Le domande dell’infanzia narrate da Paolo Di Paolo

Creato il 16 dicembre 2014 da Viadeiserpenti @viadeiserpenti

di Rossella Gaudenzi

Paolo Di Paolo

Le domande dell’infanzia narrate da Paolo Di Paolo – Intervista all’autore di La mucca volante

L’ultima cosa che io, e suppongo  tanti altri, mi sarei aspettata da Paolo Di Paolo? Che scrivesse un libro per bambini e ancor più che lo illustrasse. Eppure durante l’estate apprendo la notizia direttamente dall’autore e dallo scorso 3 settembre La mucca volante (Bompiani) ti fa l’occhiolino dagli scaffali delle librerie. Oggi il libro è alla seconda ristampa. Stando alle parole di Paolo, spese in un accogliente locale romano davanti a un chinotto e a un bicchiere di vino, la storia della mucca volante viene da molto lontano e  lo aspettava al varco.

«Ho pensato di scrivere questo libro all’età di sette-otto anni. È veramente quel che considero il mio primo libro perché, se torno a me stesso bambino e al sogno di scrittore, so che immaginavo, magari sull’agenda di mio padre, uno spazio bianco su cui campeggiasse la scritta La mucca volante, il mio nome e una mucca disegnata. Successivamente ho ipotizzato di cambiare il titolo, che sarebbe potuto diventare Volare via, molto più poetico, ma per fedeltà al me stesso bambino che lo aveva immaginato come La mucca volante è rimasto invariato. Sebbene questo libro non abbia a che fare con l’esperienza del volo, con la logica tradizionale dell’imparare a volare; il volare via della mucca ha a che fare con tutt’altro tema. Tutto nasce una mattina della mia infanzia, quella in cui comincia il libro, in cui arrivo alla mia scuola, una scuola alle pendici dei castelli romani circondata dal verde a cui talvolta si avvicinavano delle mucche. Quella mattina vedo una mucca immobile con la pancia molto gonfia ferma sul prato della scuola. La mucca era ovviamente morta e in qualità di bambino ho vissuto questa esperienza come una rivelazione. La mucca con la pancia gonfia non mi ha spaventato ma mi ha incuriosito: le altre continuavano a brucare mentre questa restava immobile, ho iniziato a fare domande agli adulti che mi negavano una risposta fino a che l’indomani la mucca non c’era più. Dov’era finita? Per dare una spiegazione, fuori tempo massimo e a posteriori, alla sparizione della mucca di cui nessuno mi aveva detto nulla all’epoca, ho scritto un libro in un momento in cui volevo anche un po’ disintossicarmi dal mio essere adulto circondato da adulti. È avvenuto nel momento in cui non era più rinviabile un appuntamento con me stesso rimandato per venticinque anni».

Ripeto, l’ultima cosa da aspettarsi da Paolo di Paolo
Una sorpresa anche per me. Ma questa possibilità di stupirsi dovrebbe essere alla base del lavoro che si svolge. Venuto a contatto con la capacità di stupirmi ancora, di fare qualcosa che non stupisse gli altri ma che stupisse me, l’unica cosa che potessi fare era mettermi a scrivere una storia che avevo in testa, o almeno la sua origine, quindi una storia che veniva da molto lontano, dandole uno sviluppo fedele a quel progetto e alla mia prima e viscerale passione, che non era la scrittura bensì il disegno. Da bambino mi veniva molto naturale disegnare e per La mucca volante ho fatto disegni degni di un bambino, dal tratto non sofisticato. La casa editrice Bompiani non abbraccia al momento una collana per bambini, non esisteva quindi un’illustrazione di copertina standard già pronta e si è posto il problema: l’editor Beatrice Masini mi ha chiesto di tentare di fare le illustrazioni. Mi piacerebbe, quanto a progetti futuri, fare il lavoro di scrittore e affiancarmi a un illustratore, la collaborazione con l’altra creatività mi interessa molto. In questo caso si è trattato invece di riprendere possesso di una facoltà che avevo rimosso – non disegnavo da venti anni –  nel momento in cui ho smesso di sognare di diventare disegnatore. Nel momento in cui ha preso forma un progetto che è quello che avevo da ragazzino, ho ripreso in mano la matita quasi tremando.

Chi ti leggeva i libri quando eri bambino, e quali?
Mia madre, insegnante di scienze e matematica, forse per paura di comunicarci troppo la sua passione e poco quella per la lettura e la letteratura, oltre a insegnarci a leggere un po’ prima di andare a scuola ha riempito me e mia sorella – gemella – di libri illustrati, libri per bambini, libri pop-up.Il primo contatto con l’idea di letteratura l’ho avuto con corposi libri con costa viola, edizioni illustrate dei grandi classici della letteratura: Molière, Shakespeare e altri. Ne ero entusiasta e ammirando le figure cercavo di travestirmi da mercante di Venezia o malato immaginario, così come venivano rappresentati, cercando tra gli indumenti di mio padre e per, trasformarmi in malato immaginario, ad esempio, cospargendomi il borotalco sul viso. È stata incisiva la paura di mia madre di non comunicarci quel che non era nel suo orizzonte.

Esistevano eroi e antieroi nell’universo del bambino Paolo Di Paolo?
Esistono sicuramente storie in cui parteggiavo per qualcuno, ma in realtà non ero affascinato dai supereroi. Ero attratto da personaggi quotidiani, per questo mi appassionava il mondo dei Peanuts o di Topolino. Quanto a Paperopoli e Topolinia ogni storia, anche la più rocambolesca, partiva sempre da una situazione tranquilla: giornate di sole il più delle volte accompagnate da Paperina che annaffia i gerani e Paperino sull’amaca. In questa situazione di quiete qualcosa irrompe e la sconvolge. La mia testa vagava dentro Paperopoli, in uno spazio inesistente di cui mi sembrava di conoscere atmosfera, clima, come se io sovrapponessi quel che leggevo con la vita. Avevo residenza a Paperopoli e non a casa mia… questo spiega il fatto che trascorressi trepidante i mercoledì estivi sul balcone nell’attesa che il postino consegnasse Topolino a cui ero abbonato. La stessa cosa vale per i Peanuts. Snoopy era il mio vero eroe: con la sua macchina da scrivere iniziava a battere tasti di romanzi spesso rifiutati e questa era per me la situazione più divertente. Mi affezionavo a personaggi ordinari, vicini alla mia realtà, in linea con i personaggi dei miei romanzi che devono sempre misurarsi con il fallimento: Lucien di Raccontami la  notte in cui sono nato è un insoddisfatto; Italo Tramontana di Dove eravate tutti non riesce a finire la tesi di laurea, Moraldo di Mandami tanta vita incarna la frustrazione massima. Trovo più interessante il fallimento rispetto alla riuscita. Divagando, il film A proposito di Davis dei fratelli Coen è incentrato sul fallimento di un musicista: il protagonista si arrabatta, non riesce a emergere e verso la fine ascolta in un locale una voce molto forte e chiara, altro non è che l’allusione agli esordi di Bob Dylan. Questo è quel che mi interessa: il momento in cui stai tentando di diventare qualcosa e un ostacolo te lo impedisce. Ecco perché Snoopy, Charlie Brown e Paperino mi interessano molto: la relazione con la mediocrità, molto più diffusa del talento, e quell’attrito tra il cercare di spendere il talento e il ritornare nella mediocrità come zona grigia dell’esistenza.

Dopo aver scritto questo libro sono cambiate delle cose nel tuo modo di essere e di vederti?
Sì. In passato ho parlato spesso dei miei libri nelle scuole medie e superiori; in questo caso mi sono trovato a interagire con bambini delle elementari e la relazione è completamente diversa. I bambini ti mettono sempre davanti alle domande fondamentali. Facendo domande su La mucca volante i bambini ripristinano un rapporto di causa/effetto, razionalizzano e, ovviamente a modo loro, trattano tutto in modo trasparente, puro ed essenziale. Questa per uno scrittore è una grande lezione. Altro aspetto per me nuovo è la riconquista dell’innocenza delle parole: tornare, come ha commentato un caro amico scrittore “per sentirsi espresso… a una innocenza da primo mattino del mondo”. Ho sempre sostenuto il contrario, che la costruzione dello stile dovesse allontanarsi dall’innocenza. Non avevo compreso di aver raggiunto con La mucca volante un grado di espressione forse più totalizzante di quanto non avessi fatto con gli altri libri, nel momento in cui ho dovuto alzare l’obiettivo ad “altezza bambino” e restituire al linguaggio l’innocenza da primo mattino del mondo. Ho toccato anche in questo libro temi come morte e distacco (che indubbiamente mi sono propri), ma trattandoli in modo totalmente puro. Questa trasparenza mi ha portato a manifestarmi maggiormente rispetto a quando uso un linguaggio più alto e complesso, attraverso il quale anziché chiarire nascondo. Ricordando Calvino: “Scrivere è talvolta nascondere”; ebbene sì, a volte l’artificiosità stilistica nasconde l’innocenza da primo mattino del mondo. Se La mucca volante riesce a commuovere è perché dovendo parlare ai bambini ho attenuato il controllo dell’emozione, non mi sono preoccupato di essere sentimentale, cosa che solitamente rifuggo.

Questa esperienza ha generato in te un qualche stupore?
Fino ad ora ero convinto di non saper costruire trame ma di scrivere libri di atmosfera con intreccio molto esile. Sembra che nello scorrere delle pagine La mucca volante alimenti la voglia di scoprire cosa accade: per la prima volta ho costruito un piccolo intreccio in cui l’avventura passo passo ti porta a voler sapere come finirà la storia.

Domanda di rito: crisi del libro e della lettura ormai cronica, come confermerebbero gli annuali bollettini del settore. Però è nuovamente in controtendenza l’editoria per ragazzi. I lettori dai 6 ai 16 anni sono in crescita. Quali sono secondo te le ragioni di questo fenomeno e perché i giovani lettori, una volta adulti, smetterebbero di leggere?
Si può essere lettori molto famelici a dieci anni e nella pre-adolescenza o adolescenza perdere del tutto il contatto con la lettura. Innanzitutto perché interviene l’obbligo scolastico e la lettura non è più gioco. Quando ai bambini delle elementari si chiede cosa fa uno scrittore la risposta è che racconta storie, non che scrive libri. L’aspetto ludico è dominante. Quando entra in gioco l’aspetto di studio cambia la prospettiva e nella fase di pre-adolescenza anche il genitore riesce a essere meno incisivo con i suoi consigli e la sua presenza, anzi, ciò che i genitori propongono è quello che non fai. Fino a che sei bambino anche il libro fa parte dei giochi; quando devi leggere un determinato libro, come il libro per l’estate, perseveri solo se ti anima una passione forte. La qualità della produzione per bambini e ragazzi in Italia è molto alta e sta crescendo l’attenzione degli editori a tutto questo, cresce l’investimento; aumenta l’attenzione all’illustrazione e quindi al cosiddetto settore cross-over non più limitato alla sfera infantile. A detta di Barbara Schiaffino, direttrice della rivista di settore più autorevole, «Andersen», anche l’attenzione per quel che produce l’Italia sta crescendo nel mondo: i nostri autori per bambini, dati alla mano, cominciano a riscuotere successo nel mondo. Non dimentichiamo che il nostro titolo più tradotto al mondo in assoluto è legato al personaggio del topo Geronimo Stilton, che supera anche Umberto Eco.

Se Paolo Di Paolo fosse bambino oggi, con quale libro uscirebbe da una libreria?
Con un libro pop-up. E comunque catturerebbero la mia attenzione il colore e l’illustrazione.

E quali libri ti aspettano sul comodino?
Dopo tanto tempo in cui non riuscivo più a stupirmi dei libri di narrativa contemporanea, sono rimasto folgorato da due scrittori notissimi al mondo, che fanno parte di una triade intoccabile di autori israeliani (Grossman-Yehoshua-Oz): l’ultima opera di Amos Oz Giuda (Feltrinelli) che ho trovato straordinaria, di grande intelligenza e profondità: un Giuda rivisitato, letto non come il traditore ma come colui attraverso il quale si sono compiute le scritture e senza il quale il Cristianesimo non sarebbe nato. Calato in una in una piovosa Gerusalemme di fine anni Cinquanta. Più trascinante ancora, Applausi a scena vuota di David Grossman (Mondadori), titolo così tradotto in Italia ma in lingua originale ispirato alle battute iniziali di una barzelletta: Un cavallo entra in un bar. Strepitoso, ne sono rimasto affascinato. Se ti aspetti di trovare il Grossman che già conosci ti spiazza e a  pensare che uno scrittore sessantenne riesca a scrivere qualcosa di così radicalmente diverso dal solito ti togli il cappello. È la storia di un cabarettista cinquantasettenne senza troppa arte né parte che in un locale, un po’ sudaticcio, inizia a raccontare barzellette ma il cabaret deraglia perché inizia a inserire pezzi della sua vita privata. Diventa una sorta di confessione più o meno volontaria, intrisa di brani esilaranti, in cui convergono la difficoltà dell’attore di far ridere, la difficoltà del pubblico di abbandonarsi al riso, la scommessa di tenere le persone ancorate alla propria storia e non più al copione. I pochi che restano in sala sono coloro che sono disposti, in generale nella vita, ad ascoltare la storia di qualcun altro. Un libro bellissimo sulla tragedia e sul riso, sulla vita che va avanti nonostante tutto, sulla zona segreta di ciascuno.

Paolo Di Paolo, classe 1983, finalista allo Strega 2013 con il suo Mandami tanta vita (Feltrinelli), ha esordito nel 2004 con i racconti Nuovi cieli, nuove carte (Empirìa). Nel 2008 ha pubblicato per Giulio Perrone Raccontami la notte in cui sono nato e nel 2011 Dove eravate tutti per Feltrinelli. Nel 2014 è uscito La mucca volante (Bompiani), il suo primo libro per bambini.

Paolo Di Paolo sarà, con Giulio Perrone, l’ospite finale di Cosa si fa con un libro? il 7 maggio 2015.


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