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Le dimissioni di Mentana, il governo ostaggio e le tinte torve della società italiana

Creato il 15 dicembre 2011 da Angel

Le dimissioni in diretta di Enrico Mentana, direttore del tg La7, fanno molto riflettere. Soprattutto sullo stato di salute del giornalismo in Italia. In un mio precedente intervento (intitolato lo stuolo dei servi sciocchi e il giornalismo italiano da operetta) mi soffermavo sull’ atteggiamento, privo di midollo spinale, di alcuni giornalisti di rilievo riguardo una improbabile “nostalgia” nei confronti di Silvio Berlusconi. Sono deluso, e lo dico subito, da Enrico Mentana. Deluso perchè chi fa giornalismo, in special modo, in questo paese sa che svolge una professione non facile. Un mestiere che ho ti fa servo o indipendente, ma padrone mai. Mi è sempre piaciuto pensare che il giornalista ha solo tre obblighi: la verità, il lettore, se stesso. Altrimenti si sceglie di fare altro. Per questo, Enrico Mentana ha fatto malissimo a dimettersi. Per i modi e, soprattutto, per la sostanza. Non si può pensare di fare il giornalista e “pretendere” di non creare problemi, disaccordi, gatte da pelare, persecuzioni da subire. Quello che personalmente mi hanno fatto capire le dimissioni di Enrico Mentana è l’ assoluta assenza di spirito combattivo, quel far parte  di una ”frontiera” scomoda, che ha caratterizzato il giornalismo politico del nostro. Mentana ha fatto male a dimettersi, perchè ha dimenticato di essere un giornalista. Ha dimenticato che esserlo, significa metterci la faccia e non tirarsi indietro quando le cose non vanno. Questa lezione di “giornalismo” fa male, perchè viene da un professionista che giudicavo serie e coerente.
Lo schermo televisivo in questi giorni è bucato non solo dal caso Mentana ma da tanti altri fatti che meritano attenzione: in particolare, l’ allentarsi (ingiustificato direi) dell’ entusiamo intorno al governo Monti che in queste prime settimane, al di là dei provvedimenti che si possono discutere o meno, sta affrontando il più prevedibile e il più coriaceo degli ostacoli: l’ essere ostaggio delle forze politiche. La verità è semplicemente questa. Un governo tecnico per definizione può avere, come ha, una maggioranza larga in Parlamento. Il che potrebbe anche andar bene se di mezzo non ci fosse l’ irresponsabilità, affiorante a iosa, dei principali partiti politici. Credo, infatti, che la natura del governo tecnico sia stata equivocata: è un governo di emergenza e non ad hoc per soddisfare le esigenze dei singoli partiti. Un governo dell’ Italia e per l’ Italia, in una situazione di crisi senza precedenti. Un memorandum che andrebbe appuntato su ogni agenda politica. Detto questo, è anche vero che il governo Monti si sta rivelando troppo poco equilibrato. Un governo che annuncia tagli agli stipendi delle personalità di governo, ma non taglia quelli dei parlamentari; un governo che chiede sacrifici a tutti ma fa gravare il peso di questi sforzi sull’ anello più debole della società italiana. Chi ha di più deve dare di più. Non è uno slogan ma è semplicemente senso civico. In caso contrario, il tunnel sarà ancora più profondo di quanto non lo sia adesso. Continuo ad appoggiare il governo Monti soprattutto perchè, nel panorama disarmante sotto il profilo etico – morale e culturale del ceto politico italiano, lo ritengo, come già detto negli interventi precedenti, il migliore dei governi possibili.
Un’ ultima considerazione prima di chiudere questo post, va rivolta necessariamente al fatto di cronaca che ha avuto luogo a Firenze. Mi riferisco alla sparatoria assurda di un folle suicida, nella quale hanno perso la vita due senegalesi e rimeste ferite alcune persone . E’ un gesto inconsulto. Ma dietro questa follia, si nasconde tutta l’ anima torva della società italiana, in cui  l’ integrazione di altri uomini, diversi da noi ma ugualmente fratelli, è ancora utopia. Una società nella quale dove non c’ è pietà, rispetto nè per il colore della pelle tantomeno per la dignità della condizione umana. Io sono indignato e ferito dal fatto di cronaca di Firenze ma ancor di più nell’ essere parte di una società sempre più cattiva, una società smarrita e priva di radici.



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