Le fabbriche abbandonate sono corpi morti sulla cui pelle decomposta fioriscono muffe di ruggine e calcinacci. Se trovante bizzarre queste fotografie di comignoli, mattoni sbrecciati e finestre fracassate firmate David Lynch, forse non avete mai visto il primo e più kafkiano dei suoi film, Eraserhead (1977), dove il mood claustrofobico è quello di una surreale fabbrica.Le fabbriche, funzionanti o decadenti, sono un leitmotiv sottile nella filmografia di uno dei più eclettici e irregolari registri contemporanei, ma solo da poco sappiamo che lo ossessionano anche in veste di pittore, e di fotografo. Le sue Factory Photographs sono arrivate in Italia nel luogo migliore possibile: al Mast di Bologna, il Beabourg della cultura industriale fondato da Isabella Seragnoli, in una mostra che durerà fino al 31 dicembre.Lynch cominciò a fotografare le fabbriche in bianco e nero agli inizi degli Ottanta, mentre cercava nell'Inghilterra del nord, assieme al suo direttore della fotografia Freddie Francis, le location per un film che non fece mai, Ronnie Rocket. Girò invece The Elephant Man, suo primo film di grande successo, storia ambientata all'alba dell'era industriale, e pochi anni dopo Dune, saga interstellare proiettata all'altro capo della parabola tecnologica. Nel frattempo continuò a perlustrare le periferie industriali dismesse, da Berlino a Lodz, dal New Jersey a Los Angeles, in cerca di organismi artificiali un tempo creatori, possenti e rumorosi di clangori elettrici e fumi acri, ora demoliti e digeriti lentamente dalla natura.Oltre a 124 immagini in piccolo e grande formato, integrano la mostra installazioni sonore, rari cortometraggi dall'inizio della carriera di Lynch e la proiezione del film Industrial Symphony #1: The Dream of the Broken Hearted, del 1989.Per tutte le info: http://www.mast.org/
Le fabbriche morte, ossessione della vita di Linch
Creato il 30 ottobre 2014 da Artesplorando @artesplorandoLe fabbriche abbandonate sono corpi morti sulla cui pelle decomposta fioriscono muffe di ruggine e calcinacci. Se trovante bizzarre queste fotografie di comignoli, mattoni sbrecciati e finestre fracassate firmate David Lynch, forse non avete mai visto il primo e più kafkiano dei suoi film, Eraserhead (1977), dove il mood claustrofobico è quello di una surreale fabbrica.Le fabbriche, funzionanti o decadenti, sono un leitmotiv sottile nella filmografia di uno dei più eclettici e irregolari registri contemporanei, ma solo da poco sappiamo che lo ossessionano anche in veste di pittore, e di fotografo. Le sue Factory Photographs sono arrivate in Italia nel luogo migliore possibile: al Mast di Bologna, il Beabourg della cultura industriale fondato da Isabella Seragnoli, in una mostra che durerà fino al 31 dicembre.Lynch cominciò a fotografare le fabbriche in bianco e nero agli inizi degli Ottanta, mentre cercava nell'Inghilterra del nord, assieme al suo direttore della fotografia Freddie Francis, le location per un film che non fece mai, Ronnie Rocket. Girò invece The Elephant Man, suo primo film di grande successo, storia ambientata all'alba dell'era industriale, e pochi anni dopo Dune, saga interstellare proiettata all'altro capo della parabola tecnologica. Nel frattempo continuò a perlustrare le periferie industriali dismesse, da Berlino a Lodz, dal New Jersey a Los Angeles, in cerca di organismi artificiali un tempo creatori, possenti e rumorosi di clangori elettrici e fumi acri, ora demoliti e digeriti lentamente dalla natura.Oltre a 124 immagini in piccolo e grande formato, integrano la mostra installazioni sonore, rari cortometraggi dall'inizio della carriera di Lynch e la proiezione del film Industrial Symphony #1: The Dream of the Broken Hearted, del 1989.Per tutte le info: http://www.mast.org/
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