(Les Herbes Folles)
Alain Resnais, 2009 (Francia, Italia), 104'
uscita italiana: 30 aprile 2010
voto su C.C.
Un innocuo portafoglio, rubato alla sgargiante Marguerite (Sabine Azéma) appena uscita da un negozio di scarpe, diviene il detonatore per un'amore improbabile e folle, che nasce e cresce laddove non avrebbe motivo di esistere – come le “herbes folles”, le erbacce, del titolo originale. A ritrovarlo infatti è l'annoiato Georges (André Dussollier), disperatamente alla ricerca d'un imprevisto nella sua vita così perfetta e monotona; prima ancora di conoscere la proprietaria di quel misterioso oggetto inizia a fantasticare, ad immaginarla, finisce persino col divenirne ossessionato. Dalle foto sui documenti la donna sembra solare e spontanea, è una dentista che adora pilotare aerei d'epoca, insomma appare come l'esatto opposto della più giovane e graziosa compagna che ormai tratta con formale distacco. L'incontro tra i due è inevitabile e tumultuoso, un perenne tira-e-molla con inaspettata (e duplice) conclusione.
Alain Resnais, ormai alla soglia dei novant'anni, non ha perso nulla di quella cifra stilistica che lo ha reso uno dei più apprezzati registi della Nouvelle Vague (Hiroshima, mon amour, L'anno scorso a Marienbad, Providence, Mon oncle d'Amérique) e con Les Herbes Folles lo dimostra ancora una volta, lasciando però che un raggio di luminosa speranza trapeli dalla consueta coltre di pragmatismo un po' pessimista nei confronti di vita e relazioni tra gli uomini. Sembra lontana anni luce infatti la malinconica neve che in Cuori (2007) avvolgeva, e congelava, tutti gli infelici personaggi; nel suo ultimo film c'è invece tutta la voglia di guardare con un sorriso (forse quello della definitiva e venerabile maturità?) alle insospettabili coincidenze offerte dal caso, che sconvolge e rianima le vite di due cinquantenni incredibilmente diversi ma che tutto sommato si completano a vicenda. Lo stile impeccabile col quale viene portata avanti la narrazione (sceneggiatura tratta dal romanzo L'incident di Christian Gailly) rende piacevolissimo immergersi nella fotografia un po' sfocata di Eric Gautier, mentre vediamo scorrere parallelamente le vite dei due protagonisti, sino ai loro molteplici e imprevedibili incontri-scontri – s'innamorano l'un dell'altro ma, come insegna Henri-Pierre Roché, mai nello stesso momento. Nel finale Resnais si concede poi il gusto di fare divertita satira nei confronti del cinema americano, scimmiottando le mastodontiche produzioni hollywoodiane (con tanto di jingle della 20th Century Fox) nelle quali ogni commedia romantica deve essere destinata ad un inevitabile happy ending; non c'è bisogno di aggiungere che la “seconda” conclusione, la sua, sarà più originale e spiazzante. Grazie anche al cast (il duo di protagonisti è da tempo caro a Resnais) Les Herbes Folles si trasforma in una lezione sul cinema: su come ottenere da un improbabile incrocio gli ingredienti per una combinazione magica. Maestro.