Ho cominciato a sentir parlare di Meryl Streep quando ancora avevo tutti i capelli in testa (e ne è passato di tempo...): 'Lady Oscar' il suo soprannome preferito. E lo credo: diciassette candidature, due vittorie, svariati trionfi ai Golden Globes e ad altri premi cinematografici. Non penso che esista al mondo un'attrice più premiata di lei. Autentica 'signora' di Hollywood, mito senza tempo, esempio per le giovani attrici di tutto il mondo, eccetera eccetera...
Ovviamente non si può eccepire nulla sulla bravura artistica della Streep. Sarebbe come dire che l'acqua è bagnata. Eppure, lo dico, non mi ha mai particolarmente emozionato. Sapete perchè? Perchè l'ho sempre considerata una 'cannibale' del grande schermo: vale a dire un'attrice bravissima ma talmente egocentrica da fare il vuoto attorno a sè e 'costringere' lo spettatore a guardare nessun'altro che lei, quasi volesse ogni volta 'ricattarlo'!
Che cosa significa? Che questa grande attrice, da sempre, sceglie di interpretare non i film più belli, ma quelli in cui è la protagonista assoluta, per non dire l'unica. Film, cioè, anche mediocri, ma che consentono la classica 'prova d'attore', indipendentemente dalla qualità. Ne è un tipico esempio anche The Iron Lady, che è ancora in sala e che con buona probabilità le farà vincere il terzo Oscar. E' un bel film? Assolutamente no: si tratta di un biopic scontatissimo e banale, completamente fuorviante per chi vuole conoscere davvero il personaggio di Margaret Tatcher.
Anche Albert Nobbs, infatti, non è certo un film esente da difetti. Anzi. Funziona bene per tutta la prima parte, quella dedicata al 'travestimento' e alla paura di rivelare la propria identità: un corpo di donna improgionato in abiti maschili che soffocano anche le pulsioni emotive e sessuali della donna, che si vede costretta a rinunciare alla propria passione amorosa per conservare lavoro e condizione sociale (in questo il film assomiglia molto all'ivoriano Quel che resta del giorno). Quando però compare sulla scena la giovane Mia Wasikowska nel ruolo della camerierina che 'sconvolge' l'esistenza della protagonista... la pellicola di Rodrigo Garcia ondeggia pericolosamente verso il ridicolo involontario, in quanto la 'confusione' sessuale della pur brava Glenn Close risulta ben difficilmente credibile, non aiutata certo in tal senso da una sceneggiatura quantomai lacunosa.
Due film mediocri, insomma, che consentono alle due protagoniste ruoli 'da Oscar'. La sfida per la miglior interpretazione femminile quest'anno è tutta qui. Indice, ancora una volta, di una certa penuria di ruoli femminili in una Hollywood ancora molto 'conservatrice' e avara verso il gentil sesso, quando non si tratta di blockbuster fracassoni e signorine giovani e discinte. Del resto, basti vedere la cinquina (e soprattutto i film) delle cinque attrici candidate e confrontarla con quella maschile, che la differenza è evidente. La vecchia cara Hollywood non è più un paese per donne, specie se sopra gli 'anta'...