Le elezioni politiche del 24 e 25 febbraio saranno presumibilmente il crocevia di una fase nuova non solo per l'Italia, ma anche per il Vecchio continente. La crisi economica ha restituito prepotentemente una dimensione europea agli affari interni dei singoli Stati membri. Non che da adesso in poi ogni elezione sarà un referendum sull'Europa, ma di certo molto le consultazioni potranno dire sulla presa di coscienza da parte dei cittadini. Su misure anti-crisi, austerity, tenuta dei conti pubblici, lavoro. Nei prossimi giorni, secondo la normativa vigente, sarà vietato rendere pubbliche le rilevazioni degli istituti demoscopici sulle intenzioni di voto. Eppure qualche numero da sviscerare, nelle ore a seguire, ci sarebbe ancora. Sono cifre che, nel bene o nel male, ritraggono la fiducia degli italiani e di cui i leader politici dovrebbero fare tesoro. La campagna elettorale non sembra per il momento aver suscitato particolari emozioni, tanta è la delusione dei cittadini già certificata mesi addietro. E, salvo alcune eccezioni, non ha fornito particolari risposte, benché vacue, riguardo i temi teoricamente più caldi in agenda. Il mutamento degli scenari politici – ad esempio il passaggio da un bipolarismo a geometrie variabili ad un tendenziale bipartitismo, di fatto già sconfessato – avrebbe dovuto “facilitare” le scelte degli elettori, i quali hanno al contrario invertito la rotta a seguito degli scandali e dell'inerzia (la legge elettorale dice niente?) in seno alle forze politiche. Stando alla rilevazione Eurispes sulla propensione al voto, dal 2004 al 2013 “il dato di persone che dichiarano di votare 'sempre' è progressivamente diminuito, raggiungendo proprio nel 2013 il suo minimo storico: scendendo di oltre sette punti percentuali, meno del 77% degli intervistati dichiara, infatti, di votare sempre. Aumenta, di contro, il numero di persone che non ha problemi a dichiarare di non andare mai a votare, raggiungendo il 4,3%. Entrando più nello specifico, chiedendo quindi agli intervistati se intendono recarsi alle urne alle prossime elezioni politiche, si osserva come il dato scende rispetto a coloro che avevano dichiarato di votare sempre: 73,2% rispetto ai 76,9%, quindi più di 3,5 punti percentuali in meno. Questo – rilevano i ricercatori Eurispes – indica come le prossime politiche siano vissute all'insegna dell'incertezza e della poca chiarezza recepita nei programmi e nelle coalizioni che, di conseguenza, aumentano l'allontanamento dei cittadini e la fiducia nello strumento elettorale”. Non solo. Il clima di sfiducia è inoltre foriero di uno scollamento tra i cittadini e le istituzioni. Come nel caso del Parlamento, che raccoglie (ancora dati Eurispes) l'89,7% degli sfiduciati (il 51,3% non vi ripone alcuna fiducia, il 38,4 poca). Tale sentimento si acuisce tra quanti appartengono alla fascia d'età compresa tra i 45 e i 64 anni, dove il dato arriva addirittura al 91,7%, insieme a quella tra i 35 e i 44 anni (90,2%). C'è ben altro di cui preoccuparsi, al di là delle proposte choc e delle promesse roboanti.
(anche su T-Mag)
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