!!”, urlò un uomo tirando fuori la stella da sceriffo. “Non se ne può più di queste pagliacciate! Signor Django, lei è in arresto, le conviene arrendersi!”. Django non si mosse, non aveva alcuna intenzione di arrendersi proprio sul più bello. Lo sceriffo sorpreso dalla indifferenza di Django urlò di nuovo: “Uomini,  arrestatelo!”. Django si ritrovò circondato da una ventina di uomini, che gli puntavano contro una bottiglia carica di tappi. Django dovette rassegnarsi. Era circondato. Era finito. Si arrese. Lo obbligarono a portare le mani in alto.Tra il pubblico si levò lo sconcerto, intimamente tutti tifavano per lui, ma nessuno osò intervenire e mettersi contro lo sceriffo, che intanto si avvicinò a Django per ammanettarlo. Fu in quel momento che si udì cigolio: la vecchia bara di legno si stava scoperchiando. Avvenne tutto in un attimo, nessuno riuscì a capacitarsi di quello che stava accadendo, ma tutti fecero un balzo indietro per la paura!

Dalla bara balzò fuori un uomo che impugnava una Melchior di Annamaria Clementi: la puntò sugli agenti e senza farsi pregare, cominciò a stappare all’impazzata. I tappi erano efficaci come delle vere e proprie palle di cannone, che distrussero l’antico pianoforte in rovere, facendone saltare in aria i tasti e mandando in frantumi la vetrina in cristallo del saloon. Django non sembrò essere sorpreso per l’improvvisa apparizione dell’uomo misterioso. Anzi, guardandolo spazientito, tuonò: “Mister Ziliani, era ora che uscisse fuori di lì, eh…!”. Mr. Ziliani, nel frattempo, con un balzo felino saltò sul tavolo, per meglio dominare i propri nemici e si scusò don Django per aver tardato ad intervenire; raccontando di essersi addormentato nella bara e di aver sognato candidamente di tenere sulle gambe la bella Rossana per poterla sculacciare di santa ragione, per poi tornare ad accarezzarla nuovamente per fare pace. E anche altro.

Lo sceriffo, intanto, ordinò il fuoco. Stapparono gli agenti, stappò Django, stappò mister Ziliani e stapparono gli ospiti, che indisturbati poterono scolarsi tutto il vino della sala. Il giustiziere Ziliani agilissimo come un felino, fece un altro balzo verso la bara, da cui sfilò un’arma ancora più grande e pericolosa di quella di prima. Era una Melchisedec a tre tappi. La poggiò sul tavolo e la mise immediatamente in funzione. Tra ta ta ta ta tattatattataa…, fece fuori tutti gli agenti, solo lo sceriffo riuscì a fuggire, mentre gli ospiti ormai euforici, si buttarono a terra dando vita alla più gioiosa orgia eno-ero-dionisiaca che memoria d’uomo ricordi.

In quel momento arrivò Viola Violante, con la sua carrozza d’ordinanza; prese quei due per il bavero della giacca e li trascinò dentro, traendoli in salvo. Aveva appena saputo di un summit a cui stavano partecipando tutti gli enoparrucconi della città, riuniti insieme per decidere la morte di Django. Bisognava agire subito. Ma in quel preciso istante un meteorite cadde sulla terra, schiantandosi proprio sul terreno su cui stava passando la carrozza.

Il songo di quella rivoluzione di mezz’estate sembrò spegnersi così, ai primi bagliori di quell’esplosione.

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