Quelle sopra sono due fotografie che ho scattato questa mattina nei pressi di Treixe, una località campestre di Isolabona. In questo periodo dell'anno la flora e la maggior parte delle specie arboree sembrano essere imbalsamate, non emettono alcun segnale di nuova vita. La mia attenzione è stata attirata dai puntini rossastri di una Calluna vulgaris (il Brugo) ben esposta al sole. Dopo aver montato tutto l'occorrente per uno scatto macro, ho scoperto che quei puntini (un paio millimetri) erano in realtà boccioli. Ancora una volta la fotografia mi ha regalato una gioa a conferma di una mia convinzione. Cercare oltre, dove l'occhio nudo non riesce a vedere, è meraviglioso. Ritengo altresì che questa regola valga solo per le bellezze della natura, in altri casi è meglio restare miopi.Di seguito potrete leggere una scheda molto dettagliata che mi ha gentilmente inviato Alfredo Moreschi sulle Eriche e Calluna. Potrete leggere informazioni che spaziano dalla storia alla botanica, dalla mitologia alla medicina popolare e a tanto altro...
Le Eriche (Specie dei generi Erica, Calluna) diAlfredo Moreschi
Erica arborea: Brugo nome generico per molte località liguri, Brùga matta a Mele, Brùja a Sella, Brùa a Moneglia, Brugo da spassuin a Genova, Brigu o Scua a Pigna, Scuxu maschio in Val d'Arroscia, Spassuìn a Cogorno, Stipa a Sarzana, Ulesa a Caprigliola, Urxe o Uxe a Campegli. Uesce a Bargone, Urxa a Monterosso. Erica scoparia: Bruga domèstega o da spassuie a Mele, Scuvu femmina in Val d'Arroscia. Brugo femmina ad Imperia, Brùghe fumeline a Savona, Brùghe mapelin-e a Calice. Erica erbacea: Erba gioxia a Mele, Brugatta a Rapallo e Galla grixa a Cogorno. Erica cinerea: Gioxia al Monte Armetta, Grixui ad Imperia. Calluna vulgaris: Brugo o Brigorina ad Imperia, Brughin-a a Lavagna, Brùastru a Palo, Grixiùn in Val d'Arroscia, Reixuin a Savona, Dinastri a Spotorno, Urscia a Chiavari, Gromi a Sarzana, Ruxùn a Sella, Costu neigru a Cogorno.
Nel linguaggio comune la parola Erica è usata in modo assai più estensivo di quanto non si riscontri nella sistematica vegetale dove si separano, con due differenti denominazioni, le numerose formazioni specifiche appartenenti al Genere Erica dall’unica specie del Genere Calluna.
L’elemento principale di distinzione e rappresentato dalla dimensione del calice, molto più lungo nelle prime, ma più corto nelle seconde nei confronti delle corolle. Si aggiunga che, nella Calluna, il calice stesso è membranaceo, consistente, internamente colorato di rosso, ingannevolmente circondato alla base da quattro brattee verdi.Inoltre, la sua corolla ha forma campanulata con quattro lobi divisi, mentre nelle Erica si presenta con una forma urceolata e termina in quattro lobi poco profondamente divisi fra loro. In un primo tempo la Calluna vulgaris fu descritta da Linneo sotto il nome di Erica vulgaris, ma venne scorporata nel 1802 ad opera di Richard Salisbury ed istituita quale Genere monospecifico, derivandone il nome dal verbo greco “kalluno” (scopare, adornare).Questo aggraziato arbusto era infatti ben noto sino dall'antichità, utilizzato per la preparazione di ramazze, per la decorazione del giardino e della casa come fiore reciso. Lo si riteneva inoltre, in questi utilizzi, portatore di fortuna e serenità, tanto che non mancava mai negli addobbi floreali nuziali ed in ogni lieta ricorrenza.Pianta assai comune nel paesaggio dell’intero emisfero boreale, nasce spontaneamente in tutta la nostra regione, apprezzata per la sua versatilità nella decorazione del paesaggio; per la sua rusticità e resistenza nell’ambito del giardino; per i noti utilizzi pratici ai quali in molte regioni italiane si aggiunge quello di solida struttura portante per gli allevamenti del baco da seta; per essere una delle specie vegetali considerate medicinali anche dalla moderna fitoiatria.Nel mondo religioso dei Celti, la Calluna era dedicata a Nechtan, Dio di una sorgente e dell’acqua della conoscenza, al quale si chiedeva di far piovere con delicatezza; per questo motivo durante le preghiere si bruciava assieme a fronde di Felce per convincere le nubi più cariche ad allontanarsi. Le donne confidavano che il solo fatto di portarne un rametto fra le vesti (la varietà a fiore bianco era considerata la più adatta) le avrebbe salvate da rapine, stupri ed altri crimini violenti; oppure, in subordine, avrebbe procurato loro un evento fortunato.La Falsa erica era anche la materia prima per purificare le vecchie abitazioni dalla presenza di fantasmi, così almeno raccontano le antiche storie tradizionali delle terre celtiche inglesi ed irlandesi dove questo frutice era comune nelle brughiere e serviva a diversi scopi; anzitutto per coprire i tetti delle abitazioni di campagna, permettendo anche ai montanari di dormire sul caldo e comodo giaciglio imbottito con le sue fronde. Il tannino contenuto favoriva una corretta concia delle pelli, serviva per tingere la lana e le sommità più tenere, sottoposte fermentazione, consentivano di produrre un’ottima birra chiara. La Calluna vulgaris var. alba è l’unica sbocciare in gran copia già ad Agosto, ma nascono nelle brughiere scozzesi ed irlandesi altre specie di questo genere che saltuariamente producono fiorellini bianchi. La Falsa erica vi fiorisce in bianco più frequentemente ed è sorprendente l’enorme quantità di corolle prodotte, anche se di minor dimensione rispetto a quelle dei cespi a fiori rosati. Da alcuni millenni è considerata emblema della buona sorte, e ha acquistato maggior fama nel mondo, da quando i più diffusi settimanali di metà ottocento pubblicarono le incisioni in cui era ritratto il futuro Imperatore della Germania Federico Guglielmo II° mentre si dichiarava alla futura moglie, la figlia della Regina Vittoria d’Inghilterra, offrendole un mazzo fiorito di Falsa erica. Il Kaiser, soggiornò a lungo a Sanremo alla villa Zirio, dove fu raggiunto dalla notizia della morte del padre diventando Kaiser solo per 100 giorni.ERICALe Erica sono invece un Genere molto affollato con oltre 600 specie che in Europa occupano la regione mediterranea e, al di fuori del nostro continente, popolano i paesi dell'area asiatica ed africana con particolare insistenza nella flora dell’Africa meridionale. Secondo i testi di botanica, il loro battesimo, attribuito a Dioscoride, è stato ricavato dal termine greco “ereiko” (spezzo) con l’intendimento, si suppone, di riferirsi alle proprietà diuretiche di alcune specie, ritenute capaci di sciogliere i calcoli ai reni ed alla vescica.In merito a questa denominazione si fanno però altre ipotesi meno miracolistiche, rapportandola alla fragilità delle sue foglioline, o all'azione di rottura che le Eriche provocano, con le radici fra le rocce.Sono piante utilizzate per molti e svariati usi, come la fabbricazione di scope, pipe o impiallacciatura per mobili, esse debbono però la maggior parte della loro popolarità alla grande diffusione avuta nel giardinaggio.In questo specifico settore, se si eccettuano le nostrane Erica herbacea ed Erica cinerea, la parte più consistente è stata riservata alle vistose ed eleganti specie del Sud Africa che, ad iniziare dal 1760, vennero importate dapprima in Inghilterra e poi nel resto dell'Europa.Personaggi noti sono legati alla loro diffusione, come l’Imperatrice Giuseppina, moglie di Napoleone, fierissima del proprio vivaio personale comprendente tutte le più recenti novità del tempo in fatto di Eriche provenienti dal Sud Africa.Nonostante il fiero odio che in quel burrascoso periodo divideva la Francia dall’Inghilterra, l’Imperatrice aveva trovato con il nemico inglese, il vivaista John Kennedy, un accordo segreto per violare il blocco navale e dividere a metà sia i costi, sia le nuove specie che un raccoglitore ricercava per conto loro nelle lande sudafricane. Carlo Maupoil, curatore del manuale di orticoltura Le bon jardiniér, parlando delle Eriche, ne fornì una descrizione così sintetica ed efficace, che si impone per la sua attualità:”questo genere comprende alberi in miniatura, arbusti indigeni ed esotici, ma tutti graziosissimi per le loro foghe sempreverdi e per la vivacità e singolarità dei fiori, che sono spesso numerosi e riuniti, di un solo colore, o molti, ed ora grossi ed ora piccoli, di una infinità di forme differenti”.I responsabili maggiori della diffusione delle Eriche nel giardinaggio sono stati i tedeschi, autori di una cospicua serie di ibridi spettacolari; infatti, il gruppo di orticoltori alle dipendenze di Joseph Christian Wendland, capo giardiniere della corte imperiale, nella prima metà dell’800 vantava la maggior selezione con poco meno di 200 specie di Eriche; lo testimoniano le 160 tavole da lui dedicate alle specie sudafricane in allora individuate.I fusti sotterranei dell’Erica arborea si sviluppano formando il caratteristico "Ciocco di Brugo" il cui legno contiene una grande percentuale di acido salicilico e mostra una eccezionale compattezza e resistenza. Queste peculiarità naturali fanno della radica. un legno insostituibile per realizzare i notissimi fornelli da pipa nei quali il tabacco, bruciando, libera il meglio del proprio aroma e sapore. Nell’entroterra di Imperia e di Sanremo molti sono gli artigiani che si dedicano al lavoro di selezione dei ciocchi ed a tutte le principali operazioni di stagionatura, taglio, sgrossatura e rifinitura di pipe che raggiungono poi tutti i principali paesi del mondo.Il legno di questi fusti sotterranei è particolarmente apprezzato anche dai falegnami mobilieri per ricavarne impiallacciature costosissime e ricercate, mentre è stata abbandonata, per fortuna del nostro patrimonio boschivo, la consuetudine di ricavarne il carbone dolce.Nella medicina popolare, l’Erica herbacea (in concorrenza con la Calluna) é accreditata di proprietà diuretiche, astringenti ed aperitiveed è inclusa fra le piante definite “della tranquillità” perché ambedue servono per preparare una tisana tonica e calmante nello stesso tempo.I fiori della Erica cinerea forniscono un colorante giallo adoperato sovente per imbiondire la birra in sostituzione del Luppolo (Humulus lupulus).Tutte le quattro Eriche spontanee in Liguria (ne esisterebbe una quinta, l’Erica multiflora, data come avventizia nella Riviera di Ponente), sono ampiamente conosciute ed utilizzate in tutte le località della Regione come testimoniano i nomi loro destinati dai dialetti regionali, anche se la palma della notorietà deve essere assegnata alla Calluna vulgaris, soprattutto per l’uso medicinale. Infatti, contiene molte sostanze medicamentose come l'arbutina (che nell'organismo si decompone in zucchero ed idrochinone), molto tannino, l'ericolina un principio resinoso ed un olio di odore sgradevole, chiamato ericinòlo. Sin dall’antichità è stata considerata potente diuretico, utile per espellere i calcoli e per l’azione antiputrida. Durante la prima guerra mondiale venne più volte somministrata a malati di cistite con buoni risultati. Se ne usano 30 grammi di sommità fiorita cotta in un litro di acqua, ridotta ad un terzo ed alla dose di 2 tazzine al giorno, per curare le infiammazioni prostatiche ed i reumatismi. Nel giardinaggio sono innumerevoli le varietà ottenute dalla Calluna vulgaris, specie a portamento più o meno prostrato, tendente ad allargarsi per formare dei cespugli dall’aspetto molto ordinato e decorativo in tutti i mesi dell'anno, sia al momento della fioritura che negli altri periodi vegetativi. Queste piante così umili e frugali hanno originato il nome di brughiere a quelle tipiche estensioni di territorio situate ai piedi delle Alpi ed estese su terreni diluviali o negli spazi occupati un tempo da boschi. Nelle diverse epoche sono stati trasformati in pascolo, degradati da altri tipi di intervento umano sino alla conseguente acidificazione dei suoli. In alta Italia, nell'alta Pianura padana, sui terrazzi alluvionali della Lombardia, di Piemonte e Liguria, si incontrano ampie brughiere dove accanto ai tappeti uniformi del Brugo si elevano di poco i cespugli di "Ginestra dei carbonai", frammisti ad alcune Graminacee, rappresentate soprattutto dai cespi della Molinia. Salendo verso i rilievi, nelle parti più fredde si incontra un'altra Ericacea, l'Erica carnea, i cui fiori rosa anticipano la stagione primaverile. La pianta si eleva anche oltre gli estremi livelli dei boschi caratterizzando le brughiere alpine frammista a Mirtilli ed Uva ursina.Negli inverni miti, tipici della Liguria, mantiene la sua attività vegetativa per tutto l'anno, mentre durante le giornate ventose, immediatamente, gli stomi delle minutissime foglie si bloccano per ridurre la traspirazione, riducendo di conseguenza l'attività foto-sintetica.Ma anche nei momenti di siccità più accentuati le foglie sempreverdi forniscono un prezioso nutrimento per il bestiame di piccola e di grande taglia.Nel suo ambiente naturale e soprattutto nel periodo autunnale, la Calluna vulgaris presta un valido ed insostituibile apporto all’apicoltura fornendo polline e nettare abbondante per la produzione del nutrientissimo Miele d’Erica, dall’inconfondibile colorazione scura in cui sono presenti fruttosio (56%) e glucosio (40%). Questo particolare "Cibo degli dei", possiede la peculiare caratteristica di avere una consistenza molto viscosa causata dalla presenza di una proteina la cui concentrazione, nei mieli puri raggiunge il 2%. Lo sanno bene i produttori i quali tempestivamente trattano i favi con speciali attrezzi dotati di aghi di acciaio che al momento in cui vengono introdotti nelle cellette ruotano e rimescolano il miele fluidificandolo a dovere per consentire l'estrazione. Molta cura va prestata per la conservazione del miele di Calluna vulgaris, per la sua alta percentuale di umidità di circa il 23Nella Liguria di Ponente sono ancora attivi molti apicoltori impegnati nella sua produzione, soprattutto nelle zone più elevate in cui la fioritura è tardiva e prolungata, anche se esiste il rischio di raccogliete miele solo in particolari annate favorevoli; infatti a settembre possono verificarsi temperature notturne già troppo basse. Poiché le Eriche e la Calluna sono ornamento naturale dei luoghi abbandonati, l’emblematica floreale ha voluto, vederle come simbolo della solitudine e della autosufficienza. Secondo l’astrologia hanno il potere di attenuare la passionalità ed addolcire il carattere ai nati sotto il segno dello scorpione ai quali si consiglia di tenerne in casa una pianta o almeno un rametto come talismano. Le Erica sono piante abitatrici dei boschi e delle macchie litoranee e montane, con la sola Erica herbacea che si spinge sino ad altitudini alpine, stazionando di preferenza nei boschi e nei pascoli con terreno calcareo. Comeford Casey ha descritto quelle delle Riviere italiana e francese nel suo libro Riviera nature notes.I loro caratteri morfologici le rivelano come piccoli arbusti con foglie relativamente piccole e strette, intere, sempre verticillate per tre o per cinque, persistenti, sessili o appena picciolate. I fiori sono disposti in grappoli semplici o composti, talvolta quasi in ombrella ed hanno il calice libero e quadripartito come la corolla.Calluna vulgaris Hull
(V- VI. Vive nei su terreno siliceo sino ai 900m). Ha fusti a rami scuri, i giovani arrossati e biancastri, gracili e con portamento eretto, alti sino a 150cm. Le foglie verticillate per 3 o 4 sono lineari e rigide, quasi sempre incurvate. I fiori, penduli, di colore giallastro o verdastro, hanno la corolla subglobosa, con calice a 4 lobi e sono portati in racemo lasso sormontato da un ciuffo di foglie. Erica arborea L.