Le diverse strategie delle neopromosse in Serie A

Creato il 25 settembre 2015 da Tifoso Bilanciato @TifBilanciato

Quali sono le principali difficoltà per una neopromossa nella massima serie? Quali vantaggi e svantaggi? Per rispondere a questa domanda proviamo ad analizzare cosa è successo alle neopromosse in Serie A negli ultimi anni.

Partiamo da un dato: nelle ultime 5 stagioni abbiamo avuto 15 diverse neopromosse, dunque nessun saliscendi tra A e B, un dato sorprendente e in controtendenza con le stagioni precedenti, anche se 5 anni sono pochi per stabilire un nuovo trend. Ma evidentemente spesso non basta la quota "paracadute", pur rilevante (30 milioni/annui il massimale delle ultime 3 stagioni, da spartirsi tra le retrocesse), per una pronta risalita.

Ecco le ultime 15 neopromosse ed i rispettivi piazzamenti nelle stagioni successive:

Com'era prevedibile, i club più blasonati (Atalanta, Torino, Sampdoria, Hellas Verona, Palermo e vedremo il Bologna) una volta tornati nella massima serie difficilmente scendono a breve; per gli altri la permanenza per più di 2 stagioni di fila non si è verificata, eccezion fatta per il Sassuolo anche grazie alla sua ricca proprietà.

In questo periodo di riferimento notiamo che ogni anno si sono sempre salvate al primo tentativo 2 neopromosse su 3. Riusciranno Carpi, Frosinone e Bologna a confermare questa statistica? Al momento sembra difficile ma la stagione è lunga.

Questi risultati sportivi sono correlati con gli investimenti fatti (nomi come Denis e Moralez per l'Atalanta nel 2011, Cerci e Eder per Toro e Samp l'anno successivo, Iturbe all'Hellas nel 2013, la conferma di Dybala al Palermo nel 2014 e Destro al Bologna questa stagione), che si spiegano con l'importanza della Serie A per i ricavi di questi club: sappiamo che bacino d'utenza e storia determinano l'assegnazione di una fetta importante dei diritti televisivi che questi club sanno di assicurarsi con la sola partecipazione alla massima serie, per poi cercare di aumentare gradualmente gli introiti.

Il monte ingaggi rispetta questa considerazione ed è spesso, se non sempre, proporzionato ai ricavi del club, infatti ben pochi presidenti sono disposti a perderci milioni di euro, fa eccezione il Sassuolo di Squinzi e quest'anno il Bologna che ha deciso di investire per provare a consolidarsi fin da subito in Serie A senza soffrire troppo (almeno nelle intenzioni).

La strategie adottate dalle neopromosse sono dunque strettamente correlate con la dimensione del club, in termini di bacino d'utenza, storia e disponibilità liquide della proprietà. Negli ultimi 5 anni in linea generale possiamo distinguere le neopromosse in 2 categorie:

La prima comprendente Atalanta, Torino, Sampdoria, H. Verona, Sassuolo, Palermo e Bologna che, come abbiamo visto, grazie alla garanzia di futuri maggiori introiti televisivi (e non solo) hanno cercato di consolidarsi fin da subito nella massima serie investendo già dal primo anno (soprattutto in calciatori ma anche in strutture, pensiamo al Mapei Stadium o alla ristrutturazione del Dallara).

La seconda comprendente Siena, Novara, Pescara, Livorno, Empoli, Cesena, Carpi e Frosinone che, consapevoli della loro dimensione e del relativo deficit in termini di fatturato, hanno considerato l'elevata probabilità di retrocessione e non hanno alzato allo stesso livello il monte ingaggi della Serie B, puntando perlopiù su delle scommesse con certamente l'obiettivo di salvarsi (l'Empoli l'anno scorso ha stupito), ma essendo pronti a subire una retrocessione in Serie B senza gravi conseguenze economiche, anche grazie al paracadute, per poi provare a risalire l'anno successivo, con l'obiettivo di crescere gradualmente per poi provare a issarsi stabilmente in Serie A. Per questi club infatti fare un po' di "altalena" tra Serie A e Serie B è già un successo.

Dei club citati, ce ne sono 2 in particolare che non hanno rispettato questa linea strategica generale almeno in termini di risultati: Siena e Novara. Per i bianconeri storia particolare, con 8 anni di fila in Serie A nei primi anni duemila dopo 100 anni in cui non vi era mai arrivata, anche grazie al supporto della Montepaschi, banca a cui il club è storicamente legato e gli scandali Montepaschi associati alla crisi finanziaria hanno coinciso (mese più mese meno) con il fallimento del club che peraltro stazionava in Serie B. Gli anni di A hanno comunque prodotto nuovi tifosi e valorizzato il brand e la Robur è già risalita in Lega Pro, categoria nella quale storicamente il Siena è stato più volte (50 partecipazioni alla terza serie), con l'ambizione di ritornare presto in B. Per il Novara deludente retrocessione in terza serie solo 2 stagioni dopo la Serie A, ma pronta e difficile risalita lo scorso anno vincendo subito il campionato di Lega Pro seppur da favorita (l'impressione è che i soldi del paracadute abbiano contribuito in maniera decisiva). Vediamo dunque la variabilità dei risultati sportivi, che è anche il bello del calcio, ma a grandi linee direi che le due strategie che abbiamo sintetizzato rappresentino comunque gran parte delle neopromosse.

Anche in questo caso la risposta cambia in base alla dimensione del club. Per squadre come Torino, Sampdoria e Bologna, le società, pur se finite in una serie inferiore, sono strutturate per affrontare la massima serie e in generale non occorrono (almeno nell'immediato) grossi cambiamenti dal punto di vista aziendale e impiantistico. Il basso monte ingaggi della Serie B rispetto agli introiti in A garantiscono, solitamente, buoni investimenti fin da subito senza la necessità di sacrificare i migliori giocatori della promozione. Una delle principali difficoltà da affrontare per questi club è l'aspettativa elevata della tifoseria che non accetterebbe di buon grado un ritorno in seconda serie, c'è dunque più pressione.

Per club come Empoli, Carpi e Frosinone la promozione spesso non era in programma e occorrono cambiamenti all'interno dell'azienda (banalmente, l'assunzione di nuovo personale) e spesso anche strutturali. Tutto questo, se il club non è ben organizzato, può creare problemi ed essere uno svantaggio perché appunto la società così com'è non è pronta ad affrontare le novità economiche, commerciali, comunicative ecc. della massima serie. Ma allo stesso tempo può essere un vantaggio perché è l'occasione per assumere nuovo personale competente o costruire un nuovo stadio se il precedente non è adeguato (ci sta provando il Frosinone), in una parola innovarsi.

Quali sono i principali vantaggi e, all'opposto, le maggiori difficoltà da affrontare per una neopromossa?

In un mondo in cui, in generale, è particolarmente difficile smuovere dalla poltrona chi comanda e dunque i cambiamenti non sono favoriti. Dal punto di vista tecnico, così come per i club più grandi, anche per questi club la promozione ottenuta solitamente con un monte ingaggi molto ridotto per la Serie A, garantisce la possibilità di investire pur volendo mantenere gli ingaggi bassi, per capirci sotto al 50% dei ricavi totali. Vediamo ad esempio i numerosi acquisti estivi del Carpi che hanno alzato il monte stipendi senza dover cedere i protagonisti della promozione, l'investimento sui giovani dell'Empoli nella scorsa stagione e il progetto nuovo stadio Casaleno finalmente ripartito a Frosinone, che pure non ha dovuto vendere nessuno ed ha fatto numerosi acquisti a parametro zero.

Certo, per questi club è difficile crescere in Serie A o anche solo stabilircisi come ha fatto il Chievo, come detto in precedenza fare "altalena" tra A e B sarebbe già un successo e il rischio di ritornare stabilmente nelle serie minori è dietro l'angolo, ma almeno a lungo termine occorre pensare in grande e ambire a crescere sempre. L'Udinese, il Chievo, ma anche lo stesso Empoli, hanno dimostrato che lavorando meglio degli altri si può crescere anche competendo con club più grandi e senza spendere di più, occorre però bravura sia tecnica che manageriale ed una visione aziendale lungimirante.


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