la stecca destra dell’occhiale è incerta. lo bilancio fra le dita, essa traballa e la vite sta per sciogliersi e liberare la cerniera. è un occhiale di fattura squisita. con uno scheletro opaco, quasi grigio fumo, lenti ampie antiriflesso. forse ho un leatherman o coltello svizzero o almeno una lama molto piccola nel cassettone per sistemare ogni cosa. invece nel cassettone c’è un profumo violento di incensi e molte scatole e quaderni di scuola e scrigni di biglie e portafogli da bambina. c’è quasi tutto il mio passato e lo trovo come l’ho lasciato – e cioè in congedo, sciupato e chiassoso.
arriveranno presto anche i prossimi quindici anni. forse stancheranno tutti. ma io li aspetto nella speranza che mi aiutino a trascendere dell’altro o almeno – al sicuro – accorcino il cammino. sono felice per i molti che hanno buoni ricordi dell’infanzia e della prima giovinezza. a me non è mancato nulla. eppure le notti a piangere, la rabbia incontrollabile, l’autorità che non potevo vincere, i tentativi e tentativi per ogni cosa, la fatica per ogni inizio, l’erotismo disincarnato, la solitudine inflitta e cercata, le persecuzioni sognate come gli incubi di un dio crudele e veterotestamentario, il corpo grasso, l’esclusione dalla musica, le sere senza libri, lo stomaco nutrito di carne: sono felice di toccare quelle scatole e di avere le dita sporche di polvere.