Nel leggere le principali notizie di oggi sono rimasto sorpreso dall’alto numero di atti violenti tra bambini in tenerà età, tutti a Catanzaro e tutti oggi!
Rileggendo meglio gli articoli ho però scoperto che la notizia era solo una, sempre la stessa, plasmata però sullo stile di questo o quel quotidiano. Vediamo qualche esempio.
Repubblica.it. Un bambino di sette anni viene picchiato da cotanei in una zona teatro di polemiche per la presenza di alcuni campi nomadi. Non si specifica nessuna “etnia” (che brutta parola, no?) dei piccoli coinvolti nella brutta faccenda. Solo un velato accenno a problemi sociali e di convivenza nella zona.
Corriere.it. Un bambino di sette anni viene picchiato dai compagni di scuola, finisce in ospedale. Nelle prime due righe dell’anteprima si parla degli aggressori: piccoli rom. Ma, nel definirlo piccoli, si vuole sottolineare come non siano grandi, non siano quindi criminali (“So’ ragazzì”). Il bambino è grave ma non in pericolo di vita.
Lastampa.it. Per La Stampa il bambino ha sei anni, quindi è ancora più piccolo. Due compagni rom lo prendono a calci e pugni nel pancino. Qualcuno mi trovi pancino sul dizionario. Si cerca evidentemente la partecipazione emotiva del lettore. Narrativa pura. Come se non bastasse è fondamentale per La Stampa precisare che il bimbo di sei anni è italiano. Gli aggressori no, quelli no.
Ilgiornale.it. Secondo il Giornale, il bimbo a 6 anni. Il titolo ci informa anche che a picchiarlo sono stati degli studenti (quanti?) rom. Studenti, attenzione, non coetanei. Quindi potrebbero anche essere, per quel che si sa, liceali, o universitari. Meno male che la verità viene fuori nel riquadro sottostante: si è trattato di coetanei ed il bimbo (per fortuna) non è in pericolo di vita. Se non fosse che i genitori di questi pericolosi rom di 6 anni sono, udite udite, pregiudicati. È proprio vero, dirà il lettore, i figli di delinquenti non potranno che essere delinquenti. E sono anche Rom. Apriti cielo.
“Una parola capace e definitiva… e questa voce, Roveda, deve essere sempre la stessa, dalla prima riga dell’editoriale all’ultimo annuncio economico.”