Viene un pomeriggio a casa mia, entra nella mia camera e rimane shoccata. Semplice.“t'aviti un armérì blèin blèin e ta l'è 'rviné sa tòt chi tàca so. Ma ad fàt caséin t'è. Elina: mo chi ut turà sa tòt ste caséin?” (trad. avevi un armadio così carino ed invece l'hai rovinato con tutte quelle cose attaccate. Elina – mia nonna non riesce a chiamarmi Elena – ma chi ti prende con tutta questa confusione? - fa riferimento al mito della perfetta donna di casa ed alla mia singletudine: ti amo nonna).
Inutile dirvi che, complice il momento di liberazione da esami, ho deciso di trasformarmi in una casalinga disperata. Ho deciso di scontrarmi con lui, l'inferno.Cos'è? È soltanto la mia camera.
Sostengo la teoria che il disordine esterno non sia altro che una compensazione dell'ordine interno al mio animo. Questa mia teoria e questa mia natura alquanto “libera” mi ha messo sempre in rotta di collisione con mia madre, precisa/ordinata.. tutto il contrario di me, insomma. Qualche anno fa abbiamo raggiunto un patto: lei non mi grida “sistema quel porcile” (mét a pòst chè purzéili!) ma si limita a chiudere la porta della mia stanza in segno di silenziosa protesta, ed io, quando sento la necessità di farlo, mi impegno a pulirla da cima a fondo.Quando sento la necessità di farlo.Ovvero.. quando è impossibile camminare in quei pochi metri senza:
- inciampare
- calpestare animali
- sentire crock e rendersi conto che sotto le scarpe c'era un cd (tra l'altro uno dei più belli che hai)
- avvolgersi involontariamente la caviglia nel filo della stampante e, dopo aver fatto un passo, ritrovarsela dolcemente appoggiata sulla caviglia ormai in estasi grazie al dolore lancinante.
E così ho deciso: le giornate di sabato e domenica si sarebbero trasformate in quelle dell'ordine.Ma ancora non avevo idea di cosa mi stava aspettando.
Giorno numero uno: SabatoI presupposti per un disastro c'erano.Il venerdì notte ero tornata a casa alle 4.30, dopo una lunga ed estenuante chiacchierata tra donne. La sveglia, mio malgrado, aveva fatto aprire i miei dolci occhi alle otto e trenta. Il telefono mi aveva costretto ad alzarmi alle 8.35. l'impiegata della posta doveva avvisarmi che “c'è un pacco in giacenza per lei, signorina”
Le avrei detto molto volentieri che del pacco alle 8.30 del sabato mattina dopo che avevo dormito meno di quattro ore non poteva fregarmene di meno ma, spinta dal senso di colpa verso chi, dopotutto, sta soltanto facendo il suo lavoro, mi sono vestita e sono andata alla posta.L'inizio della catastrofe: non appena ho varcato la soglia di casa gli impegni mi hanno tenuto sotto assedio.E così, con un'occhio chiuso ed uno aperto ho vagato per mezza Romagna, riducendomi a casa alle 12,40, giusto in tempo per il pranzo.
Al grido di “dormirò da morta” e dopo essermi imbottita di caffè, ho dato l'assalto alla mia camera, svuotandola completamente e riempiendo il corridoio e la camera di mia madre con tutte le mie cose (per la sua gioia).
Ore 14.00 – mi appresto a pulire la scrivania numero uno, residenza del “Vaso di Pandora”, il cassetto che non si deve aprire, e che infatti apro meno di una volta all'anno.Nel turbinio di oggetti inutili che sbuca fuori da quel cassetto stracolmo (mi chiedo per quale arcana ragione non sia ancora imploso) trovo una piccola scatola dipinta con pallidi motivi floreali.Sopra la scritta “denti”.Scoppio a ridere.Quando ero piccola non credevo alla fatina dei dentini.Insomma: non me ne poteva importare di meno che fosse magica o che fosse mia mamma o mio babbo.Ciò che mi importava era che mi portasse il “soldino”.Così, ogni volta che perdevo un dentino lo mettevo da parte, nascondendolo nella scatola.Perché? Ero convinta che presentando alla fatina/mamma non un dente, ma tutti quelli che avevo in bocca, non avrei avuto solo un soldino, ma ne avrei avuti una valanga.Insomma: per me non faceva una piega.In realtà tutti i denti sono ancora nella mia scrivania.
Ore 15.00 – salta fuori un foglietto che non ricordavo più di avere. Uno scherzo che R mi fece durante il nostro soggiorno in America. Sorrido.
Ore 16.00 – una pila alta almeno un metro e mezzo di libri mi cade addosso colpendomi alla testa.Male cane.Mi lamento per almeno mezz'ora.Ora ho un bel bernoccolo.Fa male.
Ore 17.00 – ho sempre la bocca spalancata a furia di sbadigliare.Trovo dei negativi.L'ultima vacanza fatta con il mio ex ragazzo, il primo.Non sto male.Lo vedo mentre mi bacia sulla guancia.Io sorridevo.Ero felice.“Dio quanto ti ho voluto bene” penso.Non sono triste.
Ore 18.00 – avverto i miei amici che sono troppo vecchia e stanca per uscire.Voglio soltanto dormire.Scopro di avere alcuni ingressi omaggio per la discoteca in cui dovevo andare.Impreco contro il destino a me avverso: l'unica volta in cui non devo regalare 15 euro ad un discotecaro qualsiasi sono troppo vecchia per uscire.Mi chiama un'altra amica.
- Weei... stasera ci sei per andare..? -la interrompo – sono vecchia e stanca. Ho bisogno di dormire -
lei – buona serata allora – (fortuna ha evitato il “divertiti”).
ore 21.00 riprendo a lavorare dopo aver cenato.Recuperare il materasso che se ne stava bello e tranquillo nel corridoio per poi scoprire che in realtà era disturbato da strane presenze, non ha prezzo ( Luna si è divertita ad arrampicarcisi sopra. Non appena mi avvicino la noto: mi sta guardando come a dirmi “guardo quanto sono cool: sono su un materasso”. Scoppio a ridere).
ore 22.30 – gli occhi si chiudono ma almeno tutti i libri sono al sicuro nella mia camera, impilati uno sopra l'altro (ho finito lo spazio nella libreria e non so più dove metterli!).Vorrei dare uno sguardo a “Posta Prioritaria” giusto per non fare le dieci e mezza di sera al sabato ma crollo come un “pesce morto” sul mio letto.Dormo.
Finalmente.
Domenica.
07.30: spalanco gli occhi ed impreco nuovamente. Una volta che ho la scusa di dormire non lo faccio. “Volpe” mi dico, sorseggiando il caffé della mia moka.
Alle 11.30 avevo appena finito di lucidare il mio lampadario, ultima parte sporca del mio piccolo angolo di Paradiso. Sono esausta.
Mi siedo davanti alla mia scrivania, guardo il computer e mi dico.
“Tutto quello di cui ho bisogno ora è scrivere”.
E così inizio: “Nasce tutto dalla nonna. Viene un pomeriggio a casa mia, entra nella mia camera e rimane shoccata....”.
Buona giornata e buona fortuna a tutti!