Il verdetto delle elezioni in Ucraina non ha riservato grosse sorprese. La partecipazione è stata poco sopra il 50% secondo gli occidentali, i media russi parlano di percentuali più basse. Ha vinto di misura Poroshenko con il suo “Blocco” che, a scrutini ancora in corso, si sta attestando intorno al 23%. Secondo posto, niente affatto inaspettato, al contrario di quello che ci hanno raccontato per giorni i giornali euro-atlantici, il “Fronte popolare” dell’attuale e futuro Premier Yatseniuk, il quale, pur avendo il carisma di un rospo delle paludi, ha raccolto il 21,3% dei suffragi. Gli americani hanno lavorato per lui costruendo un consenso dal nulla e comprando pacchi di voti per influenzare le scelte del futuro governo. L’alleanza tra il cioccolataio e il bancosauro è ormai inevitabile per la formazione dell’esecutivo. Terzi classificati i maidanisti del sindaco di Liv’v Andriy Sadovy, che prendono il 13,2%. Brutta batosta invece per i nazionalisti radicali che, accreditati di un exploit nei sondaggi pre-elettorali, sono stati superati dall’opposizione filo-russa arrivata al 7,6%, un punto percentuale in più del partito di Lyasko, il quale è stato agganciato anche da Svoboda (6,3%), i nostalgici del fascismo che su consiglio della Casa Bianca si sono riciclati in libertari. Yulia Timoshenko è la grande sconfitta dalle urne, senza l’endorsement di Washington e con il tradimento del suo pupillo che si è fatto il suo partito, è precipitata al 5,6%. Avrà scarsa influenza sul futuro gabinetto ma conoscendo la signora non rinuncerà facilmente alle sue aspirazioni di leadership, forse tenterà di organizzare un altro complotto per risollevare le sue sorti in forte ribasso. I più delusi sono però i nazisti filostatunitensi di Pravy Sektor, dopo essersi fatti usare per stragi e crimini contro l’umanità dalla Cia, facendo la solita figura degli utili idioti, non entreranno nemmeno in parlamento col loro misero 2,4%. Come anche i comunisti, giunti intorno al 3%. Tuttavia, Il dato più interessante di questa tornata elettorale non sta nelle cifre ufficiali e negli equilibri che ne conseguiranno in Parlamento. L’aspetto più rilevante riguarda i futuri assetti del sud-est del paese che ha scarsamente partecipato alle elezioni. Da Odessa a Karkhov si respira un’aria di ribellione contro Kiev e i suoi oligarchi. In questo caso si parla di due regioni economicamente molto vive che non vogliono pagare il conto dei disastri commessi nella Capitale e che non nascondono la voglia di autonomia per gestire in loco le proprie risorse. Poroshenko ha capito che da qui verranno i prossimi problemi per l’Ucraina. Mentre il Donbass è considerato perso, come la Crimea (impossibile continuare la guerra contro questi territori con il 65% della forza militare distrutta) i dittatori di Kiev temono futuri disordini in queste aree strategiche dove vivono grandi comunità russe e sussistono tessuti economici sviluppati. Per questo il Tycoon di Bolgrad ha rilasciato dichiarazioni di fuoco sul destino della città e dell’intero Oblast’ di Odessa, osando giustificare il massacro del 2 maggio scorso, quando più di 200 militanti antimajdan furono sterminati nella casa del Sindacato da ultras ed estremisti di destra. L’Occidente, ovviamente, non ha avuto nulla da ridire sulle affermazioni schioccanti del presidente ucraino, fiero dei pogrom banderisti contro la popolazione civile e del sangue innocente versato per permettere a delinquenti corrotti come lui di rovinare una nazione. Nei prossimi mesi potrebbero esserci delle sorprese perché l’Ucraina è economicamente in fondo al baratro (calo del 9% del PIL, svalutazione monetaria del 50%, declino accelerato del tenore di vita, spopolamento progressivo ed insufficienza di aiuti dall’estero) e potrebbe essere incapace di resistere ad ulteriori spinte centrifughe innescate dal disastro finanziario in atto. Staremo a vedere.
Ps. Una curiosità. come scrive Dragosei oggi sul Corriere (si proprio lui, il nostro fervente russofobo): “…il Donbass è di fatto staccato da Kiev. Nonostante le assenze (senza contare gli abitanti della Crimea), uno dei partiti che fanno riferimento all’ex presidente filorusso Viktor Yanukovich entrerà in Parlamento. E se avessero votato tutti? Alle elezioni del 2012, dichiarate legittime da osservatori internazionali, il partito di Yanukovich aveva conseguito il 30%. Anche oggi sarebbe il gruppo di maggioranza relativa. E avrebbe l’incarico di formare un governo.” Avete capito bene, senza il colpo di Stato finanziato dagli Usa oggi l’Ucraina sarebbe ancora lo stesso paese di ieri, in pace con Mosca e con se stesso.