Le erbe di campagna: tra tradizione culturale e memoria contadina

Creato il 22 ottobre 2012 da Auroradomeniconi

Non ho mai fatto mistero del fatto che mi ritengo molto fortunata semplicemente perché vivo in Romagna. Dal mio paese, Savignano sul Rubicone, in 15 minuti si può raggiungere non solo il mare, ma andando in senso opposto abbiamo a portata di mano anche la collina, o campagna che dir si voglia. Fermo restando che dalle nostre colline si gode di un panorama davvero eccezionale, poiché nelle limpide giornate estive lo sguardo spazia in profondità riuscendo a farti vedere perfino il mare, è soprattutto in primavera e in autunno che si sente forte il richiamo di una passeggiata e un po’ di aria fresca di collina.

La frase tipica che si sente spesso a casa mia nei mesi che vanno da aprile a ottobre è: “Che voglia di andare in campagna, oggi!”. Eh sì, perché per me e mia mamma collina e campagna sono sinonimi (e continuando a leggere capirete il perché). Ma vi dirò di più. Una frase simile, che esprime lo stesso concetto con un’altra formula, è anche: “Oggi avrei proprio voglia di andare ad erbe”.

erbe di campagna

E’ una tradizione rurale della mia terra, infatti, quella di raccogliere delle erbe comuni e spontanee durante una passeggiata in campagna allo scopo di usare quelle stesse erbe in cucina o per la “farmacia domestica”. Una specie di fatto culturale, insomma, che poco più di cinquant’anni fa caratterizzava le famiglie di origine contadina e faceva felici i ragazzini, dai grandicelli ai più piccolini, i quali trovavano in questa esperienza l’espressione della propria libertà e, insieme, della responsabilità. Mia mamma mi ricorda spesso di quando con il gruppo dei suoi amichetti veniva mandata a raccogliere un certo tipo di erbe e di fiori che poi sarebbero stati venduti per poche lire al sacco “a un signore di Sant’Arcangelo (di Romagna, n.d.a.) che preparava le medicine”. E le mamme di quei ragazzini, le nostre nonne, hanno tramandato alle loro figlie una conoscenza pressoché esatta delle “erbe” che crescono stagionalmente sulle nostre colline, nonché dell’utilizzo che se ne può fare soprattutto in cucina. I cassoni alle erbe, per esempio, che sono una delle più tipiche e apprezzate coniugazioni della piadina romagnola, traggono origine proprio da questa tradizione culinaria di una volta.

Sebbene io abbia ancora qualche difficoltà a distinguere i vari tipi di piante, andare in campagna con mia mamma e sua cugina quando “vanno ad erbe” è sempre qualcosa di educativo. Primo perché condivido con mia mamma un’esperienza che fa parte della sua memoria e cerco – anche se con scarsi risultati – di imparare a riconoscere le erbe e fare mia una tradizione contadina di un tempo. Secondo perché è rilassante passare un pomeriggio in campagna, partecipare alla raccolta e condividere poi, a tavola, i risultati dei nostri sforzi (anche se pulirle, le erbe, è molto più stressante che raccoglierle… ma vuoi mettere la soddisfazione?). E terzo perché è sempre bello godere di un tipico paesaggio collinare in una calda giornata di sole, quando oltre a dedicarmi alla raccolta (a volte del tutto infruttuosa) delle erbe ricorro alla tecnologia moderna facendo miliardi di fotografie a un soggetto, la campagna-collina, che trovo sempre estremamente affascinante.

Unendo questi tre aspetti dell’andar per erbe, durante la nostra ultima spedizione campestre ho trovato l’ispirazione per un post dal sapore un po’ rétro, quasi vintage, attraverso il quale vorrei provare a raccogliere e tramandare un sapere comune che – ahimè – tra noi giovani sta quasi scomparendo. Sono stata anche fortunata perché nel posto in cui siamo capitate c’era una grande varietà di erbe: non ci sono, infatti, dei luoghi specifici preposti al tipo di attività cui ci accingevamo noi (molto dipende dal trovare il posto giusto, spesso per puro caso); semplicemente si va in giro, si guarda cosa c’è e può capitare che ci si sposti anche più di una volta se alla prima non si azzecca “il posto giusto” (ma, attenzione, il podere di un contadino non è mai il posto giusto! Si tratta sempre e comunque di erbe di campo ). Per noi è stata buona la prima ed io, armata di macchina fotografica e smartphone (che è tornato utile per cercare su google le immagini di una pianta sulla cui identità erano sorti dei dubbi…), ho seguito passo passo mia mamma e sua cugina, che erano invece armate di sacchetto e coltello, per immortalare le piante e le erbe che via via si fermavano a raccogliere.

Il radicchio selvatico e il crespigno (nome dialettale: “scarpégn”) sono erbe tipiche, che si trovano in ogni periodo dell’anno. Ottime da preparare insieme, sbollentate, tagliate e condite con sale-pepe-aglio-olio per presentarle come verdure di contorno (le classiche erbe miste), oppure come ripieno dei cassoni di cui sopra.

crespigno – radicchio

C’è poi il tarassaco, l’erba spontanea forse più conosciuta e più raccolta, che si può mangiare cruda, in insalata, oppure cotta. Una curiosità: da questa pianta nasce un fiore giallo comunemente noto come dente di leone; quando è maturo, questo fiore si trasforma in una soffice sfera bianca che, ne sono certa, almeno una volta avete raccolto tutti per soffiar via il ciuffo di peli bianchi alla sua sommità. Vi dice niente il nome “soffione”?

tarassaco – soffione

Se la fortuna ci assiste, poi, può capitare che si riescano a trovare anche delle erbette un po’ più delicate, come le vitalbe (nome dialettale: “döibi”) o gli stridoli: entrambe le specie sono particolarmente indicate per la preparazione di sughi (in accompagnamento a delle tagliatelle all’uovo o a un risotto), oppure per una frittata.

vitalbe

Per chi volesse approfittare dell’occasione per rinverdire un po’ il proprio terrazzo o giardino, ci sono anche colorati fiori di campagna quali la cicoria selvatica, il radicchio selvatico, o le primule selvatiche (in ottobre si può trovare la pianta, che in primavera vi darà dei bei fiori giallo intenso).

cicoria – primula – radicchio

Dopo due ore di fruttuoso lavoro, eravamo compiaciute e assai soddisfatte del nostro ricco bottino. E poiché si sa che l’aria di campagna mette un certo appetito, se vi capita di imbattervi in frutti selvatici servitevi pure! Noi abbiamo scovato e condiviso qualche grappolo di uva selvatica, dei cachi e qualche pera mignon: un gusto assolutamente impareggiabile

pera selvatica

Ora tocca a voi: sono curiosa di sapere se c’è qualcuno che condivide con me la passione per le tradizioni culturali della propria regione, come quella che vi ho appena raccontato. E se siete tra quelli che magari hanno imparato ad “andare ad erbe”, fatevi avanti e raccontateci quali sono le erbe spontanee che siete abituati a raccogliere dalle vostre parti.


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